Il silenzio ne La Realidad continua incauto, mentre colui che prima era Marcos riprende e afferma le parole del Subcomandante Moisés nel corso dell’omaggio, riguardo l’intenzione del governo di assassinare uno zapatista qualsiasi, intenzione che è di quelli che stanno in alto, l’assassinare l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, che cerca la morte della terra e di chi la abita e lavora.
Il discorso sta per volgere al termine, e come dice Marcos, il rompicapo anche se per le orecchie continua a essere incredibile, è comprensibile. La morte con questa manovra è ingannata, si è portata il corpo di Galeano, ma non il nome, però affinché il nome e lo spirito di quest’uomo possano continuare a vivere, è necessario che il nome del portavoce smetta di esistere. Ma non per questo moriranno alcuni perni base dello zapatismo come il non vendersi, non arrendersi, non mollare; al contrario: gli uomini e le donne zapatisti continueranno a crescere nelle radici di questi valori che hanno formato in collettività.
Le luci si spengono, Marcos non c’è più. Il Subcomandante Moisés è rimasto seduto solo. All’improvviso si ascolta:
“Buona alba, compañeras y compañeros. Il mio nome è Galeano, Subcomandante Insurgente Galeano. Qualcun altro si chiama Galeano?”
Quelli de La Sexta gridano: “Tutti siamo Galeano!”

situazione repressiva che si sta vivendo a Città del Messico, in particolar modo dal primo dicembre 2012 quando torna al potere il PRI. Quello stesso giorno, una manifestazione di rifiuto verso il nuovo presidente Enrique Peña Nieto, viene fortemente repressa lasciando il saldo di





