Genova - "Dentro la crisi..."

Riceviamo e diffondiamo questo testo distribuito durante il corteo del 27/10/2012 a Genova:

Dentro la crisi...

Da ormai quattro anni siamo sempre più bombardati di parole, informazioni e supposte analisi sulla "crisi". Ci parlano di debito, di bond, di spread, di rating, di austerity...questioni e concetti apparentemente astratti che restano lontani dal vissuto quotidiano, così distanti da una comprensione reale e quindi passivamente subiti. Ma questioni che in realtà hanno degli effetti concreti, materiali, e ben visibili. Perché il peggioramento delle condizioni di vita generali è un fatto, ed è altrettanto visibile.

Siamo poco inclini a pensare che ci siano padroni troppo avidi o governanti corrotti, che la società non funzioni come invece dovrebbe. Pensiamo piuttosto che i padroni abbiano periodicamente la necessità di rimodulare le condizioni di sfruttamento, e pure quelle di alienazione, dei proletari; che la politica istituzionale serva ormai solo ad amministrare e ratificare ciò che è necessario perché tutto rimanga al suo posto.
La democrazia partecipativa è solo un'illusione della Politica per rinnovarsi di fronte al discredito generalizzato, niente di più: infatti, per essere spicci, Doria a pochi mesi dall'elezione annuncia sfratti, operazioni anti-degrado, approva il Terzo Valico e diventa possibilista sulla Gronda, si rivela inerte rispetto alle ondate di licenziamenti e privatizzazioni e in balia dei contrasti di potere locali.

Qualunque siano le ragioni della crisi, qualunque linguaggio usino per mascherare la realtà rimangono alcune verità banali: pochi, sempre più pochi, detengono il potere, ovvero decidono le regole e le leggi cui tutti dobbiamo sottostare; pochissimi, e gli stessi di sempre, mantengono profitti e privilegi espropriando tutti quanti delle risorse esistenti e della ricchezza sociale che gli sfruttati (e non altri) producono.
Quello che oggi accade è banalmente, da un lato il tentativo di sfruttare sempre di più e meglio, dall'altro il dotarsi degli strumenti e delle leggi atte a garantire l'esclusione, il privilegio e a contenerne le reazioni.

Il riformismo ha sempre meno argomenti ed è costretto a fare i conti con il suo fallimento di fronte ad una realtà sempre più spietata, fatta di miseria, depressione e disperazione. Realtà che forse inizia ad essere percepita per quella che è: una guerra ai proletari.
Occorre elencare la lista dei tagli sociali, del numero di cassintegrati, della percentuale di disoccupati, il carovita e le tasse, o le condizioni di detenzione, quelle di lavoro, i progetti urbanistici, di controllo o di devastazione che stravolgono le nostre esistenze? Non è evidente la violenza, quella più materiale e quella più viscida, che subiamo e vediamo tutti i giorni: dai manganelli a Equitalia, dagli sfratti alle slot machines, dagli affitti da rapina ai "Compro Oro"?
Saremo un po' "choosy", un po' schizzinosi, ma noi la chiamiamo guerra, consapevoli che all'interno di questa guerra ve n'é una ancora più sporca, che vorrebbero farci combattere tra noi, tra poveri, sempre nel tentativo di non farci riconoscere il nemico comune.

Se il capitalismo è un rapporto sociale, le sue crisi sono i momenti in cui i rapporti sociali che ne stanno alla base vengono ridefiniti, affinati, il momento in cui si vanno ad erodere tutte quelle conquiste ottenute, con le lotte passate, il momento in cui la nostra forza sociale - o ciò che ne rimane - viene ulteriormente attaccata, aggredita, indebolita.
In questo senso però la crisi può essere anche il momento in cui questo rapporto sociale é messo in discussione, stravolto, rovesciato. Le crepe si aprono, e si possono ramificare.
Resistere ad uno sfratto, occupare una scuola, riprendersi le case, organizzare l'autodifesa, nei quartieri, nelle strade, sul lavoro, opporsi alla speculazione e alle Grandi Opere, in poche parole: tenersi ciò che é utile e riprendersi ciò che serve e soprattutto fare in modo che questi momenti di lotta si parlino, significa ricostruire una possibilità.
Unire le lotte non é solo mostrare i collegamenti e le radici uniche dei nostri problemi - il capitalismo e lo Stato -, ma anche mettere in comune le esperienze e le idee che dalle lotte nascono. L'autorganizzazione, così come i momenti di rottura, si affermano al di là dell'episodio solo nella misura in cui si condividono, si estendono, si generalizzano, diventano patrimonio di tutti e da tutti riproducibili, fuori da specialismi e ideologie.
Scendiamo in strada contro gli sfratti, contro gli sgomberi degli spazi occupati, contro gli espropri per il Terzo Valico, per prendere posizione, perché é urgente reagire, praticare la solidarietà; perché solamente insieme possiamo costruire quella forza sociale in grado di opporsi ai piani dei potenti, in grado di trasformare le nostre vite.

...per il conflitto sociale 


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Mer, 31/10/2012 – 13:24
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