Palermo - Morte in carcere | aggiornato

fonte: repubblica

In carcere era finito cinque mesi fa per avere rubato in spiaggia due teli da mare. Lo aveva fatto per comprarsi una dose di droga. Perché Roberto Pellicano era un tossicodipendente e da 12 anni era sieropositivo. Ieri mattina è morto per infarto nella sua cella del carcere Ucciardone a 39 anni. Per due volte il suo avvocato aveva presentato richiesta di scarcerazione per «gravi motivi di salute». Il giudice aveva rigettato la prima istanza dopo due mesi e aveva rimandato al magistrato di sorveglianza la decisione sulla seconda perché non aveva ricevuto, dopo altri 2 mesi, le risultanze di un ulteriore accertamento medico. Nel frattempo, però, la condanna era diventata definitiva e il fascicolo aveva cambiato scrivania.

La Procura ha adesso aperto un´inchiesta sulla morte di Pellicano e il pm Francesco Del Bene ha disposto l´autopsia per domani. La famiglia del carcerato, assistita dall´avvocato Tommy De Lisi, intanto, ha presentato una denuncia ipotizzando l´omicidio colposo. Il caso è destinato a rinfocolare le polemiche apertesi sul caso di Stefano Cucchi e sul trattamento carcerario.

«Roberto piangeva - racconta il padre del detenuto, Antonino Pellicano - Aveva la febbre e a mia moglie, venerdì, aveva detto: Mamma fatemi uscire, vi prego. Lo Stato ha chiesto a mio figlio di pagare per quel furto, adesso noi chiediamo giustizia per la sua morte assurda. Nessuno ha avuto pietà per lui. Non volevamo certo che lo liberassero, ma che almeno potesse scontare la sua pena a casa dove avrebbe ricevuto cure più adeguate».

Il 2 luglio scorso, Pellicano è stato arrestato sulla spiaggia di Capaci, a 20 chilometri da Palermo, dopo avere rubato i due teli da mare e una borsa con alcune creme da sole. Il processo per direttissima, il 13 luglio, si è chiuso con il patteggiamento della condanna a 8 mesi. «Lo stesso giorno ho presentato la richiesta di sostituzione con gli arresti domiciliari», spiega l´avvocato De Lisi. Dieci giorni dopo, il responso del perito incaricato dal giudice indica la possibilità del trasferimento in ospedale. Due mesi più tardi, il 9 settembre, la direzione carceraria comunica che Pellicano «rinuncia a sottoporsi ad accertamenti clinici». Il 10, il magistrato rigetta così la richiesta dell´avvocato.

«La madre del mio cliente è arrivata piangendo e dicendomi che il figlio stava malissimo - racconta De Lisi - Ho presentato un´ulteriore istanza il 16 settembre ribadendo che il detenuto era affetto dal virus Hiv». Il giudice risponde nominando un altro perito per ulteriori accertamenti. E due mesi dopo, il 13 novembre, l´avvocato riceve la comunicazione dal magistrato che i risultati della perizia tardano ad arrivare «nonostante ripetuti solleciti». Intanto, la sentenza diventa definitiva e il caso passa al magistrato di sorveglianza. «Dal 13 novembre ad oggi - dichiara De Lisi - non ho avuto più altre notizie».

«Sin da ragazzino - racconta ancora il padre di Pellicano - Roberto ha iniziato a bucarsi. Ma era un bonaccione, rubava per quella maledetta droga. Un mese fa avevo prenotato un giorno di ferie per potere andare a colloquio. Lo avrei incontrato domani (oggi, ndr) e invece adesso mi ritrovo qui a piangere sulla sua bara».

Dom, 06/12/2009 – 09:54
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