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La privatizzazione non è la soluzione, ma il problema!

Sabato 22 febbraio 2014 - circolo arci Zerbini, via Bixio 88
Assemblea pubblica

Introduzione a cura del collettivo Insurgent City

interventi:
-privatizzazioni e speculazione da Ubaldi a Pizzarotti a cura di un compagno di Parma
-la lotta contro i distacchi Iren a cura della Rete Diritti in Casa
-privatizzazioni e parteicpate a Genova a cura dell'Ass. Contro Corrente (Genova)
-la lotta dei lavoratori AMT a cura di un lavoratore AMT di Genova

***

La nostra città, così come molte altre realtà urbane del paese, ha subito e continua a subire le conseguenze di un lungo processo di privatizzazioni e liberalizzazioni. La propaganda politica, da destra a sinistra, fa apparire la privatizzazione come l’unico strumento a disposizione per garantire una maggiore stabilità o l'adempimento delle richieste provenienti dall'Europa.
Che servano a fare cassa o a limitare i costi del lavoro o di gestione, le privatizzazioni in realtà hanno portato ad un peggioramento delle condizioni dei lavoratori, già schiacciati dalla crisi economica e occupazionale, che vedono diventare un lusso ciò che fino a poco tempo prima era un servizio garantito. In questo modo, l’ente pubblico ha rinunciato alla sua funzione di erogatore di servizi per diventare il gestore di un “quasi mercato” che risponde solo a logiche di profitto e di riduzione dei fondi pubblici. In più, il controllo popolare sui servizi essenziali è stato completamente azzerato.

Dal punto di vista lavorativo, i colossi che gestiscono le privatizzazioni, si chiamino essi Iren o Pro.Ges, tramite il sistema delle partecipate, hanno portato solamente ad un aumento dei costi delle utenze e ad un abbassamento dei salari per chi ci lavora dentro. Nonostante la retorica da “grande famiglia” e la facciata “casalinga” che utilizzano le partecipate per ammorbidire i lavoratori, esse sono multinazionali; il loro obbiettivo non ha nulla di “sociale”, ma significa soldi per loro e sfruttamento per noi. Chi paga i costi sociali di tutti questi processi è un solo unico soggetto, sia esso utente o lavoratore.
Contro la riduzione dei diritti essenziali e dei salari va opposto un livello di conoscenza reciproca, un insieme di azioni e rapporti per tentare di invertire la direzione. In modo che a pagare il peso sociale di questo progetto di depredazione delle vite e dei territori siano finalmente i veri responsabili.
Divisi dai mille contratti diversi conteremo sempre meno e saremo sempre più ricattabili. Occorre quindi tentare di unirsi perché chi tiene in mano i fili delle nostre vite, gestendo a proprio piacimento diritti essenziali e contratti da fame, specula sulla nostra frammentazione. Per fare questo, sarebbe già un primo passo utile abbandonare l’individualismo, condividere le proprie esperienze, iniziare a ri-conoscersi come lavoratori. Dobbiamo pretendere che casa, acqua, energia ed educazione ritornino ad essere pubblici, garantiti e sottoposti a controllo popolare.

Collettivo Insurgent City

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