Mettiamo a confronto due immagini. Una rappresenta quello che ci hanno raccontato le prime immagini di Rosarno. La rivolta degli immigrati, neri esasperati e pericolosi. L’altra quello che ci è venuto in mente per associazione. Sicuramente retrò ed antico, di un sapore che difficilmente riconosciamo immediatamente, ma eccezionalmente sovrapponibile. Se dovessimo fare un’analisi dell’opera ritroveremo le stesse linee di fuga, lo stesso pathos, la stessa propensione al movimento.
Ma oltre a questo la cosa drammatica è la similitudine sociale e politica, dove braccianti sfruttati e senza diritti si ribellano e si uniscono, si ritrovano sulla necessità di abbandonare i campi e prendere la strada, con determinazione e un’irrimandabile esigenza di dignità. Stessi braccianti del sud Italia che paradossalmente si ritrovano nella necessità di migrare, di muoversi e trovare una possibilità da qualche altra parte.
E qui, probabilmente, sta la differenza. La stessa foto scattata prima e dopo che scatena reazioni differenti, nel primo caso l’orgoglio, nel secondo la paura.
E a Rosarno, dunque, c’è un elemento in più. C’è il razzismo e la paura rispetto allo straniero e al diverso; c’è il disprezzo per lo “schiavo” che manda avanti la baracca e che, in epoca di crisi, diventa scomodo e costoso e che certo non può ribellarsi; c’è la lunga mano dei ricchi rappresentati dall’Ndragheta che si fanno improvvisamente popolo che muove una guerra tra poveri. Improvvisamente esce fuori quella piccola Italia che era un impero piccolo, degno della fantasia di Guzzanti, ma che era capacissimo di disprezzo e violenza.
La foto che viene scattata è di una rimozione collettiva della memoria e la narrazione di una quotidianità che ha nuove paure, nuovi individualismi e nuovi sfruttamenti.
Ma quello che non tiene presente questa Italia è la realtà, la presenza di nuove generazioni, le dinamiche ventennali che già esistono nel resto d’Europa, la necessità delle presenze migranti. La storia di un territorio da sempre meticcio ed interculturale. Per questo auspichiamo nel prossimo futuro di poter guardare altre narrazioni iconografiche…
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