Stefano, ucciso dalla violenza della polizia in un giorno di ottobre
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Stefano aveva trent´ anni, lavorava in uno studio come geometra con il padre e la sorella, viveva con i suoi. La notte tra il 15 e il 16 ottobre viene fermato dagli uomini del commissariato di Torpignattara per detenzione di un piccolo quantitativo di droghe, perquisiscono la casa dei genitori ma non trovano niente. Stefano era solo un po´ spaventato, forse, ma stava bene.
La mattina dopo al processo per direttissima Stefano aveva il viso livido, gli occhi gonfi. Viene comunicato alla famiglia lo spostamento da Regina Caeli al settore carcerario dell´Ospedale Pertini. Stefano ha due vertebre rotte. I parenti non possono vederlo e le infermiere raccontano ai familiari che si rifiuta di mangiare, non si alza mai dal letto, resta sempre nascosto sotto al lenzuolo. Quando, finalmente, il Pm accorda alla famiglia il permesso di fargli visita è troppo tardi. Stefano è morto la notte tra il 21 e il 22 ottobre per insufficienza cardio-respiratoria, dicono. Ma dal vetro dell´obitorio la sorella può vedere il suo viso: sfigurato dalle botte, un occhio pesto, l´altro fuori dalle orbite, le ossa della mascella spostate. Non mangiava, dicevano le infermiere.
Questa la triste cronaca che si può ricostruire dai pochi articoli di giornale, dalle parole accorate dei suoi cari. Non è passata neanche una settimana da quando Stefano era libero di vivere la sua vita e ora quella vita gli è stata strappata via senza un perché, dalla violenza cieca delle forze dell´ordine. E la famiglia vuole verità e giustizia, come verità e giustizia hanno chiesto le famiglie, le madri di Aldo Bianzino, di Marcello Lonzi, di Federico Aldrovandi, e di molti altri, spesso invisibili come molti migranti, uccisi nelle strade, nelle carceri, nei CIE per mano della polizia.
Non si può fare finta di niente, girarsi dall´altra parte, continuare come se nulla fosse successo.
La storia delle forze dell´ordine in questo paese è macchiata di sangue e l´impunità di cui godono le guardie è confermata ogni giorno nei continui abusi di potere, nei rastrellamenti infami, negli sgomberi violenti, nelle perquisizioni, nelle cariche, nei fermi e nelle morti che continuiamo a contare. E la situazione può solo peggiorare, quando un governo decide di gestire la crisi economica e sociale in modo autoritario, quando un dispositivo come il Pacchetto Sicurezza limita ancora di più le libertà di tutt* noi, quando i decreti locali decidono se, come e quanto puoi vivere la tua città, quando la polizia e l´esercito pattugliano le nostre strade come se fosse guerra aperta…
Una guerra contro tutti noi, di cui continuiamo a contare i caduti.
Per questo noi siamo qui, per testimoniare la nostra solidarietà alla famiglia di Stefano, per raccontare la sua storia, per denunciare cosa succede in questa città vetrina.
E continueremo ad essere al loro fianco finchè non verranno rese pubbliche le responsabilità di chi ha strappato per sempre la vita di Stefano.
Busseremo alle porte di tutti i colpevoli. Ancora più forte.
Non un minuto di silenzio in più sulla storia di Stefano.
Roma in movimento
Link alle foto diffuse dalla famiglia di Stefano. Non ve le consigliamo