A 20 anni dalla caduta del muro, a poco meno dall’anniversario dalla disgregazione dell’impero sovietico, sentirsi di sinistra per i giovani di Mosca, San Pietroburgo come anche della lontana Irkutsk è uno vero e proprio stile di vita, un’appartenenza controculturale mescolata con le mille identità metropolitane in cui si riconoscono i giovani di buona parte del mondo: punk o skinhead, soprattutto.
Ben poco della dottrina semplificata all’osso e inculcata fin da piccoli, della retorica nazionalista stalinista: l’antifascismo moscovita cresce nelle relazioni sociali, nel meticciato quotidiano della Russia che, multiculturale per costituzione, per decenni ha attirato persone di mille paesi e che qui hanno lasciato figli.
L’unità di movimento si pratica intorno al pacifismo, alla ricostruzione di solidarietà sociale dopo decenni di crisi, alle lotte ecologiste in un territorio devastato, all’autodifesa attiva dai neonazisti [Ascolta Maldestra, trasmissione di Radio Ondarossa]
Questa piccola opposizione sociale giovanile, vive infatti da anni in una sorta di stato d’assedio: Il modello Putin, che ha rimesso la Russia sulla carreggiata dell’economia globale, si riproduce sullo stato di guerra permanente, sulla strategia della tensione, sul rigido controllo dell’opinione pubblica e sull’alleanza politica e culturale con la chiesa ortodossa. Si delinea un paese slavocentrico, aggressivo verso i “chorni”, i “negri” (in senso ampio tutti quelli che non sono slavi: centro asiatici, africani, orientali), con centinaia di migliaia di persone attive in organizzazioni tradizionaliste ortodosse, nazionaliste, neonaziste.
Negli ultimi due anni le aggressioni sono decine, solo nel 2008 il numero dei morti era arrivato a 80, nel 2009, tra queste, l’assassinio a colpi di pistola di Ivan Khoutorskoy [http://www.antifa.ru/3550.html] e il duplice omicidio dell’avvocato Stanislaw Merkelov e della giornalista Anastasia Boburova, attivisti antifascisti, assassinati presumibilemnte per conto del governo da neonazisti: Merkelov era l’avvocato di famiglie
coinvolte in processi contro i militari russi in Cecenia, la Boburova scriveva per Novaja Gazeta, lo stesso giornale indipendente di Anna Politkoskaja.
Nell’anniversario del loro omicidio a Mosca è stato costituito un comitato che ha lanciato un appello internazionale alla mobilitazione.