Forlì - Un uomo è morto nel carcere, nel silenzio

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Un uomo è morto nel carcere di Forlì

Quello che vi stiamo per raccontare non può ancora trovare conferme indipendenti, per quanto ne sappiamo nessun organo di informazione ne ha parlato, nessun apparato preposto al controllo e alla repressione ha emesso un comunicato.
Noi ne siamo venuti a conoscenza per caso, per una pura coincidenza, perché la morte d'un essere umano può essere declassata a chiacchiera da bar, tra un commento sulla prima giornata di campionato e un apprezzamento sul fondoschiena d'una ragazza; è bastato avvicinarsi con noncuranza, sorseggiando una birra e fingendo di leggere un quotidiano per ascoltare un racconto terribile, accurato e indiscutibilmente credibile, denso di particolari.
Un uomo è morto nel carcere di Forlì.
Si chiamava Franco ed era un tossicodipendente; dopo essere stato arrestato per un reato di cui non conosciamo la natura e di cui in realtà non ci importa nulla, è stato condotto nel carcere di Forlì.
Qui ha trascorso 4 o 5 giorni, da solo, in cella, lamentandosi per dei forti dolori e chiedendo insistentemente di essere visitato da un medico.
Nessuno ha accolto le sue richieste; le guardie hanno continuato a portargli in cella il cibo senza preoccuparsi se questo veniva consumato o meno, ignorando le suppliche hanno continuato a svolgere il loro sporco lavoro senza un indugio, senza un tentennamento.
Il 23 o il 24 Agosto Franco è stato trovato morto nella sua cella.
Completamente nudo.
I vassoi con il cibo ammucchiati in un angolo.
Il corpo e le pareti della cella lordi delle sue feci.
Perché sia morto non lo sappiamo, ma che sia stato massacrato di botte come Marcello Lonzi, che sia morto per un malore o per suicidio per Franco oramai importa poco, quello che a noi importa è di sapere che il carcere ha fatto un'altra vittima.
Anche per chi, come noi, non nutre alcuna fiducia verso le istituzioni e gli organi di informazione il silenzio che pesa su questa morte è assordante.
Amplifica la rabbia.
Non sappiamo ancora cosa faremo, ma non rimarremo in silenzio.
Per molti Giumuragiubox potrà non sembrare una pratica radicalmente anticarceraria, forse non appare tale nemmeno a noi che la facciamo.
Pur con tutti i nostri limiti, una cosa non abbiamo mai fatto: tacere.
Soprattutto in questa occasione, soprattutto oggi.

* * * * *

Una rettifica e alcune considerazioni

Dobbiamo fare una rettifica e alcune (amare) riflessioni.
Non è vero che nessun organo di informazione ha parlato della morte di Franco; lo ha fatto *almeno* un organo di informazione forlivese, un giornalaccio famigerato per le sue posizioni destrorse, sguaiatamente razziste e forcaiole.
E lo ha fatto perché imbeccato da una lettera di denuncia scritta e firmata dagli stessi vicini di cella di Franco.
Le parole raccolte ieri sera erano probabilmente il risultato della lettura dell'articolo che potete scaricare da qui.
Se non ci rimproveriamo di non essere assidui lettori del fogliaccio in questione e quindi di non essere venuti a conoscenza immediatamente della morte di Franco Paglioni, non possiamo non prendere atto del fatto che dopo tre anni di presenza sotto il carcere non siamo diventati nemmeno cassa di risonanza per quanto di orribile accade in quel luogo osceno.
Forse è giunto il momento di tirare un po' le fila di quanto fatto fino ad ora e riflettere su quanto stiamo facendo, sul come e sul perché.
Null'altro cambia rispetto a quanto scritto stanotte.
La stessa rabbia.
Lo stesso disprezzo per chi tiene in tasca le chiavi di una cella.
Per chi veste una divisa.
Lo stesso assordante silenzio sulla morte d'un uomo.
In anticipo rispetto alla data prevista, saremo di nuovo sotto le mura del carcere, per non tacere.
Nonostante tutto.

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Ven, 05/09/2008 – 09:35
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