Bologna - La crisi dei potenti si paga come in Grecia | occupazione della torre

Ieri, giovedì 11 dicembre, è stata occupata la Torre degli Asinelli per solidarizzare con le rivolte in Grecia scatenate dopo l’uccisione di Alexandros Grigoropoulos colpito al cuore da un colpo sparato da un poliziotto.
Alle 17, dopo la chiusura al pubblico della torre, due anarchici sono entrati facendo uscire il custode e sprangando la porta d’entrata. Diversi solidali si sono riuniti sotto con megafono, striscioni e volantini (il testo è riportato sotto) per informare i passanti di quello che stava accadendo. Un lungo striscione è stato fatto scendere dalla torre ma il vento l’ha arrotolato. Gli occupanti sono stati riforniti attraverso un tubo trovato sul posto di fumogeni, viveri e altri striscioni che portavano le scritte “L’odio non ha frontiere- sbirri assassini” e “La crisi si paga come in Grecia” esposti quindi sulla terrazza della torre. Con la polizia schierata in tenuta antisommossa sono poi arrivati i vigili del fuoco per tentare di entrare con lo scalone mentre sotto si ricordava che in Valsusa i loro colleghi avevano saputo da che parte schierarsi quando si erano rifiutati di intervenire durante la resistenza NoTav del “Seghino”. I tentativi di trattare per l’uscita con gli occupanti sono falliti e lo scalone è stato fatto rientrare. Per più di quattro ore sono continuati gli interventi al megafono sia da sotto che da sopra la torre e molti passanti si sono fermati interessati. La polizia ha tentato di sfondare la porta ma hanno dovuto arrendersi perché, essendo tutelata dai beni culturali, non potevano abbatterla senza danneggiarla.
C’è stato qualche momento di tensione dovuto al solito atteggiamento rognoso degli sbirri. Dalla torre è stato versata sulle teste degli sbirri, schierati sotto per impedire ulteriori rifornimenti, una tanica di olio anche questa trovata sul posto.
L’impossibilità per la polizia di entrare sia dalla terrazza che dalla porta li ha costretti, verso le 21.30, a battere in ritirata lasciando tranquillamente che i due occupanti decidessero quando scendere e andarsene. Una volta scesi i due occupanti, accolti con molti applausi, è partito un corteo verso l’università.

Volantino distributo durante l'occupazione

LA CRISI DEI POTENTI SI PAGA COME IN GRECIA

Una cosa è a questo punto certa: l’epoca che viviamo non marcirà in pace, non marcirà senza che qualcuno si opponga alla sua catastrofica inerzia, alla sua squallida mediocrità.
Per anni, in ogni quartiere, abbiamo visto le nostre condizioni di sopravvivenza precipitare in un abisso senza fondo, in ogni loro aspetto. Abbiamo visto lo Stato battere in ritirata su tutti i fronti sui quali si fondava la sua presunta necessità: sanità, scuola, pensioni, e via discorrendo. Lo abbiamo anche visto scendere in guerra in campo internazionale, in Iraq e Afghanistan, e qualcuno ha creduto alla favola della missione di pace o della guerra umanitaria, o più semplicemente che da tali imprese di espansionismo economico ci sarebbe stato qualcosa da guadagnare.
La situazione di oggi ci presenta la più secca smentita di ogni illusione di benessere per tutti. Per questo un sistema che non ha più nulla da offrire non può che usare la forza dei manganelli per mantenere assoggettati, per scongiurare la possibilità che gli sfruttati, gli esclusi dai privilegi, si uniscano e individuino le responsabilità reali della loro disperazione.
Perché i responsabili esistono (e non sono certo gli immigrati o qualche altro capro espiatorio di turno) e le loro nefandezze vanno fatte pagare fino in fondo, come sta accadendo in Grecia.

La società capitalistica aveva promesso la sopravvivenza dei corpi in cambio della sottomissione delle anime. Ed ecco che scompare, con il genocidio dei lavoratori che muoiono ogni giorno sul posto di lavoro, con il cibo avvelenato che ci fanno ingoiare, con tutte le nocività che ci uccidono lentamente ogni giorno, l’ultima contropartita per la quale avevamo rinunciato alla nostra umanità.
In Grecia, in seguito all’uccisione di Alexis, quella che è scoppiata non è solo uno sfogo di rabbia, è una rivolta degna che pone all’ordine del giorno, e con i toni adeguati, la reale insopportabilità di questo sistema fondato sulla merce e sul profitto. Essi hanno dimostrato in questi giorni che la rivolta è praticabile e che la pratica distruttiva è necessaria. Lasciamo pure ai pennivendoli di regime, registrare che “tutto si riduce a pochi estremisti”…
A noi, ora, il compito di non lasciare soli i rivoltosi e di rilanciare, qui e subito, tutta l’inimicizia che è in nostro potere, riappropriandoci dei mezzi adeguati per contrastare la violenza degli Stati. Essi, attraverso il loro servidorame, non si fanno alcuno scrupolo a gettare la maschera della ricerca del consenso e a prendere il volto di macchine da guerra.

Anarchici

Ven, 12/12/2008 – 14:50
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