il babau è un mostro bianco per chi di vivere è ormai stanco il babau è un mostro nero finisci dritto al cimitero il babau è tutto rosso corri corri a più non posso il babau è tutto giallo tocca pure al maresciallo il babau è anche blu occhio il prossimo sei tu il babau è di tutti i color se lo incontri sicuro muori
 

Processo di Ponticelli: primo grado

Pubblicato il 20.01.2009 in cronache, home page || Nessun Commento

13 gennaio 2009

Comunicato Stampa di Soccorso Legale Napoli

Ieri si è chiuso il primo grado del processo a carico di A.V., la quindicenne rom accusata di aver tentato di “rubare” una neonata a Ponticelli (Napoli) lo scorso maggio, avvenimento che ha scatenato il pogrom contro il campo rom. L’accusa è stata formulata dalla madre della neonata, unica testimone dell’avvenimento, che ha fornito una versione dei fatti oggettivamente poco verosimile. Secondo il racconto della madre, infatti, A. V. sarebbe riuscita ad introdursi nella sua abitazione e, approfittando che la donna si era recata in camera da letto per riporre dei vestiti lasciando la figlia neonata da sola nella stanza accanto, sarebbe riuscita a “prendere” la neonata, slacciandola dal suo seggiolone, e ad uscire dall’appartamento, il tutto in pochissimi secondi, senza produrre il minimo rumore e senza provocare il pianto della bambina. Sempre secondo le dichiarazioni della accusatrice, quest’ultima, che fino a quel momento non si era accorta assolutamente di nulla, solo per diretta volontà divina apriva la porta di casa e vedeva finalmente la quindicenne rom sul pianerottolo in procinto di allontanarsi con la neonata in braccio; riusciva, dunque, a strappare la figlia dalle braccia della rapitrice, a bloccarla e a farla arrestare, coinvolgendo una folla che si è subito scagliata violentemente contro la piccola rom.Nonostante la scarsa plausibilità del racconto, nonostante il fatto che la accusatrice annoveri un precedente di polizia per falsità ideologica, il Tribunale per i Minorenni di Napoli, preseduto dalla dott. Cirillo, ha accolto in pieno le tesi della P.M. dott. Rossetti, che ha fondato la colpevolezza sul presupposto che la madre della neonata non avrebbe avuto alcuna ragione o interesse ad accusare la minore rom se il fatto non fosse realmente accaduto. Questo assunto è stato il punto centrale e incrollabile dell’intero processo, nonostante un recente studio dell’Università di Verona “La zingara rapitrice”, ampiamente citato dalla difesa, abbia illustrato come in Italia negli ultimi 20 anni ci siano state 40 accuse di rapimento da parte di madri italiane contro donne rom, e tutte si sono rivelate infondate. Di queste accuse, solo 7 hanno dato luogo ad un procedimento penale e mai c’è stata una condanna per sequestro di persona. Lo studio illustra ampiamente che tutte le false accuse rientrano in uno schema preciso, un paradigma secondo il quale, in base al consolidato stereotipo per cui ‘i rom rubano i bambini’, l’accusatrice è sempre anche l’unica testimone, è una giovane madre di un primo figlio di pochi mesi ed è la madre coraggio che riesce a sventare il sequestro del proprio bambino.

L’Avv. Cristian Valle, difensore della piccola rom, ha messo in evidenza le contraddizioni dell’implausibile racconto, l’oggettiva improbabilità che una quindicenne possa concepire e cercare di realizzare assolutamente da sola un tale disegno criminale, senza alcuna organizzazione alle spalle, senza un minimo di logistica e senza alcun mezzo per allontanarsi dall’abitazione.

Nonostante l’accusa vacillasse su tanti punti, il Tribunale ha condannato la quindicenne A. V. per sequestro di persona con l’aggravante della minorata difesa, per il fatto che la madre si trovasse in un’altra stanza. Il Tribunale non ha derubricato il reato in sottrazione di minore, non ha voluto concedere la messa alla prova perché mancava la confessione – A.V., infatti, si è sempre dichiarata innocente – e non ha concesso nessun beneficio di legge sulla base della circostanza che la minore risulta a sua volta abbandonata (e quindi mancherebbero punti di riferimento per valutare la sua personalità e il contesto di appartenenza). I familiari di A.V., infatti, sono scappati a seguito della devastazione del campo rom e delle persecuzioni verificatesi a Ponticelli. Le gravi difficoltà della minore, dunque, abbandonata a sé stessa, senza mezzi in un paese straniero, sono state valutate come presupposto per un inasprimento delle sanzioni da infliggere.

Durante l’intero procedimento sono stati mortificati diritti fondamentali, come la traduzione degli atti nella lingua conosciuta alla minore, questione più volte sollevata dalla difesa e sempre respinta nonostante le dichiarazioni della mediatrice culturale che segue la minore secondo la quale la piccola rom al momento dell’arresto non comprendeva in alcun modo la lingua italiana. Ogni richiesta della difesa è stata sistematicamente respinta, perfino l’ammissione al gratuito patrocinio.

L’apparato giudiziario ha scatenato, così, la sua offensiva contro una bambina rom, sola e in difficoltà, accanendosi in una smania di punizione alimentata dal più vergognoso razzismo e dalla dilagante ideologia securitaria di stampo fascista.

Soccorso Legale Napoli

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