il babau è un mostro bianco per chi di vivere è ormai stanco il babau è un mostro nero finisci dritto al cimitero il babau è tutto rosso corri corri a più non posso il babau è tutto giallo tocca pure al maresciallo il babau è anche blu occhio il prossimo sei tu il babau è di tutti i color se lo incontri sicuro muori
 

decreto 733 – 50 bis – parte I

Pubblicato il 09.02.2009 in cronache, home page || Nessun Commento

da http://www.banknoise.com/2009/02/mentre-eravate-distratti-in-italia-si.html

Andiamo “off-topic”, ma credo per un buon motivo. Mentre le prime pagine dei giornali e telegiornali sono concentrati a discutere sul “caso di Eluana” (vicenda drammatica su cui non esprimo giudizi, anche se “economicamente” ci si potrebbe domandare quanti bambini africani si potrebbero vaccinare con i soldi che servono per mantenerla “in vita” una settimana…), meriterebbe molta più attenzione di quella che ha avuto un emendamento al disegno di legge 773 sulla sicurezza, che in pratica vorrebbe istituire una censura dei contenuti di Internet.


Il senso dell’iniziativa è lodevole: combattere la mafia, la pedofilia, gli stupri, il razzismo… Solo che la strada scelta è quella della repressione di internet. Ma vediamo l’articolo del disegno di legge, prima di entrare in dettaglio sui limiti di questo articolo del disegno di legge.
Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet

  • Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine;
  • Il Ministro dell’interno si avvale, per gli accertamenti finalizzati all’adozione del decreto di cui al comma 1, della polizia postale e delle comunicazioni. Avverso il provvedimento di interruzione è ammesso ricorso all’autorità giudiziaria. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma;
  • I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l’effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l’attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministro dell’interno con proprio provvedimento;
  • Entro 60 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Ministro dell’interno, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con quello della pubblica amministrazione e innovazione, individua e definisce i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche;
  • Al quarto comma dell’articolo 266 del codice penale, il numero 1) è così sostituito: “col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda.

Chiaramente il punto non è garantire l’impunità di chi commette reati tramite internet, ma una norma scritta in questo modo lascia spazio a molte perplessità.

  • Innanzi tutto, un eventuale “oscuramento” di un sito è deciso dal Ministero, sulla base sì di “concreti elementi”, ma non dalla magistratura, quindi una condanna da parte di un organo non giudicante. Si parla spesso di separazione delle carriere dei magistrati, ma se si smettesse di fare confusione tra le funzioni di polizia e giudici sarebbe già un bel passo avanti.
  • La “fumosità” della norma ne rende di fatto arbitraria la possibile applicazione, lasciando quantomeno spazio ad un pericolo di “eccesso di censura preventiva” da parte dei “provider”, per evitare ogni possibile rischio di sanzioni. Infatti, anche in questo caso vengono estese le sazioni non solo a chi commette effettivamente il reato, ma anche al provider (che invece in realtà ha adesso ruolo del “solo trasporto” delle informazioni)
  • Inoltre ci sono aspetti prettamente tecnici. Non è detto che il provider possa “filtrare” specifiche pagine, e di conseguenza c’è il rischio concreto di rendere inaccessibili una serie di contenuti perfettamente leggittimi. Esempio banale: per tagliare un blog “illegale” ospitato da Blogger, potrebbe essere filtrato l’IP, e oscurare di conseguenza anche tutti gli altri blog ospitati su blogger.com.
  • C’è poi il discorso relativo all’apologia di reato in sè, che di fatto è un reato d’opinione. L’apologia non va confusa con l’istigazione a delinquere: l’apologia di reato consiste nel “difendere” un’azione riconosciuta come reato o delitto: a rischio di cadere nell’apologia dell’apologia di reato, val la pena sottolineare come in molti stati non esista e anche in Italia era nato un dibattito per una possibile depenalizzazione. In ogni caso, il manifestare un’opinione “contro la legge” comporterà problemi non solo per sé stessi, ma anche per il provider. A questo si aggiunge che non è del tutto chiaro quale vuole essere l’ambito di applicazione del concetto di apologia: nelle dichiarzioni dei proponenti, sembra si vorrebbe combattere ogni forma di “cattivo esempio”.
  • Per ultimo, c’è il tema dell’efficacia di una norma di questo tipo: se il problema è che su Facebook sono nati gruppi pro-mafia, forse il problema (vero) non si risolve semplicemente costringendone la chiusura. Anzi, forse un’azione del genere non risolve assolutamente nulla: probabilmente, anzi, l’opportunità (persa) è quella di capire meglio perché nascono movimenti del genere, e aver così modo di intervenire sulle cause profonde. Certo, sempre se si vuole risolvere i problemi di fondo, e non solo dare una pulizia di facciata.

Ovviamente, si può controbattere che si tratta di un disegno di legge, e probabilmente subirà delle modifiche, certo però che rimane sempre il problema del perché si trovi necessario fare “nuove leggi” per internet, anziché applicare quelle che ci sono già (magari snellendole per renderle più facilmente applicabili).

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