Fumo di Londra

La rivolta di Lon­dra e delle altre città inglesi hanno acceso l’estate. Non l’hanno illu­mi­nata, hanno detto in molti – anche fra i “sini­stri” nostrani – per­ché sarebbe man­cata una chiara coscienza poli­tica, per­ché quelle notti di sac­cheggi sono state troppo cao­ti­che e casuali.
Quei fatti però vanno presi così come sono, non come si vor­rebbe che fos­sero. Un assas­si­nio poli­zie­sco fa sal­tare la pen­tola a pres­sione di discri­mi­na­zioni, odii ed esclu­sioni; i sot­to­pro­le­tari inglesi, per lo più gio­vani e abi­tanti delle peri­fe­rie, di qua­lun­que ori­gine etnica, si river­sano in strada, attac­cano i com­mis­sa­riati e si pren­dono dai negozi quella merce che il mondo capi­ta­li­sta mette loro quo­ti­dia­na­mente davanti agli occhi, senza dar­gli spesso la pos­si­bi­lità di averla. Si pren­dono tutta la merce: il pane e anche le rose, anche gli Ipad e i tele­vi­sori, gli Iphone e il divano.
Da qui le cri­ti­che: ma come, sem­brava che dicesse qual­che “puri­sta” nostrano: “fanno tutto sto casino per pen­dersi i gin­gilli tec­no­lo­gici e le felpe nike?!”. Cri­ti­che un po’ vuote. Il pane e le rose, il ban­co­mat e l’ultimo modello di jeans fir­mati, nelle rivolte è spesso così.
I fatti inglesi sono piut­to­sto un segnale lan­ciato al sistema attuale, alla pari di quel che accade – in altre forme – in Spa­gna, Gre­cia, Cile, Irlanda, Egitto, Tuni­sia ecc. Il capi­ta­li­smo mostra il suo volto più feroce. “Cre­scita” o sta­gna­zione, crisi o non crisi, le dif­fe­renze sociali aumen­tano, una pic­cola classe di super ric­chi detta legge, la poli­tica ese­gue, gli eser­citi e le poli­zie vigi­lano e repri­mono: migliaia di arre­sti, con­danne rapi­dis­sime e severe, sono state l’unica rispo­sta della poli­tica alle som­mosse inglesi. E non potrebbe essere diver­sa­mente, per­ché ovun­que, in Inghil­terra come in Ita­lia, lo spa­zio della media­zione è finito, i par­titi di sini­stra sono uguali a quelli di destra, la social­de­mo­cra­zia è tra­mon­tata da un pezzo, lo stato sociale si è lique­fatto di fronte al “grande sole” del capi­tale. Sot­to­pro­le­tari e indi­gna­dos, disoc­cu­pati e migranti, pre­cari e stu­denti lot­tano per rigua­da­gnarsi una dignità che è loro negata, ognuno con i mezzi che cono­sce, o che si può per­met­tere.
Di quante som­mosse, rivolte e insur­re­zioni ci sarà biso­gno prima di riu­scire a fer­mare la vora­cità del capi­ta­li­smo?! Molte, pro­ba­bil­mente, e la tra­sfor­ma­zione sociale rischia di richie­dere prezzi molto alti. E però non c’è alter­na­tiva: o finire stri­to­lati nella morsa di Stato e capi­tale e affa­mati dall’ingordigia dei nostri sfrut­ta­tori, o ribel­larsi, in ogni modo pos­si­bile.
Lon­dra è solo l’inizio della fine delle demo­cra­zia libe­rale, un inganno durato decenni che oggi ha get­tato la maschera. Agli sfrut­tati, ancora una volta, tocca distrug­gere per rico­struire meglio. Noi siamo pronti?

A. Soto

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