Per una camera del lavoro autogestita

Come labo­ra­to­rio sul lavoro — nato all’interno del movi­mento degli “insol­venti” bolo­gnesi sulla pro­po­sta di costruire una Camera del Lavoro auto­ge­stita — stiamo ragio­nando sulle pos­si­bi­lità di creare un luogo auto­ge­stito in cui affron­tare le espe­rienze della con­di­zione di vita e lavoro, pre­ca­rietà o disoc­cu­pa­zione di chi affronta que­sto periodo.
La prio­rità è quella di inter­con­net­tere diverse espe­rienze di lavoro, vita pre­ca­ria e lotta. Per creare delle reti di soli­da­rietà attiva. Con que­sto inten­diamo un pro­cesso di rico­no­sci­mento reci­proco e col­let­tivo che possa svi­lup­pare pra­ti­che di lotta con­crete e con­di­vise.
Con la con­sa­pe­vo­lezza che non par­tiamo da zero ma da una serie di espe­rienze già esi­stenti, ci pro­po­niamo un approc­cio basato sull’orizzontalità del con­fronto e l’arricchimento reci­proco, per costruire uno spa­zio in cui non ci siano utenti e for­ni­tori ma sog­get­ti­vità in grado di auto­de­ter­mi­nare i pro­pri per­corsi di lavoro ed esi­stenza, e allo stesso tempo essere in grado di sup­por­tarsi reci­pro­ca­mente e di costruire nuove pra­ti­che con­flit­tuali.
Que­sti i car­dini del nostro pro­getto:
1) Inter­con­nes­sione. Con­net­tere ciò che c’è (dalle realtà dei sin­da­cati con­flit­tuali e/o di base alle atti­vità che si svi­lup­pano nei “cen­tri sociali” o negli spazi di movi­mento — spor­telli, punti di ascolto, col­let­tivi e coor­di­na­menti) e ciò che non c’è (la mole­co­la­rità degli indi­vi­dui scon­nessi e resi suc­cubi anche per mezzo della divi­sione e dell’isolamento, sia indotto dalla leggi e dai con­tratti, sia per­ce­pito per cul­tura, man­canza di soli­da­rietà o con­sue­tu­dine alla delega)
2) Soli­da­rietà attiva. L’esempio della par­te­ci­pa­zione al pic­chetto anti­sfratto è un para­digma; è un obiet­tivo quello di dif­fon­dere que­ste pra­ti­che che per­met­tono la ricom­po­si­zione e la costru­zione di fronti di lotta più ampi.
3) Metodo oriz­zon­tale. Il “non ci rap­pre­senta nes­suno” non è un grido lamen­toso: è un metodo ed un pro­gramma di lavoro; pen­siamo pos­si­bile costruire nuovi spazi ed ini­zia­tive di lotta a par­tire dal supe­ra­mento della delega; dalla presa in mano delle nostre respon­sa­bi­lità e dei nostri destini.
4) “Spor­tello legale” e luogo di ascolto e socia­liz­za­zione. Atti­vare le com­pe­tenze che esi­stono — ripren­dendo il cri­te­rio delle con­nes­sioni — per dare a tutte e tutti gli stru­menti neces­sari per affer­mare la pro­pria dignità; costruire un sapere con­sa­pe­vole che per­metta di imma­gi­nare auto­no­mia; atti­vare auto-inchiesta per aumen­tare la con­sa­pe­vo­lezza; rom­pere l’atomizzazione degli indi­vi­dui; l’esempio dell’incontro con alcuni col­let­tivi
di lavo­ra­trici e lavo­ra­tori che si è svolto al VAG61 è una indi­ca­zione di lavoro.
5) Ricerca di pra­ti­che con­flit­tuali da appli­care agli ambiti lavo­ra­tivi e non che possa dare la pos­si­bi­lità a sog­getti sociali dif­fe­renti di poter por­tare avanti delle lotte comuni e/o coor­di­nate.
6) Spa­zio ini­zial­mente iti­ne­rante ma con una neces­sità di sta­bi­lità nel momento in cui si ini­zia con le atti­vità nella fase di con­fronto ci si può vedere “ovun­que” negli spazi sociali cit­ta­dini; ma nel momento nel quale si cominci ad ope­rare pub­bli­ca­mente la que­stione di un luogo pub­blico è fon­da­men­tale; siamo con­sa­pe­voli del dibat­tito gene­rale sull’utilizzo degli spazi ma sot­to­li­neiamo l’urgenza di dare sbocco all’uso per­ma­nente di uno spa­zio che sia sem­pre quello.
L’indirizzo email per scri­vere al labo­ra­to­rio lavoro è:
lablavoro@autistici.org
per leg­gere i report delle assem­blee vedi il Blog di Santa Insolvenza

I commenti non sono attivi per questo post