Why do we occupy? Sull’occupazione dell’Istituto d’Arte

Nel quasi gene­rale silen­zio dei media main­stream tra otto­bre e novem­bre diverse scuole bolo­gnesi sono state occu­pate dagli stu­denti in segno di pro­te­sta con­tro la cre­scente opera di deva­sta­zione dell’educazione pub­blica e del diritto allo stu­dio, ma anche per denun­ciare l’attacco fron­tale con­tro tutti – stu­denti, lavo­ra­tori, pre­cari, disoc­cu­pati – che le poli­ti­che di auste­rity stanno por­tando avanti senza pietà.
Una larga fetta degli stu­denti è dispo­ni­bile a met­tere in campo pra­ti­che radi­cali, rifiu­tando anche la con­cer­ta­zione delle varie orga­niz­za­zioni stu­den­te­sche al traino della CGIL. A que­sto l’autorità risponde con la repres­sione: man­ga­nel­late in piazza, minacce di pre­sidi e pro­fes­sori, poli­zia e cara­bi­nieri chia­mati a inter­ve­nire diret­ta­mente a scuola, denunce e rischi di 5 in con­dotta (e quindi la boc­cia­tura). Con Ber­lu­sconi o con Monti nulla cam­bia: i boc­coni da ingo­iare anche per gli stu­denti sono sem­pre più amari, la situa­zione sociale è sem­pre più cri­tica e le forze dell’ordine fanno il loro sporco lavoro, poco importa se a essere oggetto dei loro attac­chi sono mino­renni o ragazzi di nem­meno vent’anni. A que­sti stu­denti va tutta la nostra soli­da­rietà. Pub­bli­chiamo qui un comu­ni­cato del col­let­tivo dell’Istituto d’Arte (ISART), dove a novem­bre i ragazzi hanno dato vita a sei giorni di un’occupazione matura e par­te­ci­pata con labo­ra­tori di ska­ting, arram­pi­cata, pit­tura e seri­gra­fia, pranzi sociali, assem­blee di gestione e dibat­titi su TAV, capi­ta­li­smo e libe­ra­zione animale.

Tutto va in malora, come pos­siamo cam­biare le cose?
Per con­tra­stare que­sto sistema non pos­siamo fare altro che creare disa­gio a chi ci sfrutta, pro­prio per farci sen­tire e chie­dere a gran voce un cam­bia­mento.
Lo si fa anche bloc­cando flussi eco­no­mici, ovvero il cir­colo di merci e danaro che per­mette alle caste di con­ti­nuare a negarci la libertà.
Per bloc­care que­sti flussi pos­siamo occu­pare le strade, le sta­zioni, gli isti­tuti finan­ziari ecc. uscendo dalle nostre scuole ed inva­dendo le piazze.

E den­tro le nostre scuole? Come dob­biamo agire?
È inne­ga­bile che man­chino spazi liberi dedi­cati ai gio­vani, luo­ghi in cui dibat­tere, autor­ga­niz­zarsi, col­la­bo­rare e cre­scere insieme.
Un luogo occu­pato è un luogo indub­bia­mente libero da qual­siasi gerar­chia e una piat­ta­forma di cre­scita per­so­nale e col­let­tiva verso nuove lotte, per que­sto fa paura.
Occu­pando una scuola pos­siamo creare coscienze discu­tendo e con­tem­po­ra­nea­mente mostrare che que­sto non è l’unico sistema pos­si­bile; a par­tire dalla nostra scuola pos­siamo dimo­strare che ci sono metodi di gestione diretta effi­caci, che impe­di­scano ad un insieme di “Eletti” mul­ti­mi­liar­dari di gestire le sorti di un paese e del mondo.

Ma la scuola è un bene, è giu­sto fer­marla?
Durante l’occupazione le ordi­na­rie lezioni sono inter­rotte, ma viene pro­po­sto un altro metodo didat­tico.
In occu­pa­zione non c’è nes­suno a zit­tirti, a impe­dirti di andare ai ser­vizi, a importi i pro­pri tempi e a obbli­garti ad ascol­tare, solo tu sce­gli le sorti del tuo pre­sente e del tuo futuro. Le lezioni sono inter­rotte ma viene offerta l’occasione di impa­rare qual­cosa di diverso dal solito, i pro­blemi di oggi e del domani. La scuola attuale inol­tre è stru­men­tale a que­sto tipo di società ed eco­no­mia, ti abi­tua a seguire i ritmi di una cam­pana e ad obbe­dire a un capo, pro­prio come quando in fab­brica o in uffi­cio ti sfrut­te­ranno, fer­marla e farla gestire da chi la vive e non dal mini­stro di turno può dav­vero essere un reato?

Ma quindi ad un occu­pa­zione che si fa? Come si tira avanti?
Un occu­pa­zione è un luogo libero in cui si fa tutto ciò che ci può sem­brare utile e pro­dut­tivo, senza dan­neg­giare nulla. Durante l’occupazione pos­siamo orga­niz­zare gruppi di dibat­tito, gruppi di tipo arti­stico e crea­tivo, cene e pranzi sociali a basso costo, pos­siamo chiac­chie­rare tra noi a qual­siasi ora del giorno, pos­siamo vivere insieme a con­tatto con i nostri cari, pos­siamo fare sport, pos­siamo abbel­lire la nostra scuola, pos­siamo orga­niz­zare le lotte con cui pro­vare a cam­biare il mondo. Deci­diamo tutto e lo fac­ciamo tutti insieme, (prof, geni­tori, bidelli, col­la­bo­ra­tori ed alunni uniti con inten­zioni col­la­bo­ra­tive) cer­cando di far si che il nostro pre­sente ed il nostro futuro vadano per il meglio.

E se qual­cuno viene ad infa­sti­dirci?
È un azione impe­gna­tiva, la pos­si­bi­lità che qual­cuno venga ad appro­fit­tare delle nostre fati­che è da pren­dere in con­si­de­ra­zione come una cer­tezza, sta nella deter­mi­na­zione degli occu­panti pro­teg­gere la scuola pro­prio nel momento in cui viene gestita diret­ta­mente. Lo si fa orga­niz­zando una sele­zione all’ingresso ed un ser­vi­zio effi­ciente di sicu­rezza, fon­da­men­tale è anche il nostro rispetto reci­proco e personale.

Io che posso fare per aiu­tare?
Tu, chiun­que tu sia, sei uno di noi e puoi venire e par­te­ci­pare. Sarà ben­ve­nuto chiun­que venga con l’intento di appren­dere qual­cosa di nuovo ed offrire la pro­pria espe­rienza e le pro­prie cono­scenze a tutti. L’occupazione è uno scam­bio reci­proco di soli­da­rietà e saperi, deci­de­remo tutto insieme e faremo ciò che ci piace e ci inte­ressa, cia­scuno di noi avrà l’occasione di impe­gnarsi in prima per­sona per ren­dere que­sti giorni indi­men­ti­ca­bili ed incre­di­bil­mente pro­dut­tivi.
Col­let­tivo ISART

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