Borgo Santa Caterina ovvero l’invenzione del quotidiano

Bergamo – Chissà cosa avrebbe pensato il sociologo francese De Certau di fronte alla movida che tanto entusiasma e tormenta Borgo Santa Caterina. Chissà come avrebbe commentato i pareri di politici, giovani, esercenti, residenti che sulla vita di quella strada stanno spendendo importanti parole. Chissà cosa avrebbe pensato di fronte all’attenzione mediatica che sta suscitando, chissà come avrebbe reagito al dibattito imbastito di articoli e incontri pubblici. Chissà quanto avrebbe riso di fronte alla proposta di limitare l’orario d’apertura dei locali.

L’autore de “L’invenzione del quotidiano” avrebbe invece trovato avvincente questo fenomeno e avrebbe appoggiato la sua penna per descrivere come la movida del borgo sia una pratica e una tattica di resistenza. Resistenza di fronte ai vincoli dell’ordine sociale, facendo un uso imprevedibile e creativo dello stesso prodotto culturale imposto. Borgo Santa Caterina vuole innanzitutto questo: che la festa sia festa.

Borgo Santa Caterina è innanzitutto questo: un corteo giocoso, fantasioso, sorprendente che rivendica il diritto a spazi di aggregazione, il diritto a poter usufruire di momenti di creatività, il diritto a vivere la propria città. Nessun mediatore, solo libero aggregarsi dal basso. Supera sia le logiche capitalistiche, che convogliano lo stare insieme in una fruibilità commerciabile, sia dagli schemi della cultura di massa, che appiattiscono la fantasia, che impediscono alle singolarità di librarsi. Borgo Santa Caterina è un’irruzione nel quotidiano che vuole mostrare come il quotidiano dovrebbe essere. Un’irruzione nella Bergamo laboriosa e artigiana, fatta di lavoratori che lavorano come delle bestie tutta la settimana e nel fine settimana si divertono come delle bestie. Che aspettano il fine settimana per darci dentro, per farsi una bella bevuta. Chiariamoci: ubriacarsi è bello! Bere libera la fantasia, diceva de Andrè! E allora perché aspettare il fine settimana? La fantasia non conosce calendario. Lo stesso dicasi per la massa di studenti e studentelli che deve essere attirato a Borgo Santa Caterina, piuttosto che al bar di turno, dagli alcolici a basso costo. L’alcol, il fumo, le sostanze aprono le porte della percezione, cantava Jim Morrison, allora perché tornare piegati sui banchi il lunedì mattina, belli ordinati e puliti, coi compiti ben svolti? Roger Waters ci ha ammonito: perché essere “another brick in the wall”? E poi perché dopo avere aperto le porte della percezione, essere stati porta della percezione, pisciare e vomitare sul portone del residente del Borgo? Va bene essere maledetti, ma la puzza e lo schifo ce l’hanno da sopportare gli altri. I poeti maledetti hanno pagato caro l’estasi della loro creatività, l’hanno impressa nella propria carne fino a soffocargli la vita. Non hanno delegato ad altri il compito di pulire dove erano passati. A questo punto non si sente di avere tradito la motivazione da cui si era partiti? Forse De Certau direbbe così: Borgo Santa Caterina è un fantastico strumento attraverso cui ci si emancipa dalle logiche della cultura di massa e della cultura capitalistica che hanno fatto del divertimento un prodotto facilmente fruibile, normato e delimitato negli spazi e nei luoghi. Bergamo è una città asfittica, che non contempla luoghi di aggregazione spontaneo, di creatività, di divertimento. Tuttavia il margine in cui può ricadere è proprio quello della logica capitalista in cui la festa è confinata al fine settimana e il mezzo per accedervi è l’alcol venduto dai locali e il festante è ridotto a consumatore.

La festa è priva di matrici, è a-logica, deliberata e sorprendente. Questi elementi devono entrare nella vita di tutti giorni, altrimenti saremmo degli scimmioni dediti al lavoro. Uomini poco umani, schiacciati nella ripetitività lavorativa per cinque giorni alla settimana con licenza di sbragare per due. Borgo Santa Caterina non può fallire questo pensiero.

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