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E da voi chi ci difende?

Nella serata di venerdì 21 gennaio, presso l’auditorium di piazza della Libertà di Bergamo, ha avuto luogo la proiezione del film/documentario “E’ stato morto un ragazzo” di Filippo Vendemmiati. Alla serata, organizzata dal centro sociale cittadino, erano presenti il regista e Lino Aldrovandi, il padre di Federico, il diciottenne ferrarese ucciso nella mattina del 25 settembre 2005 da quattro poliziotti, vicenda su cui è incentrato appunto il film.

Quattro “servitori dello stato”, nostri difensori, nostri garanti, usano violenza in misura talmente spropositata da cagionare la morte del ragazzo e cercano di far ricadere (complici altri colleghi) la responsabilità di quanto accaduto sulla vittima stessa.

Federico Aldrovandi, viene accusato di essere un drogato e la sua morte è imputata a un’overdose, uccidendolo, di fatto, una seconda volta. I quattro sono stati condannati in primo grado a tre anni e sei mesi per omicidio colposo, una pena ridicola secondo il padre Lino, e sono ancora attualmente in servizio presso le stesse forze dell’ordine.

L’interrogativo che emerge dalla serata, che ha visto l’auditorium gremito di gente, è quale fiducia  possiamo riporre nei tutori della legge. La drammatica storia di Federico è un caso unico, è opera di pazzi? Purtroppo Lino Aldrovandi sa che non si può liquidare così la questione. E’ il padre a ricordarci quante vittime di abusi di polizia non hanno ancora avuto giustizia.

IL nostro territorio non è esente da questo tipo di episodi, reati minori o maggiori accompagnano spesso l’operato delle forze dell’ordine.

In effetti, spulciando nei recenti fatti di cronaca locali, polizia e carabinieri non ne escono affatto immacolati.

Ricordiamo, a novembre scorso, la condanna in secondo grado di 13 dei 17 imputati, appartenenti alle varie forze dell’ordine, per il rilascio di permessi di soggiorno in cambio di favori sessuali.

Ricordiamo l’arresto, a fine 2009, di tre poliziotti e un civile per il furto della mercanzia di un venditore ambulante senegalese.

Ricordiamo i cinque carabinieri accusati di essere riusciti attraverso “giochi di prestigio contabili” ad auto gonfiarsi le buste paga, tre dei quali assolti in ottobre, mentre gli altri due patteggiarono la pena nel 2009.

Risalta la condanna del generale Ganzer, comandante del Ros dei carabinieri, e di numerosi altri membri dell’Arma, colpevoli d’aver organizzato un traffico di stupefacenti (reato che, tra l’altro, dicevano di combattere, facendo carriera), più altri reati “minori”.

E che dire della tristemente famosa banda della Panda nera, carabinieri e poliziotti che fra il 2005 e il 2007 effettuarono una decina di spedizioni punitive contro gli extracomunitari della Bassa?

Alla serata è stata pronunciata questa frase: “Ho sempre pensato che se giro di notte e qualcuno mi infastidisce, posso chiamare la polizia. Però ora mi chiedo, se è la polizia che mi infastidisce, chi posso chiamare?”

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