#machetilmenti – “Il tuo lavoro nell’epoca della crisi del lavoro”
In questa nuova sezione nel nostro portale, chiediamo di descrivere il proprio lavoro.
Quali sono le condizioni e le posizioni lavorative della persona che presta del proprio tempo per una busta paga? Come la crisi economica ha modificato il tuo lavoro?
#machetilamenti è un libero contributo sul web. E’ la condivisione didiverse esperienze, di chi lavora ma anche anche di chi il lavoro non lo trova, non lo cerca, non l’ha più e vuole ugualmente raccontare la propria situazione.
Ricostruiremo insieme gli indizi di un meccanismo ben nascosto: Raccontateci come vivete nel vostro luogo di lavoro!
Riceviamo e pubblichiamo la prima testimonianza #machetilamenti
Mi chiamo A. ho 20 anni, alla fine di agosto del 2012 ho cominciato a lavorare presso una libreria bar del centro nota in città per essere inserita in un circuito di sinistra ospitando assemblee di partiti e movimenti. La responsabile mi aveva proposto di lavorare li come cameriera per qualche mese senza contratto con la promessa di regolarizzarmi a gennaio del 2013. Trovandomi senza occupazione da quasi un mese, considerando il periodo di crisi economica con la scarsità di offerte lavorative e la mia necessità di lavorare in quanto avevo appena cominciato a convivere con il mio ragazzo, ho deciso di accettare stringendo i denti.
Lavoravo li con una cadenza di tre o quattro giorni a settimana dalle 16 fino a dopo mezzanotte. Al contrario di quanto anticipatomi la mansione non era solo quella di cameriera, ma anche quella di barman e la paga oraria era di 5 euro, ovviamente senza il versamento di nessun contributo e senza nessun riconoscimento di straordinari, notturni e festività. Molto spesso quando alla chiusura del locale mi veniva consegnata la paga chi mi dava i soldi tentava di contrattare sull’ultima mezz’ora di lavoro per cercare di darmi 2,5 euro in meno. In un’occasione addirittura, all’interno del locale si è svolta una festa che si è protratta oltre gli orari stabiliti cosa che ha fatto si che io e la mia collega staccassimo alle 2.30 di notte, per premiarci ci hanno consegnato un premio produzione di 5 euro a testa…
Per alcuni mesi ho stretto i denti, anche perchè il lavoro era faticoso e lavoravo ininterrottamente senza vedermi riconosciuta nemmeno mezz’ora di pausa, mi limitavo a mangiare un panino mentre lavoravo.
A novembre sono rimasta incinta e con il mio ragazzo ho deciso di portare avanti la gravidanza, sicura, anche senza contratto, di non trovare grandi difficoltà, in quanto lavoravo in una cooperativa che da sempre è inserita in un circuito di sinistra ospitando nei suoi spazi assemblee di partiti e movimenti attenti alle tematiche dei diritti dei lavoratori e delle donne e per questo sensibile alla mia situazione. Il mese successivo dopo aver reso pubblica la mia gravidanza, mio malgrado ho scoperto che le mie convinzioni sulla sensibilità della cooperativa erano infondate. Infatti, all’inizio di gennaio proprio nei giorni in cui credevo che si sarebbe proceduto alla regolarizzazione della mia posizione, sono stata contattata dalla responsabile della libreria che mi diceva che non era possibile regolarizzarmi perchè c’erano dei problemi relativi a dei voucher. All’inizio ero un po’ smarrita: “quali voucher? Mi è sempre stato promesso un regolare contratto con un orario settimanale perchè ora si parla di voucher?”. La responsabile ha poi proseguito che fino al momento in cui non si sbloccava la situazione era meglio che me ne stessi a casa perchè lei non si poteva permettere di far lavorare una ragazza in nero. A quel punto mi è stato tutto più chiaro; considerando che un’altra ragazza in quel momento stava lavorando per loro senza contratto e un’altra era stata regolarmente assunta, mi stavano scaricando perchè in gravidanza.
Ovviamente la situazione non si è mai sbloccata e non sono mai più stata chiamata a lavorare, perciò mi sono rivolta al sindacato per vedermi riconosciuto ciò che mi spettava. Il sindacato ha fatto una proposta alla cooperativa per non arrivare a un piano legale, ma per tutta risposta ho ricevuto una beffa e un’umiliazione maggiore di quella di essere lasciata a casa. La cooperativa ha prima negato che io lavorassi da loro e poi ha detto che lavoravo li saltuariamente che sono una bugiarda e che loro sono fin troppo magnanimi offrendomi una cifra assolutamente non equa.
Io mi chiedo se è giusto che io ora mi trovi in forti difficoltà economiche perchè qualcuno si è approfittato del mio lavoro per poi mettermi da parte perchè in gravidanza? E’ giusto che nel 2013 una donna in gravidanza debba passare tutto questo? E’ giusto che ci sia una realtà che vive lavorando all’interno di un certo circuito che difende i diritti di tutti comportandosi all’opposto con chi vi lavora?
Io chiedo che mi venga riconosciuto ciò che mi spetta per me, la mia bambina che tra qualche mese nascerà e il mio compagno e che le realtà che sono a contatto con il bar lo spingano a comportarsi come dovrebbe non solo nei miei confronti, ma di tutte le sue lavoratrici.