Bergamo – Nonostante Bergamo si classifichi tra i primi posti come numero di migranti presenti sul territorio, nel 2011 la provincia ha registrato un calo del 65% della presenza di stranieri. Questo fatto è ben presto spiegato dalla massiccia diminuzione di posti di lavoro che ha caratterizzato il territorio nell’ultimo periodo. La mancanza di opportunità ha spinto infatti moltissime persone a spostarsi di nuovo, avendo come obiettivo lo stesso di quando si sono insediati a Bergamo: trovare un lavoro e vivere una vita dignitosa. A rimanere sono state per lo più le famiglie già radicate da anni, con figli nati in Italia o arrivati molto piccoli, che frequentano le scuole di Bergamo, che hanno ormai tutta la loro vita qui. Sono oltre 6000 le richieste di cittadinanza presentate nella nostra provincia che aspettano una risposta, 1400 delle quali avanzate nel 2012
Nonostante questo radicamento e integrazione nel tessuto cittadino, per queste persone la cittadinanza italiana rimane comunque un miraggio. L’iter burocratico è molto lungo e poco trasparente. Per ottenere i documenti richiesti, bisogna rivolgersi alle ambasciate del paese d’origine e i tempi d’attesa superano addirittura un anno. Una volta ottenuti i documenti, debitamente tradotti, comincia il lungo iter della procedura per la “concessione” della cittadinanza italiana. Prima la Prefettura raccoglie tutti i documenti per aprire il procedimento, che poi viene trasferito in questura per un’indagine di ordine pubblico che a volte può svolgersi coinvolgendo anche i ministeri dell’interno del paese d’origine. Infine bisogna aspettare il nullaosta del Ministero degli Interni . Tutto questo iter portagli stranieri a dover aspettare a volte più di 5-6 anni, prima di avere una risposta, positiva o negativa che sia. L’aspetto che però sconcerta di più è l’estrema difficoltà che si incontra quando si tenta di ricostruire l’iter della propria richiesta e capire a che punto è arrivata la pratica per la naturalizzazione.
Nell’intervista, tre stranieri che risiedono a Bergamo raccontano le loro difficoltà nell’ottenere la cittadinanza italiana. Due uomini che vivono in Italia da più di 20 anni e che chiedono la cittadinanza per potersi sentire finalmente parte integrante della comunità in cui vivono con le loro famiglie, e una ragazza, vittima di un ritardo burocratico. Suo padre ha ottenuto la cittadinanza italiana, 6 anni dopo averla richiesta e un mese dopo il diciottesimo compleanno della ragazza. Dato che la legge prevede che un genitore possa trasmettere la cittadinanza acquisita solo ai figli minorenni, la figlia ormai maggiorenne è l’unico componente della sua famiglia a non avere i documenti italiani, nonostante viva in Italia da quando ha un anno e mezzo.
Gentilissimi, questo è un problema molto diffuso. Sono un avvocato, mi occupo da anni di diritto dell’immigrazione e in modo particolare della cittadinanza italiana. Attraverso il mio sito professionale (www.avvocatoimmigrati.it), cerco di far conoscere a tutti il tipo di tutela offerta dalla legge agli stranieri che richiedono la cittadinanza italiana: il D.P.R. n. 362/94 stabilisce che il termine massimo per la conclusione del procedimento relativo alla cittadinanza italiana corrisponde a 730 giorni. Ciò nonostante, le pratiche di cittadinanza continuano a stare ferme sugli scaffali degli uffici amministrativi con tempi di attesa molto lunghi. Per quale motivo succede questo? E’ semplice: chi richiede la cittadinanza non è a conoscenza del fatto che, scaduti i due anni, la legge predispone degli strumenti di tutela per lo straniero ai fini dell’ottenimento della cittadinanza, che tuttavia devono essere esercitati con precise modalità. Se si tratta di cittadinanza per residenza, ad esempio, c’è un anno di tempo, scaduti i 2 anni, per proporre ricorso (quindi il ricorso va proposto entro 3 anni dalla presentazione della domanda). Per ogni approfondimento vi invito a visitare il mio sito professionale http://www.avvocatoimmigrati.it
Cordiali saluti a tutti.
Avv. Francesco Boschetti