Bergamo – In questa settimana è balzata agli onori delle cronache lo sfratto avvenuto lunedì 22 febbraio ai danni degli attuali assegnatari degli orti sociali di via Pizzo Redorta alla Celadina in quanto il nuovo regolamento del Comune, approvato il 22 settembre scorso, ha determinato nuovi criteri di assegnazione privilegiando giovani, persone diversamente abili, persone con figli e cittadini con redditi bassi.
Tutto nasce dalla lettera mandata ai giornali locali da Nermino Maccaroni, uno degli assegnati che ha dovuto lasciare l’orto che curava ormai da anni. Una lettera che non solo evidenzia l’importanza sociale dell’attività più che quella materiale della coltivazione, ma che sottolinea la discutibile decisione di contrapporre «delle fasce sociali deboli, se è sensato agitare un possibile scontro generazionale e quanto sia lungimirante eliminare l’ultima passione vivibile da persone anziane, in un periodo storico come questo, in cui il Covid ha eliminato ogni spazio sociale che una persona anziana può vivere quotidianamente.» Inoltre, ad oggi progetti simili e alternativi per le fasce di cittadini più anziane non sono state presentate dal Comune.
Non si è fatta attendere la risposta della giunta comunale da parte dell’assessora al verde pubblico Marzia Marchesi che sottolinea l’importanza, in un periodo come questo, di aiutare le fasce con reddito basso e la raccolta di 131 richieste di assegnazione. Prosegue spiegando che «quanto da Voi goduto fino ad oggi sia diritto anche di altri, e quanto questo “passaggio di testimone” sia da intendersi come una naturale necessità ben lontana da ogni logica di conflitto, meno che mai generazionale.» Infine rassicura che «La concessione della cura di un orto è quindi una delle possibilità in grado di assecondare i Vostri interessi, di cui nonsottovalutiamo certo l’importanza. Nel contempo crediamo però che essa non possa ritenersi esaustiva di tutto il nostro impegno nei Vostri confronti. Non Vi lasciamo soli.» proponendo future soluzione alternative.
Sorgono spontanee alcune perplessità riguardo alla scelta presa dalla giunta comunale. Se veramente fosse di interesse rispondere alle esigenze di questo tipo di attività come provvedimento immediato basterebbe aumentare gli appezzamenti di terra a disposizione in modo da rispondere in modo complessivo alle richieste ricevute minimizzando il più possibile il mal contento. Ma soprattutto capire, in questo particolare peridio di crisi sanitaria ed economica, quale siano le vere priorità delle fasce a basso reddito. Ovviamente le richieste aumentano se a disposizione si mette qualcosa ma risulta altrettanto lampante come le necessità e i bisogni di persone con figli, disabili o non, e persone con reddito basso possano e debbono essere soddisfatte in maniera più concreta ed efficace. Difficilmente gli orti sociali possono rispondere a una domanda di reale difficoltà economica o di alcuni tipi di disabilità: questo tipo di attività hanno un valore più sociale e di aggregazione che di risposta alla quotidiana e concreta realtà economica. Non sono, o almeno non sono solo queste, le reali risposte che una determinata fascia di popolazione, che purtroppo andrà ad allargarsi, ha bisogno e si aspetta da una giunta comunale. Ed effettivamente risulta al quanto inappropriato far gareggiare alla “guerra del più povero” fasce che hanno difficoltà ed esigenze spesso differenti in un ottica ai fatti escludente.
Come auspica il residente della Celadina Nermino Maccaroni e come promesso nella mail dalla assessora Marzia Marchesi «La questione ci sta a cuore. Le assicuro quindi la nostra massimaattenzione nel valutare nei prossimi giorni soluzioni alternative che possano dare una risposta alla Vostra necessità».
Di seguito riportiamo le mail spediteci da Nermino Maccaroni e Marzia Marchesi: