Prime pratiche respinte per rifugiati da Tunisia e Libia. Si profila il rischio-espulsione per molti dei 300 profughi accolti finora nella nostra provincia. E la risposta arriva dopo 6 mesi.
Una video-intervista agli ospiti dell’Ostello dei Tasso di Camerata Cornello, fuggiti dalla Libia.
In fuga dalle sponde meridionali del Mediterraneo, sui barconi fino a Lampedusa. Poi deportati lungo la nostra penisola fino a Milano. Da qui sparpagliati e dispersi. Anche nei paesi e nelle frazioni della bassa e delle alte valli montane della Bergamasca. Sono i richiedenti asilo che hanno interessato il dibattito politico e le cronache degli ultimi mesi. E’ di questi giorni la notizia che anche a Bergamo le prime domande dei richiedenti asilo sono state respinte. Bgreport ha intervistato alcune di queste persone, ospitate all’Ostello dei Tasso di Camerata Cornello in Val Brembana. Dalle loro parole emerge la drammaticità della guerra e della fuga. La gioia nella speranza di aver trovato un rifugio. La frustrazione per l’assurdità di una sospensione in un “limbo” fatto solo di incertezza sul proprio futuro.
Sono le vittime di una situazione dapprima bollata come “emergenza”, poi tamponata per qualche tempo nell’illusione che tutto si potesse risolvere senza grande clamore. Ma già si capisce che il terremoto politico che si è scatenato nei paesi dell’altra sponda del Mediterraneo non sta cessando di produrre scosse di assestamento qui da noi. E l’inganno della campagna governativa dell’”accoglienza profughi” getta la sua maschera.
Sono già 300 i richiedenti asilo ospitati in terra bergamasca a flussi di 20 a settimana. Sono parte dei circa 24000 profughi giunti finora in Italia e dispersi lungo tutta la penisola. Prima i tunisini. Oggi anche chi scappa dalla Libia. Gente in fuga da paesi diventati per loro pericolosi. In fuga dal timore di persecuzioni politiche. In fuga da una pesante crisi acuitasi dopo i sommovimenti sociali e politici dell’ultimo anno. In fuga da una guerra scatenata dall’Italia e dagli altri paesi occidentali sulle popolazioni libiche per garantirsi stabilità alle porte, opportunità di investimento e risorse energetiche a basso costo.
In Italia sono persone da tenere in attesa, mentre le richieste vengono “prese in considerazione”. Per settimane, per mesi e forse persino per un anno o più. Gente che ora qualcuno provvede a “gestire”, grazie anche ai finanziamenti che provengono dall’Unione Europea. Un giro di aiuti che si ferma un attimo prima di arrivare all’aiutato. Nessun profugo può del resto mantenersi, perché la legge impedisce di lavorare a un richiedente asilo. E così si rimane sospesi a mezz’aria. In paesini bergamaschi remoti ed isolati.
Ed il tempo per i richiedenti asilo passa lento, nell’attesa che una commissione valuti, entro 6 mesi, la loro richiesta. Gli appuntamenti in Commissione per ora sono già programmati fino a febbraio 2012. Se la richiesta di asilo fosse respinta, rimarrebbe la possibilità del ricorso oppure quella di una richiesta di permesso per motivi umanitari. Ma dopo la notizia che le prime pratiche stanno ricevendo un rifiuto, per molti si sta già profilando la scelta tra il rimpatrio forzato o la strada – altrettanto forzata – della clandestinità. Non per nulla sono già numerosi i casi di richiedenti asilo che hanno ormai fatto perdere le proprie tracce.
L’arrivo dei profughi negli ultimi mesi viene da subito etichettato come “emergenza”. Si è dato ad intendere che l’evento non fosse in alcun modo prevedibile. Calato il velo dell’informazione dopo il dramma di Lampedusa, qualcuno sperava forse di avere risolto il problema. Le Regioni e gli Enti di assistenza (Caritas etc …) contribuiscono di fatto ad alleviare le responsabilità del Governo mentre attuano le politiche di dispersione dei richiedenti asilo. Uniti dietro le bandiere dell’”emergenza profughi” e dell’”accoglienza” caritatevole, anche Bergamo sceglie la linea dell’ambiguità. L’accoglienza viene affidata a strutture o in alberghi dislocati lontano dalla città, spesso nelle frazioni più remote delle valli e della bassa.
Ma ben presto i mucchi di polvere nascosta sotto il tappeto tornano a sbuffare fino a fuoriuscire con forza imprevedibile. Come nel centro profughi di Bari. Anche per questo c’è chi preferisce dividere, isolare e nascondere i richiedenti asilo. Meglio se in luoghi poco accessibili e intrisi di fiera e padana ostilità. Quella stessa fumosa ostilità sprigionata ad arte, per anni, dalle braci accese del pregiudizio razzista. Sulle quali proprio il Ministro Maroni, Calderoli e i suoi seguaci hanno costruito il proprio consenso politico.
[…] – I profughi scappati dal nord Africa e approdati nella nostra provincia sono ormai più di 300. Sono condannati […]