Bergamo – Inaccettabile e respinta al mittente. Così è stata giudicata dai lavoratori dell’Università la proposta dell’Amministrazione sul Contratto integrativo. L’assemblea ha scelto la strada della disponibilità alla lotta: stato di agitazione, manifestazione sotto il Consiglio di Amministrazione, per arrivare se necessario anche allo sciopero. Una partita vinta ancor prima di essere giocata.
E’ una partecipazione insolita quella che ha visto, nonostante le ferie estive, l’aula di via dei Caniana gremita in occasione del voto sull’accordo. In discussione è la proposta di intesa sul salario di secondo livello. L’Amministrazione è disponibile a dare più soldi per la prima volta dopo anni a patto che per una parte di questi sia la dirigenza a deciderne i fortunati destinatari. E’ l’elemento discrezionale che lascia i lavoratori in balia della direzione, con il rischio di innescare rivalità tra colleghi.
Ma la proposta viene sonoramente bocciata dall’assemblea dei lavoratori. Pochi i contrari, nessun intervento in difesa dell’accordo. Anche chi era più titubante si è alla fine adeguato alle decisioni dell’assemblea. Il mandato è chiaro: in caso di fermezza da parte dei vertici dell’Ateneo sarà mobilitazione generale. I lavoratori sono pronti ad indire lo stato di agitazione come hanno già fatto i loro colleghi del Comune.
Ecco perchè il giorno dopo l’assemblea nell’incontro di contrattazione fissato con le Rsu e le organizzazioni sindacali si è raggiunta l’intesa. L’accordo è stato firmato senza la clausola che prevede la totale discrezionalità nella distribuzione dei premi. Tolta anche un altro passaggio che imponeva, per la prima volta, ai 200 tecnici-amministrativi dell’Ateneo bergamasco di dover dividere i già pochi fondi rimasti sul salario accessorio con gli impiegati di più alto livello. Per loro è stato previsto un aumento a parte (anche in questo caso il primo dopo tanti anni).
Quella del “divide et impera” sul salario è una logica che nella pubblica Amministrazione va avanti da anni. Lo stipendio si misura con i “pagellini” per premiare i più “bravi”. In pratica se prendi un bel voto ricevi più soldi di un tuo collega, e a fine anno puoi prendere anche diverse centinaia di euro in più (a parità di ore lavorate). Gli scatti di livello non vanno più in automatico ma sono sottoposti al giudizio del Responsabile che valuta i sottoposti. In alcuni uffici è determinante l’apporto di finanziamenti privati, che con il meccanismo del conto terzi, determina disparità di stipendio tra lavoratori dello stesso livello che arrivano a superare i 3000 euro.
Dopo la campagna dell’ex ministro Brunetta sui “fannulloni” c’è chi ha subito approfittato per premere sull’acceleratore delle disuguaglianze. Come ormai spesso succede l’Università di Bergamo si è dimostrata tra i “pionieri” degli Atenei italiani nell’applicazione delle misure punitive per i lavoratori. Nel 2009, a soli tre mesi dal varo della famigerata Riforma Brunetta, i lavoratori bergamaschi erano gli unici in Italia a vedersi togliere una parte di salario in busta paga (indennità mensile). La litania più ricorrente ai tempi ripeteva con ossessione che, a causa (o grazie) alla Riforma Brunetta, non si sarebbe mai più potuto corrispondere premi “a pioggia” slegati dal meritocratico “pagellino”. Insomma non più premi uguali per tutti ma divisi in base a un presunto “merito”. Che spetta ovviamente ai vari capi stilare. Qualcuno all’epoca preferì fingere di crederci e si affrettò a firmare un accordo che sanciva la scomparsa dell’indennità mensile. Ma l’ossessivo ritornello del “cambio epocale” voluto da Brunetta si dimostrò presto molto lontano dal vero. Al di là dell’angusto recinto orobico gli Atenei continuavano come se nulla fosse ad applicare (giustamente) quanto previsto dal Contratto nazionale: premi per tutti su base mensile.
A tornare nelle tasche dei lavoratori con l’accordo di settimana scorsa è proprio l’indennità mensile. A riprova del fatto che qualcuno anni fa aveva voluto “forzare” troppo la mano e precorrere i tempi. E’ un piccolo aumento, ma anche questo utile ad arrivare a fine mese. Del resto le bollette, i mutui e le altre spese non aspettano.
Ma con l’accordo firmato settimana scorsa i lavoratori dell’Università portano anche a casa più di 300 euro di aumento annuale. E’ un piccolo aumento. Ma è un incremento tutt’ altro che trascurabile, se si pensa che lo stipendio è bloccato come in tutta la pubblica amministrazione ormai dal 2008 e che il Governo Letta ha appena deciso il blocco anche per tutto il 2014.
L’aumento è del resto del tutto giustificato, se si pensa che l’Ateneo locale ha il più basso rapporto tra personale e docenti (30% in meno rispetto alla media nazionale) e che in questi anni l’Università ha potuto risparmiare proprio grazie ai tagli sul personale (dai buoni pasto alle chiusure obbligatorie, dalle assenze di lungo periodo non più sostituite fino ai rimborsi delle trasferte, alle mancate assunzioni etc …). Non dimentichiamo inoltre che l’Università di Bergamo ha i conti in ordine e un bilancio in attivo.
Per i lavoratori ci sono insomma più soldi in busta paga. Ma forse ciò che più conta è l’insolita inversione di tendenza che ha visto i lavoratori dell’Università uniti per rivendicare migliori condizioni per tutti.
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