Immaginate se un giorno i call center non rispondessero alle chiamate, se i trasporti non funzionassero, se le case editrici che sfruttano il lavoro precario fossero bloccate, se le fabbriche chiudessero, se la rete ribollisse di sabotaggi, se gli hacker fermassero le reti delle grandi aziende, se i precari si prendessero la casa che non hanno, gli spazi che gli sono negati. Immaginate se i precari e le precarie incrociassero le braccia, diventassero finalmente protagonisti e dimostrassero che sono forti: il paese si bloccherebbe.
È così che immaginiamo lo sciopero precario, che è stato al centro della terza edizione degli Stati Generali della Precarietà, che si sono tenuti a Roma dal 15 al 17 aprile. Centinaia di precari e precarie ne hanno discusso, per fare sì che uno sciopero precario non sia più un ossimoro, cioè un’espressione che contiene due parole inconciliabili tra loro: sciopero e precario. Perché si sa, i precari non possono scioperare: sono soggetti a ricatti troppo grossi, hanno interiorizzato la sconfitta e la sottomissione al volere delle aziende, sono addirittura i datori di lavoro di se stessi, sono ricattati dal contratto di soggiorno per lavoro e dal razzismo istituzionale. Non vorranno davvero osare ciò che nessuno riesce nemmeno a immaginare.
Eppure… eppure a Roma abbiamo parlato di come riprenderci il diritto allo sciopero, di come usarlo per esigere un nuovo welfare del desiderio e non solo del necessario, che deve basarsi sul reddito incondizionato e universale, slegato dalla prestazione lavorativa, su una flessibilità scelta e non imposta, sull’accesso ai beni comuni, ai nuovi diritti e ai servizi per tutte/i, sul permesso di soggiorno slegato dal contratto di lavoro. Si tratta di una questione di libertà di scelta, di uscita dal ricatto della precarietà, di immediata redistribuzione della ricchezza. Abbiamo parlato di utopia, rifiuto, cooperazione, libertà di movimento.
Una cosa è chiara a tutte/i: il tempo di quella che abbiamo chiamato “narrazione della sfiga” è finito. La condizione precaria è sotto gli occhi di tutti, non c’è più bisogno di parlare dei nostri problemi individuali. È ora di passare all’attacco per dimostrare che la precarietà può fare male non solo a chi la subisce ma anche a chi la sfrutta. Dalla narrazione si deve passare all’esplosione della rabbia precaria.
È finito il tempo in cui la condizione di precarietà ci veniva presentata come una cosa temporanea, necessaria a preservare i diritti dei “garantiti” che oggi (vedi Mirafiori e Pomigliano) garantiti non sono più. È anche finito il tempo delle divisioni imposte, che vogliamo far saltare. La precarietà infatti è una condizione comune che può dividere, e la prima divisione da superare è quella tra migranti e nativi, rompendo lo scandaloso isolamento che i migranti vivono nei luoghi di lavoro e nella società e interrompendo il circuito che li rende clandestini. Lo sciopero precario, per la prima volta, colpirà i profitti delle aziende che ci precarizzano e sfruttano, che peggiorano ogni giorno le nostre condizioni di vita. Lo sciopero precario sarà il momento in cui l’intelligenza, i saperi, i trucchi e gli sgami di precari e precarie si rivolteranno contro chi li precarizza, e il lavoro migrante contro chi lo sfrutta.
Sarà lo sciopero dei precari ma soprattutto uno sciopero che nasce nella precarietà e si rivolge contro la precarietà. Un momento in cui, per la prima volta, non saranno precari/e e movimenti sociali ad allargare e generalizzare lo sciopero dei sindacati, ma in cui si chiederà ai sindacati di generalizzare e rendere possibile uno sciopero in cui i precari non sono solo società civile o testimonial ma pienamente protagonisti. Uno sciopero indipendente, che coltivi l’autonomia e la ricchezza delle pratiche quotidiane dei precari ma che si colleghi anche ai conflitti che stanno agitando tutta l’Europa. Uno sciopero fatto di cospirazione, di cooperazione, di forme creative per colpire le aziende tutelando i lavoratori ricattati, di blocco dei flussi di informazione e merci delle metropoli, cioè dei luoghi più alti di accumulazione e alienazione. I precari e le precarie vogliono ribadire che le loro condizioni sono al centro dei processi di creazione di profitto. E vogliono far sapere al paese che possono far male, colpire i profitti, creare un problema a chi li sfrutta. Pretendono di essere ascoltati.
A Roma si sono riuniti in workshop aperti e partecipati precari e precarie di decine di città, provenienti dai call center, dall’editoria, giornaliste, informatici, migranti, operaie, lavoratori del terzo settore, chi fa lotte per il diritto alla casa, chi riflette sulle questioni di genere e chi su un nuovo welfare possibile. Questa terza edizione degli Stati Generali ha coinvolto undici città da nord a sud della penisola, creando uno spazio aperto e inclusivo di cooperazione e relazione nazionale che vogliamo allargare ad altri soggetti che hanno voglia di sciopero precario. Da domani comincia il vero lavoro di preparazione dello sciopero precario, e da domani la nostra rete comincerà a esprimere in ogni occasione utile le nuove pratiche che l’intelligenza dei precari saprà mettere in campo: un processo di accumulazione in cui tutti/e siano coinvolti per comunicare, spiegare, costruire questo percorso attraverso laboratori cittadini per lo sciopero precario e reti nazionali tematiche. In attesa di aprire una piattaforma comunicativa condivisa di coordinamento, informazione e condivisione, le informazioni sugli Stati Generali e lo sciopero precario si troveranno su precaria.org e indipendenti.eu.
Inoltre abbiamo condiviso alcuni appuntamenti che attraverseremo per segnare il cammino verso lo sciopero precario:
* MayDay del primo maggio di Milano come momento di visibilità nazionale per tutta la rete e di lancio dello sciopero precario;
* il 26 e il 27 Maggio, giornate di mobilitazione internazionale contro l’austerity in occasione del G8 in Francia;
* una giornata di lotta dei e con i migranti contro l’attuale regime dei permessi di soggiorno, contro il razzismo di stato e per la regolarizzazione;
* un’assemblea degli Stati Generali a giugno, all’interno e in sostegno al Climate camp di Milano;
* un incontro nazionale di verifica comune del percorso e di preparazione dello sciopero precario entro settembre, preferibilmente in una città del sud.
Lo sciopero precario è una parola d’ordine che si moltiplica, una pratica da riempire di senso, un’idea che mette in movimento. Lo sciopero precario è quello di cui abbiamo bisogno. È quello che vi chiediamo di contribuire a rendere possibile.
17 aprile 2011 – I precari e le precarie riuniti a Roma nella terza edizione degli Stati Generali della Precarietà