Sul convegno sull’autorecupero del patrimonio in abbandono. Roma 27/28 febbraio 2010
Con questo titolo si potrebbe riassumere il convegno che si è svolto a Roma il 27 e il 28 Febbraio sul tema dell’autorecupero, a fini abitativi, del patrimonio in disuso.
Partendo dal racconto di un’esperienza pratica che dodici anni orsono, nel 1998, portò alla prima legge italiana, approvata dalla regione Lazio, è stato ricostruito attraverso passaggi rivendicativi, istituzionali, normativi, l’iter che a portato la cooperativa Inventare l’abitare, nata dall’esperienza del Coordinamento cittadino di lotta per la casa, a pianificare otto progetti di autorecupero nella Regione (di cui due conclusi e altri tre in fase di consegna). Un racconto che suggeriva una possibilità altra di immaginare la metropoli.
La proposta dell’autorecupero consiste nel recuperare e valorizzare il patrimonio edilizio esistente (e in abbandono) a vantaggio dei cittadini e delle cittadine della Capitale in emergenza abitativa. Ciò potrebbe arrestare l’avanzata di costruzioni e cemento per migliaia di metri cubi nella periferia di Roma, scongiurando l’ennesima speculazione a vantaggio dei soliti noti, l’ennesima devastazione ambientale, l’ennesima deportazione degli abitanti in nuovi quartieri ghetto fuori dal raccordo anulare. Gli autorecuperi, infatti, sono progettati su stabili precedentemente occupati e abitati dai movimenti per il diritto all’abitare, dove gli inquilini tornano da autorecuperanti una volta conclusi i lavori.
Questo significa chiaramente porre attenzione alla qualità e alla sostenibilità della nostra vita e, di conseguenza, alla scelta di tecnologie di bioedilizia, di valorizzazione delle energie rinnovabili, di coesione ed integrazione del tessuto sociale.
La possibilità creata da una legge regionale, voluta dai movimenti e da una parte ricettiva delle istituzioni regionali e comunali, rappresenta uno strumento concreto che apre prospettive nuove sia nella pratica che nei principi. Nel convegno si sono confrontate diverse esperienze, da Abitare 2000 alla Cooperativa Corallo, che hanno raccontato metodi differenti, autocostruzioni e meccanismi economici, difficoltà e soluzioni. Dinamiche che sono state toccate con mano anche nella seconda giornata dell’incontro, quando si sono aperte le porte dell’autorecupero di via Colomberti, a Serpentara (Salaria). Qui una sorta di visita guidata ha accompagnato i partecipanti in una vecchia scuola che, dopo anni di lavori, è divenuta un condominio con 12 appartamenti circondati da un giardino e dagli impersonali palazzi della Serpentara.
Nuove prospettive e possibilità si sono intraviste, le stesse che da anni chi amministra i nostri territori continua a non considerare, ostacolando l’autorecupero con prepotenze e lungaggini burocratiche, dimostrandosi impegnato a regalare questo immenso patrimonio ed enormi porzioni di città agli speculatori. Di questo le amministrazioni dovrebbero assumersi la responsabilità, spiegando a tutti i cittadini perché continuino a sprecare milioni di euro per sgomberi, residence in assistenza alloggiativa, bonus all’affitto, insomma per regalare risorse pubbliche ai privati, quando esiste uno strumento economico come l’autorecupero, realizzato con la cooperazione dei futuri inquilini. Ma soprattutto dovrebbero spiegare perché non vogliono realizzare o dirigersi verso quello che i movimenti reclamano da anni, un nuovo diritto di cittadinanza: il diritto all’abitare.