Lettera aperta per la libertà di movimento

di Rafael Di Maio*

Quello che sta avvenendo nell’ultimo periodo è degno di nota e di riflessione se ancora si hanno a cuore gli spazi di democrazia reale e di agibilità politica in questa piccola parte di mondo. Ancor di più dovrebbe interessare chiunque voglia ancora opporsi ed alzare la testa di fronte alla dilagante e sistematica svolta autoritaria intrapresa dal nostro paese negli ultimi anni.
Scriviamo dalla condizione imposta della custodia cautelare che ha colpito noi dopo gli arresti e le carcerazioni durante le contestazione del G8 della crisi tenutosi in Italia nello scorso luglio e che ancora ci obbliga alla firma quotidiana. Un G8 2009 di repressione preventiva, gogna mediatica e carcere duro che ha colpito tutti coloro che vi si sono opposti con diverse pratiche e molteplici percorsi e che hanno animato i movimenti sociali contro la crisi che il senato globale neoliberista ha provocato e determinato nei primi scorci del nuovo millennio.
Quello che abbiamo assaggiato a luglio è ciò che si prepara per i movimenti sociali nel prossimo autunno.
Un trattamento particolare già avviato da tempo dentro quel generale laboratorio repressivo che i poteri dello Stato e dei centri di comando hanno inteso attuare all’interno di una profonda svolta autoritaria, cresciuta culturalmente e sedimentata, particolarmente in Italia, all’ombra della crisi economica che da qualche anno in forma epocale travolge e ri-significa lo spazio politico ed il tempo economico.
All’interno della dimensione globale e post/statuale si va costituendo ovviamente anche in Italia la forma dell’eccezionalità sulla norma, nel senso specifico della sospensione dell’ordinamento che la sorregge, trasformando in prassi consolidata la gestione autoritaria della crisi economica e sociale.
Nella crisi economica a cui corrisponde la crisi della politica e della sua rappresentanza formale, prende forma la crisi della cittadinanza e dei suoi fondamentali diritti.
La penalizzazione delle lotte sociali, dell’agibilità politica dei movimenti indipendenti, il bavaglio mediatico imposto alle opposizioni, il controllo poliziesco sugli attivisti, significano molto di più e rappresentano un tratto ancor più inquietante se considerati all’interno nel contesto politico e sociale più generale nel quale si ascrivono.
Dalle manifestazioni contro il Global Forum di Napoli nel 2001, tanto per prendere una data significativa nella storia recente delle lotte contro la globalizzazione neoliberista, la repressione sta colpendo ampi settori sociali, dai lavoratori in sciopero con migliaia di precettazioni, dalle cariche della polizia sui blocchi stradali di cassaintegrati e disoccupati agli sgomberi e agli sfratti delle case (e giù botte agli occupanti alle loro manifestazioni, distribuendo obblighi di firma, come fossero caramelle).
E ancora, dal sovraffollamento delle carceri, di cui la stragrande maggioranza della popolazione è ancora in attesa di giudizio all’applicazione infame del pacchetto sicurezza e delle leggi razziste che con gli illegali e famigerati CIE, contribuisce a rendere nauseabondo il clima che questo governo ci vuole far respirare. E poi la repressione sugli studenti, sui comitati territoriali contro le grandi opere e le speculazioni, sugli ultras, assunti già da diversi anni come cavie sociali nel grande laboratorio della repressione. Insomma, alle carcerazioni preventive per il G8 dell’università a Torino, Napoli e Padova e per quelle attuate a Roma nel giorno dell’accoglienza ai grandi della terra, si arriva solo dopo una lunga ed interminabile trafila di episodi e storie di quotidiana repressione ed intimidazione del dissenso e dell’opposizione sociale che si stanno succedendo costantemente e che con la riforma del processo penale ipotizzato dal governo si moltiplicheranno a dismisura.
Urge quindi una presa di parola. Urgono spazi di confronto e di discussione.
Oltre l’indignazione è necessaria l’attivazione, il protagonismo sociale, l’iniziativa politica. È necessario aprire una vasta ed ampia campagna informativa che quantifichi la dimensione del processo autoritario in corso e ne denunci le condizioni, i metodi e le responsabilità politiche.
È altrettanto necessaria una campagna comunicativa, una manifestazione dislocata e nazionale che dia voce alla libertà di opporsi e di resistere, alla libertà di vivere e di non sopravvivere, al diritto naturale e profondamente radicato nell’uomo di pensare liberamente e di lottare per la condivisione dei beni comuni. Infine è necessario che i movimenti a partire dalle realtà più giovani siano capaci di ristabilire le giuste connessioni per non subire passivamente la difficile stagione che attende tutti scandita dal dividi et impera. In sostanza ed oltre gli slogan, è necessario e vitale difendere e rilanciare per tutte e tutti, la libertà di movimento.

*tra gli arrestati a Roma durante il G8 del Luglio_2009

Roma, Italia, agosto 2009

http://altronline.it/node/842

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