Introduzione sulla crisi economica USA
“La crisi finanziaria si sta ripercuotendo sull’economia mondiale generando – attraverso il calo della ricchezza e della disponibilità di credito e il deterioramento del clima di fiducia di consumatori e imprese – una contrazione del prodotto nelle economie avanzate a cui si associano ampie perdite di posti di lavoro, e un forte rallentamento in quelle emergenti colpite anche da una netta riduzioni dei flussi internazionali di capitale. Il commercio mondiale registra, per la prima volta dopo un quarto di secolo, una forte caduta che riflette anche la ridotta disponibilità di crediti commerciali”.[1]
Il rallentamento complessivo dell’economia mondiale è confermato dalla profonda ed inconfutabile contrazione del PIL statunitense che nell’ultimo trimestre del 2008 ha registrato un calo pari al 6,3% derivato dalla forte contrazione degli investimenti produttivi e delle esportazioni. Nei primi mesi del 2009 l’attività economica ha continuato a contrarsi, determinando un calo progressivo dell’occupazione. Infatti nell’area OCSE tra il 4° trimestre del 2008 e il primo trimestre del 2009 si sono persi complessivamente 2.000.000 di posti di lavoro. Lo stesso OCSE prevede una contrazione dell’attività economica per tutto il 2009 con una media di caduta tendenziale pari al 4%. A questa grave condizione strutturale in cui versa l’economia mondiale a partire da quella statunitense ha corrisposto un forte deterioramento della capacità di spesa delle famiglie stante anche la riduzione della disponibilità di credito bancario nei confronti del sistema dei consumi. “La ricchezza netta delle famiglie è scesa a fine dicembre del 2008 attorno al 480% del reddito disponibile, circa 50 punti percentuali in meno rispetto alla fine di settembre e 170 punti in meno rispetto al picco raggiunto nel giugno del 2007”[2]. Questo dato va unito e congiunto sotto un profilo di analisi ad altri due fattori specificatamente significativi per le famiglie ed il loro potere di acquisto. Ed è esattamente la percentuale di crescita progressiva dell’indebitamento delle famiglie a preoccupare gli analisti che con il progressivo aumento dei prezzi e con un ridotto potere d’acquisto del salario reale sottodimensionato alla media europea indicano la ricchezza netta delle famiglie verso una progressiva caduta.
Nell’area UE
Il PIL nell’area euro nel 2008 è cresciuto dello 0,8% contro il 2,6% del 2007. Nel primo trimestre del 2009 il quadro generale è in netto e progressivo peggioramento rispetto alle stime previste. Infatti “il calo rilevato pari all’1,6% rispetto al trimestre precedente rappresenta la variazione negativa più consistente da quando esiste l’Unione monetaria della UE”[3]. All’inizio di quest’anno le previsioni sull’andamento del PIL nell’area OCSE sono state tutte riviste al ribasso e le stime negative ormai comprendono anche tutto l’anno solare del 2010.
Nello specifico contesto italiano nel quarto trimestre del 2008 il PIL è diminuito dell’1,9% sul periodo precedente rappresentando il calo più forte dal 1974/75. “Le revisioni al ribasso delle prospettive di crescita mondiale e le incertezze sui tempi della ripresa economica alimentano il pessimismo delle imprese e deprimono l’attività di accumulazione. Le decisioni di spesa delle famiglie restano assai caute, riflettendo i timori di un ulteriore peggioramento delle condizioni sul mercato del lavoro”[4].
“Gli analisti intervistati a metà Marzo da Consensus Forecasts si attendono per l’Italia una contrazione media dell’attività economica del 2.8% nell’anno in corso (con rischi al ribasso) e una crescita appena positiva dello 0.3% nel prossimo; le previsioni dell’OCSE diffuse alla fine dello stesso mese indicano un calo del 4.3% nel 2009 (peraltro nell’ipotesi di una riduzione del commercio mondiale senza precedenti) e ancora dello 0.4% nel 2010”.
Il Mercato del lavoro
Nello specifico del MDL la contrazione economica ha avuto i suoi riflessi negativi a partire sia dalla riduzione delle unità di lavoro impiegate nell’industria come negli altri settori economici sia dall’aumento delle richieste d’indennità di disoccupazione presso l’INPS sia delle ore formalmente richieste per la Cassa integrazione guadagni ordinaria. Nello specifico, nel primo trimestre l’incidenza degli occupati equivalenti in CIG ordinaria sul totale ha raggiunto il 3.3%, ovvero il valore più elevato dal 1993.
Il MDL in Italia dopo una sostanziale crescita registrata negli ultimi dieci anni si trova per la prima volta in netto rallentamento contenuto solo da una crescita parziale del dato disaggregato dell’occupazione femminile che registra per i contratti a termine una lieve tenuta. Ma secondo una rilevazione fatta da Banca d’Italia e Sole 24 ore presso un campione rappresentativo di aziende con almeno 50 dipendenti è proprio la forza lavoro a termine la composizione che pagherà la recessione economica intermini inconfutabili: tra le aziende ben il 70% prevede di non rinnovare i contratti a termine di aumentare il ricorso alle ore di CIG ordinaria e straordinaria e che ben il 90% prevede un blocco delle assunzioni per tutto l’anno in corso.
In aggiunta basti pensare che i dati reali disponibili nella Provincia di Roma sulle assunzioni del 1° quadrimestre del 2009 registrano sul totale delle 200.000 contrattualizzazioni avviate, ben il 75% come tempo determinato.
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[1] Bollettino economico della Banca d’Italia n° 56, pag. 7
[2] Cfr. Bollettino economico della Banca d’Italia n° 56, pag. 20-21
[3] Bollettino economico della Banca d’Italia n° 56, pag. 24
[4] Bollettino economico della Banca d’Italia n° 56, pag. 27