Genova - Facolta di Lettere e Filosofia occupata
Per scaldare l'autunno... Per scaldare le nostre vite
Abbiamo deciso di occupare alcuni spazi di Balbi 4.
Siamo qui per lottare, siamo qui perché abbiamo bisogno di un luogo per discutere, per organizzarci. Perché non possiam continuare ad accettare passivamente i progetti da incubo dei nostri governanti, dall'università al mondo del lavoro, dalla “sicurezza” al razzismo sugli immigrati, dalle guerre “umanitarie” ai morti nei cantieri, nelle carceri, nelle caserme.
Rifiutiamo di riproporre le categorie con cui abitualmente ci differenziano per mantenerci separati, disuniti e quindi inoffensivi.
Studenti, lavoratori, disoccupati, precari, giovani o meno giovani, italiani o stranieri: non viviamo tutti le stesse condizioni, le nostre vite – e i nostri problemi – non sono identiche, ma siamo tutti sottomessi allo stesso sistema che sfrutta, opprime e umilia ogni forma di vita.
L'Italia è in guerra, con truppe d'occupazione in 33 paesi del mondo.
Lo Stato respinge gli immigrati e i loro barconi della disperazione, spesso provocando stragi, mentre quegli stessi flussi migratori che si contrastano sono determinati anche dalle guerre cui il nostro paese partecipa.
Negli ultimi undici anni (dal 1998 con la legge “Turco-Napolitano”) i governi di sinistra e di destra succedutesi nel paese hanno istituito moderni Lager in cui vengono deportati e rinchiusi per mesi quegli stessi immigrati, perché privi di documenti. Questi luoghi (C.I.E., ex C.P.T.) sono una continua polveriera in cui i reclusi tentano ogni strada per raggiungere la libertà, scatenando rivolte ed evasioni.
La loro economia è in crisi e questo, come sempre, significa che a pagarne le conseguenze saranno i poveri, gli sfruttati, con licenziamenti, carovita, aumento di mutui e affitti e una sempre più diffusa insicurezza sociale, paura. Il pacchetto sicurezza e altre norme e modifiche in materia di ordine pubblico, vanno lette anche in quest'ottica: una sorta di autodifesa preventiva per eventuali e probabili conflitti sociali a venire.
Da anni infatti è in atto un processo di irregimentazione sociale: le telecamere ad ogni angolo, il poliziotto di quartiere, gli squadroni notturni a pattugliare le strade – ma anche i tentativi di Brunetta di combattere l'assenteismo sul lavoro - fino alle norme comunali più recenti e deliranti: i cancelli a chiudere alcuni vicoli, gli orari e le vie in cui si può o non si può bere una birra e circolare con una bottiglia.
Niente che sconvolga da un giorno all'altro le nostre vite, ma un lento condizionamento per abituarci ad essere sorvegliati, controllati nel nostro vivere quotidiano, cosicché ci appaia naturale, un giorno, avere dei militari in divisa mimetica e armati a chiederci i documenti, o a sedare una rivolta in un C.I.E. e un domani, chissà?, a sciogliere un picchetto operaio.
Di fronte alla miseria delle nostre esistenze, alla miseria sociale, economica e culturale, di fronte alla paura che il sistema produce quello che ci offrono è una sicurezza fatta di repressione, controllo e razzismo di Stato.
Ma la loro sicurezza uccide.
Quando non lo fa nei C.I.E., nei cantieri (1200 morti all'anno), nelle carceri (150 all'anno), nelle caserme e nelle strade con pallottole e manganelli, ci uccide giorno dopo giorno, di lavoro, di noia, di tristezza.
Quando non uccide ci abitua a non vivere.
Nel loro ordine non c'è gioia possibile, per cui non ci resta che costruircela, che conquistarcela.
Cominciamo col prenderci gli spazi di cui abbiamo bisogno, per conoscerci, discutere, per incontrare complici, per (auto)organizzarci e ripartire.
In un momento in cui, per esempio, le università vengono sempre più “aperte” ai privati, alle multinazionali, ai padroni, non vediamo perché non aprirla – noi, occupandola – a chiunque, nell'Italia odierna, senta la necessità di agire, di opporsi, di costruire altro, un altro forse tutto da inventare.
Non lottiamo solo per sete di giustizia, non solo contro l'orrore che ci stanno costruendo attorno, ma per la volontà di vivere, di essere felici, di mettere in campo i sogni che portiamo nei nostri cuori.
SOLIDARIETA' A TUTTE LE REALTA' IN LOTTA
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