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by nick Thursday October 02, 2003 at 02:58 PM mail:  

UN ALTRO MONDO E'IMPOSSIBILE

UN ALTRO MONDO E' IMPOSSIBILE,
è questo che vogliamo liberare


1. Paragrafo
L¹IMBROGLIO DELLA GLOBALIZZAZIONE

La globalizzazione viene spacciata dai suoi paladini come come una
nuova epoca dell'oro, per la destra è una ³manna dal cielo², per la sinistra
una "scopa di Dio". Per entrambi essa è presentata come un processo
naturale, una tappa ineluttabile del progresso storico davanti alla quale gli
uomini non possono che soggiacere.
Se questa concezione del mondo è falsa, poiché sono gli uomini a fare
la storia e a decidere del loro destino, non viceversa, il mito della
globalizzazione si rivela come un colossale imbroglio.
Scienziati autorevoli, osservando i processi di degrado della biosfera,
affermano che «Tra un secolo, di questo passo, il pianeta Terra sarà
mezzo morto e gli esseri umani anche».
La distruzione dell¹ecosistema che minaccia da vicino la vita sulla
terra e quindi il futuro dell¹umanità, non è frutto di una maledizione divina,
né, come alcuni affermano, dell¹esplosione demografica. La
sovrappopolazione è, al pari dell¹inquinamento forsennato, una conseguenza del modo di
produrre capitalistico, del folle meccanismo per cui tutto deve essere
subordinato al profitto, al denaro, all¹opulenza e ad un livello di consumi
insostenibile perché incompatibile con l¹ecosistema. E¹ proprio ciò che gli apologeti
del sistema chiamano progresso o sviluppo la causa prima del rischio
mortale che incombe sulle civiltà. Si dovrebbe produrre l¹indispensabile e
consumare il necessario per vivere, invece il mercato è diventato un¹ immensa
discarica di merci il cui scopo non è soddisfare bisogni reali, ma rendere gli
uomini tossicomani del consumismo. La legge dell¹entropia ci obbliga a
rovesciare il paradigma antropocentrico per cui l¹uomo sarebbe al centro del mondo
e in virtù di questa posizione disporre della natura a suo piacimento. Per
quanto specie superiore esso è solo una parte della natura e con non essa deve
recuperare una relazione di equilibrio e simbiosi.
I guasti sociali della cosiddetta globalizzazione, ovvero del capitalismo
mondializzato, non sono meno devastanti. Se l¹Occidente ha ancora un
altro secolo prima di precipitare nell¹abisso, i quattro quinti dell¹umanità
ha già varcato questa soglia.
Noi non neghiamo l¹evidenza, che cioè il sistema capitalistico conservi
un dinamismo che gli consente di sviluppare le forze tecniche e produttive.
Notiamo che questo sviluppo è regressivo oltre che sperequato, poiché
distrugge a due livelli le basi stesse della vita: saccheggiando
irreversibilmente le risorse naturali da una parte e, dall¹altra, gettando la maggioranza delle persone in condizioni di vita indegne e disumane, le quali fuggono come possono
dalla barbarie per cercare un rifugio nell'Occidente opulento.
Ma questo rifugio inizia a traballare. La mondializzazione non solo non incoraggia uno sviluppo degno di questo nome nei paesi che il colonialismo aveva rapinato, produce anche in
Occidente nuove ingiustizie, diseguaglianze, esclusione sociale, l¹emarginazione
di chiunque non sia in grado di partecipare o non voglia partecipare alla
folle corsa in nome del progresso capitalistico.


2. Paragrafo
GLI USA SONO IL PRINCIPALE NEMICO DA BATTERE


Invece di farsi da parte il capitalismo mondializzato, ben lungi dal
mollare la sua presa sul mondo, accentua i suoi tratti dispotici e
assolutistici. Il sistema imperialistico, contrariamente a quanto affermano certi
futurologi che lo descrivono come una struttura orizzontale, senza centro e
periferia, è invece un organismo gerarchico, piramidale, di cui gli Stati Uniti
d¹America rappresentano al contempo il nucleo, l¹epicentro e il cervello.
Essi detengono tutte le principali leve di comando nei vari campi in
cui si decidono le sorti dell¹umanità; economico-finanziario,
tecnologico-scientifico, militare, delle comunicazioni di massa.
Colpiti l¹11 settembre nei loro simboli più sacri ‹la ricchezza smodata,
l¹onnipotenza militare, il dispotismo invulnerabile‹ gli Stati Uniti
d¹America, invece di fare un passo indietro, si sono gettati in una
isterica offensiva militare per rafforzare la loro supremazia mondiale.
L¹aggressione all¹Iraq del 1991 era solo un antipasto. Da allora, chiunque sia stato
alla Casa Bianca, ha insistito in un¹offensiva a tutto campo, politica,
diplomatica e militare, allo scopo di imporre, anche agli alleati, la
propria supremazia. Qualsiasi paese che non sia disposto a diventare
succube degli Stati Uniti, che non accetti di rinunciare alla sua
sovranità, deve essere spazzato via. Qualsiasi movimento di resistenza che osi
sfidare l¹imperialismo è messo sulla lista nera del terrorismo internazionale.
L'Imperatore in pectore si e' arrogato il diritto di colpire come
vuole, quando vuole, dove vuole, calpestando senza esitazione ciò che resta
del Diritto e della legalità internazionali.
Siamo davanti ad un colossale piano di destabilizzazione terroristica
del pianeta, ovvero dentro una guerra mondiale, sistemica, ininterrotta. La
Casa Bianca dichiara apertamente il suo disegno strategico. Apparentemente
questo disegno consiste nella difesa dell¹attuale ordine monopolare emerso
dopo l¹implosione dell¹URSS. In realtà la dottrina della ³guerra preventiva
permanente² nasconde un obbiettivo più ambizioso: quello di forgiare
(come sancito dal "Progetto per il Nuovo Secolo Americano" -PNAC) un vero e
proprio Impero a stelle e strisce. Un Impero che, per la prima volta
nella storia, non avrebbe confini e in cui le diverse nazioni, pur
conservando una formale autonomia, sarebbero ridotte al rango di province asservite e
dipendenti.
Siamo adesso nella fase iniziale, di incubazione. Per ora gli U.S.A. si
limitano a colpire i bersagli più facili, cioè i più poveri, male armati ed
isolati fra i cosiddetti "Stati canaglia", cioè quei paesi che non
hanno intenzione di rinunciare alla loro sovranità nazionale, non senza
cercare di spazzare i movimenti antimperialisti e di liberazione attivi in diversi
paesi. In un futuro non troppo lontano, la stessa sorte potrebbe
toccare anche alla Cina, all¹Europa, alla Russia, se queste potenze regionali
non accettassero di sottomettersi. Gli U.S.A. vogliono trasformare l'intero
pianeta nel loro ³cortile di casa².
E¹ dunque iniziata una partita epocale, che sarà lunga e sanguinosa,
poiché l¹Impero americano, più di quelli che l¹hanno preceduto, può
costituirsi solo attraverso un¹intera epoca di guerre e di catastrofi. Nessun
popolo che abbia una dignità accetterà mai di diventare schiavo e lotterà con ogni
mezzo prima di essere sopraffatto. Oltre a quella cubana, l¹indomita
lotta palestinese è un esempio per noi e un monito per i nordamericani, che
proprio in Iraq, nonostante la momentanea vittoria, devono fare i conti
con una crescente resistenza armata che chiede apertamente il loro
immediato ritiro dal paese.

3. Paragrafo
CONTRO L'AMERICANISMO

Di contro alla tesi per cui l¹Amministrazione Bush sarebbe solo un
incidente di percorso (un ³colpo di Stato²), noi pensiamo che il gruppo di
neo-conservatori insediati alla casa Bianca, pur in forme che potranno
cambiare, esprime gli interessi strategici del blocco dominante negli
USA.
Il punto di forza di questo blocco è che esso non è formato solo dalle
grandi corporations, esso ingloba infatti vastissimi settori della
società nordamericana, arroccati attorno alla consapevolezza che l¹opulenza
americana, possibile solo grazie al saccheggio imperialistico, debba
essere difesa con la forza in ogni luogo del pianeta. I plebei nordamericani
non sono la medesima cosa che i patrizi, ma davanti alla rivolta degli
schiavi essi hanno sino ad oggi preferito l¹alleanza coi patrizi medesimi.
Spezzare quest¹alleanza è uno degli elementi decisivi della lotta
antimperialista.
Questo blocco, costitutivamente imperialista, oltre a comuni interessi
ha una medesima visione del mondo. Sono gli stessi lacchè della Casa
Bianca ad aver dato un nome a quest¹ideologia: Americanismo. Essa si fonda sul
presupposto per cui gli Stati Uniti avrebbero una ³missione speciale²
da compiere: quella di uniformare il mondo imponendo, assieme al loro
sistema di vita il pensiero in cui si rappresenta.
Questa fanatica pretesa non nasconde la sua stretta parentela con la
tesi sionista del ³popolo eletto². Anche in Europa, chiunque si opponga a
questa ideologia totalitaria, imperialista e razzista è bollato come
³antiamericanista² e per questo additato al pubblico ludibrio. Questa
martellante campagna ideologica, volta a silenziare ogni pensiero
critico, è tutta tesa a dimostrare che l¹impero americano sarebbe l¹ultimo e più
alto baluardo della civilizzazione umana, caduto il quale all¹umanità non
resterebbe che precipitare nella barbarie. Intellettuali di destra e di
sinistra, dopo aver decretato la fine delle ideologie e della storia,
dopo aver abbracciato il più nichilistico relativismo culturale, si sono
convertiti a questo fondamentalismo manicheo, si sono arruolati come
volontari nell¹esercito crociato a stelle e strisce urlando ai quattro
venti che gli USA stanno, malgrado tutto, dalla parte del giusto, e tutti i
suoi nemici dalla parte sbagliata.
I dogmi di questo culto sono il denaro, il consumismo, l¹individualismo,
il darwinismo sociale, il tecnoscientismo. Per strada questo pensiero si è
sbarazzato come di una zavorra di valori quali la giustizia sociale, la
libertà, la fratellanza, la solidarietà.
Occorre contrastare e battere questa deliberata e intossicante
falsificazione delle cose, consapevoli che quello dei noeconservatori
non è un mero ³pensiero reazionario², che si tratta di un ³pensiero forte²
che presume addirittura di essere rivoluzionario e futurista.
L¹americanismo è l¹ultimo baluardo ideologico del pensiero liberale e liberista,
l¹allegoria del capitalismo, la fede negli USA come insostituibile paese guida del
capitalismo internazionale.
Senza affatto dimenticare la storica lotta dei popoli latino-americani
in nome di un¹America libera contro quella dell¹imperialismo yankee, noi
rivendichiamo il diritto di essere, dirci e sentirci antiamericanisti.
Ove per antiamericanismo non intendiamo respingere in blocco i risultati
raggiunti dalla società statunitense, ma contrastare tutti i suoi
connaturati tratti imperialistici e razzisti, la sua pretesa di essere
³nazione eletta² (pretesa che non a caso lo stesso Hitler ammirava).
La difesa del diritto di ogni popolo a non essere inghiottito
nell¹Impero, ad autodeterminare il proprio destino, equivale a propugnare la
de-americanizzazione, la decontaminazione dall¹americanismo.


4. Paragrafo
DESTRA, SINISTRA E AMERICANISMO

Gli americanisti sono all¹offensiva in ogni campo, anche in quelli
politico, culturale e ideologico. Quest¹offensiva sta definitivamente demolendo
la secolare opposizione sinistra-destra. L¹americanismo ha tagliato
infatti in maniera trasversale i due tradizionali schieramenti. Mentre tutti i
principali leader politici fanno a gara a chi è più filo-americano
(Berlusconi scende in piazza con la bandiera a stelle e strisce ma
Rutelli o Pecoraro Scanio non sono da meno), nel campo culturale, gli
americanisti hanno arruolati in servizio permanente effettivo, intellettuali delle
più disparate provenienze. Attraverso reti TV, giornali, editrici e fondazioni
milionarie l¹americanismo è imposto ossessivamente come pensiero unico
e chiunque vi si opponga è considerato un nostalgico del passato, un
eretico da mandare al rogo. Impossibile stabilire chi sia più americanista:
Sofri o Ferrara? Scalfari o Veneziani? Negri o Ostellino? Ognuno di loro si
sceglie l¹aspetto che preferisce, ma alla fine tutti convergono in due punti:
il '900 europeo è stato un incubo e per fortuna nostra siamo entrati in
unanuova epoca storica, quella postmoderna; gli USA rappresentano la
spinta rivoluzionaria della globalizzazione, e chiunque dissenta è condannato
all¹ostracismo come un nemico del popolo nordamericano. E¹ la stessa
indegna operazione ordita contro chiunque sostenga la indomita lotta
palestinese, per cui se si è antisionisti si è inevitabilmente antisemiti.
Ma mentre sinistra e destra convergono al centro e competono per
accreditarsi come i migliori amici dell¹America di Bush, emergono, da
più parti voci anche autorevoli di dissenso.
Interpretiamo questi processi come i segnali che nasce una resistenza
alla tracotanza imperiale USA, come indicatori della consapevolezza che
l¹Europa è una zona di frontiera, forse il principale campo di battaglia in cui
si decidono il successo o la disgrazia dell¹Impero americano. Sta nascendo
uno schieramento antiamericano che è simmetricamente trasversale a quello
filo-americano. Queste voci di dissenso non vengono solo da ambienti
radicali, di destra e di sinistra, ma pure dal mondo liberale e da
quello cattolico. La tendenza ad una nuova polarizzazione politica è
ineluttabile, è un portato del pensiero unico americanista. Nel medio periodo la
scena politica tenderà a cristallizzarsi in due schieramenti opposti, pro e
contro gli USA: ogni corrente politica, necessariamente, sarà obbligata a
schierarsi. Non si tratterà solo di combattere la supremazia nordamericana.
Il nemico non e¹ solo al di là dell¹Atlantico. L¹americanismo è qui,
il nemico ce l¹abbiamo anche dentro casa. E¹ il sistema bipolare o bypartisan,
in cui destra e sinistra sono soci in affari, le due facce dello stesso
blocco di potere dominante asservito alla medesima oligarchia
capitalista che fa capo a quella USA.

5. Paragrafo
QUESTA EUROPA NON E' ALTERNATIVA ALL'AMERICA

V¹è una destra populista che si considera radicalmente antiamericana ma
il cui orizzonte e tutto schiacciato su un apparente realismo
geo-politico, sull¹idea che solo una Europa forte e riarmata, possibilmente alleata
della Russia, potrà battere l¹egemonismo della Casa Bianca. L¹Europa di cui
la destra parla non è solo quella Carolingia, ma quella odierna, strutturata su
basi capitalistiche (Maastricht). Un¹Europa capitalista che sgomiti per
avere un posto di prima grandezza nell¹arena mondiale non può che
essere imperialista a sua volta.
Noi respingiamo questa visione. Ci battiamo contro la supremazia
americana perché vogliamo farla finita con questo sistema, dunque non siamo
interessati ad essere arruolati come truppa ausiliaria di un imperialismo
contro l¹altro, non vogliamo fare la guerra per il Re di Prussia. Non
ci interessa sostituire ad un predone con un altro. Ci poniamo dal punto
di vista dei popoli oppressi. La loro liberazione dalla catene
imperialistiche non confligge solo con la supremazia nordamericana, ma con
l¹imperialismo in quanto tale, quale sia la sua bandiera. Il compito che ci poniamo è
costruire in Italia e in Europa un nuovo movimento politico di massa
che si stringa in una decisa alleanza con i popoli resistenti, quindi non al
servizio delle oligarchie europee, ma contro di esse. Queste oligarchie
sono oggi insofferenti alla supremazia americana, ma per decenni hanno
scelto di restare asservite a Washington consentendo all¹americanismo di prendere
piede e di dilagare. Non vanno cambiati solo i fattori, ma lo stesso risultato.
Il discorso della destra populista, che viene fatto proprio non solo da
ambienti europeisti liberali ma pure in quelli di certa sinistra di
tradizione riformista, oltre a vedere di buon occhio le ambizioni
vetero-imperialistiche europee, è falsamente realistico. Senza colossali
sconvolgimenti politici che portino al crollo del sistema bipolare
destra-sinistra, è una pia illusione sperare che avvenga uno sganciamento
dagli USA, e questi profondi mutamenti politici non avverranno senza
radicali sommovimenti sociali. E¹ questi che noi dobbiamo promuovere e
assecondare, nel contesto di un¹alleanza internazionale antimperialista
coi popoli del Sud del mondo.
Tutto questo non significa affatto che siamo indifferenti alla contesa
euroamericana. Moduleremo la nostra politica a seconda di ciò che é
vantaggioso alla resistenza antimericana e antimperialista, ciò che
implica sempre un¹analisi concreta della situazione concreta, cercando di
utilizzare le contraddizioni tra imperialisti per battere il nemico principale.
Né possiamo restare impassibili davanti al tentativo di alcune potenze
regionali di opporre, all¹ordine monopolare un ordine multipolare,
anzi. Non resteremo con le mani in mano, le svolte radicali sono sempre preparate
da mutamenti di minor entità. Siamo per un ordine multipolare, perché esso
rappresenterebbe una sconfitta per le smanie unilateraliste nordamericane, e
una simile sconfitta avrebbe effetti salutari per la lotta di liberazione
antimperialista e sarebbe un passo verso una Confederazione mondiale di
tutti i paesi e i popoli resistenti alla supremazia USA.
Da questa pietra angolare giudicheremo la politica europea, che sarà
sostenibile se, oltre a contrastare davvero gli USA, getterà un ponte
ai popoli del Sud del mondo e accetterà un¹alleanza fondata sulla pari
dignità, sulla solidarietà, e quindi sulla fine di ogni politica di rapina.


6. Paragrafo
LE ALLEANZE PER BATTERE L'IMPERO AMERICANO

Noi concepiamo la battaglia contro l¹imperialismo americano come una
lotta internazionale di liberazione, di cui i popoli oppressi sono oggigiorno
la vera forza motrice. Un¹analisi obiettiva della storia recente conferma
che è nei luoghi in cui la prepotenza nordamericana è più sfrontata, dove la
loro politica si fonda sull¹aggressione e il sopruso, che la resistenza è
non solo più accanita, ma a carattere di massa. La stessa speranza di
evitare la fondazione dell¹Impero americano sarebbe ferita a morte se queste
fiaccole di resistenza venissero spente. Nostro compito primario e immediato è
dunque quello di sostenere i movimenti di resistenza, quali che siano i metodi
che essi scelgono di adottare.
Ma queste lotte non possono sperare di vincere singolarmente, isolate,
senza un allargamento a scala internazionale del conflitto antimperialista.
Pur non essendo l¹Italia un paese di prima linea, noi riteniamo che la
costruzione qui ed ora di un movimento di resistenza all¹impero
americano e di un¹alleanza con tutti quanti condividono con noi che che gli USA
sono il nemico principale, sono i principali contributi che noi possiamo
fornire ai popoli oppressi. La loro sconfitta sarebbe quasi certa se non in
Occidente non sorgerà e rafforzerà una resistenza la più ampia e determinata.
Nella cornice della solidarietà stringente con le lotte dei popoli
oppressi, noi dovremo rianimare la fiaccola della speranza, di una nuova
saldatura tra Occidente e Oriente, tra i popoli resistenti del mondo, iniziando una
lotta di lungo respiro per colpire senza esitazione i simboli e gli interessi
nordamericani. Senza venir meno alle nostre idee e ai nostri presupposti,
dediti anzitutto a rafforzare il nostro movimento, dovremo essere
capaci di allargare quanto più possibile l¹opposizione antiamericana,
raggruppando tutti i soggetti e le forze che accettino di collaborare con noi, se
non per i nostri obbiettivi finali, almeno allo scopo di sconfiggere i nostri
nemici dichiarati: non solo gli USA, ma i loro alleati. Si può strappare l¹Italia
dal controllo nordamericano e riconsegnargli la sovranità nazionale, senza
fare alcuna concessione al nazionalismo alle classi dominanti, cioè alle
loro ambizioni imperialistiche.
Siamo dunque disposti a costruire un fronte di liberazione con chi, pur non
condividendo tutte le nostre idee, voglia chiudere le basi militari
USA, far uscire l¹Italia dalla NATO, ritirare le truppe italiane dai paesi in
guerra contro gli USA, battersi per la neutralità e il non allineamento, se
necessario anche uscendo dall¹Unione Europea. Chiedono dunque una radicale
ricollocazione del nostro paese a fianco dei popoli del Sud del mondo coi
quali vogliamo cooperare e non batterci per soggiogarli.


7. Paragrafo
STRATEGIA, TATTICA E MEZZI DEL NOSTRO MOVIMENTO

Il nostro Movimento è plurale. Entro il perimetro dei principi della
libertà, della fratellanza e dell¹eguaglianza, coabitano in esso diverse
concezioni del mondo e idee differenti su quale debba essere il punto di
approdo finale della nostra lotta. Ci unisce la consapevolezza che senza
battere l¹imperialismo americano tutti i discorsi sul futuro lontano del
mondo sono solo aria fritta. Il futuro prossimo è per noi tutti più
importante di quello lontano. Questo obbiettivo è difficilissimo e implica
da solo sforzi straordinari.
Definito l¹obbiettivo strategico che ci lega assieme, assieme stabiliremo le
tattiche, e i mezzi che dovremo darci per andare avanti. Il regime bipolare
tenterà in ogni maniera di far fallire la nostra iniziativa. I suoi mezzi
sono potenti. Non commetteremo l¹errore di sfidarlo in campo aperto, coi
metodi della lotta frontale ‹ terreno su cui il sistema avrebbe facile
gioco. Ci atterremo alle leggi costituzionali italiane (a maggior ragione in
un contesto in cui lo stesso Parlamento legifera spesso violandone il
dettato) che, per quanto ampiamente svuotate, ci assicurano, se non altro
sul piano giuridico-formale, il pieno diritto di batterci per le nostre idee
e scopi. La democrazia, che assicura libertà non solo di pensiero, ma di
parola, di stampa, di manifestazione, è un terreno di sfida quanto mai
truccato e svantaggioso (poiché la libertà e di diritti sostanziali ci sono
solo per chi ha potentissimi mezzi economici), ma noi non possiamo che
accettarlo, dedicando la nostra attenzione alla ricerca dei mezzi adeguati
per ottenere il consenso più ampio, consenso senza il quale la nostra lotta
si spegnerebbe presto. In una società dominata dai mezzi di comunicazione di
massa, caratterizzata dal monopolio di questi mezzi, la nostra battaglia
appare persa in partenza. Non è così. Anche in società blindate come la
nostra idee forti possono farsi strada se esprimono i sentimenti e la
volontà di ampi strati della popolazione. Ci anima la certezza che la
resistenza all¹impero americano non sia un¹idea artificiale, un¹invenzione
politica verticale, ma rappresenti un comune sentire diffuso orizzontalmente
in ampi strati della popolazione. Noi non stiamo inventando un bisogno,
stiamo dando voce ad un¹esigenza, dignità politica ad un sentimento, diritto
di parola a coloro a cui viene negata.
La nostra impresa implica dunque, anzitutto, la nostra capacità di
comunicare in maniera adeguata, cioe¹ di esprimere in maniera quanto mai
semplice e convincente le idee di cui siamo portatori. Allo stesso tempo il
Movimento, oltre ad essere una leva per la mobilitazione più ampia, deve
essere un luogo di riflessione culturale e politica, e per questo servono
gli intellettuali. Noi vogliamo anzitutto unire le migliori intelligenze di
questo paese, poiché senza di esse mai potremo smuovere grandi masse a dare
loro una speranza.
Il nuovo cammino che ci accingiamo ad intraprendere implica perciò una serie
di tappe. La prima di queste è dare forza al nostro Movimento. Solo se
guadagneremo una sufficiente massa critica potremo passare alla seconda
tappa, quella della formazione di un vero fronte di liberazione a carattere
popolare.

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