UN ALTRO MONDO E'IMPOSSIBILE
UN ALTRO MONDO E' IMPOSSIBILE, è questo che vogliamo liberare
1. Paragrafo L¹IMBROGLIO DELLA GLOBALIZZAZIONE
La globalizzazione viene spacciata dai suoi paladini come come una nuova epoca dell'oro, per la destra è una ³manna dal cielo², per la sinistra una "scopa di Dio". Per entrambi essa è presentata come un processo naturale, una tappa ineluttabile del progresso storico davanti alla quale gli uomini non possono che soggiacere. Se questa concezione del mondo è falsa, poiché sono gli uomini a fare la storia e a decidere del loro destino, non viceversa, il mito della globalizzazione si rivela come un colossale imbroglio. Scienziati autorevoli, osservando i processi di degrado della biosfera, affermano che «Tra un secolo, di questo passo, il pianeta Terra sarà mezzo morto e gli esseri umani anche». La distruzione dell¹ecosistema che minaccia da vicino la vita sulla terra e quindi il futuro dell¹umanità, non è frutto di una maledizione divina, né, come alcuni affermano, dell¹esplosione demografica. La sovrappopolazione è, al pari dell¹inquinamento forsennato, una conseguenza del modo di produrre capitalistico, del folle meccanismo per cui tutto deve essere subordinato al profitto, al denaro, all¹opulenza e ad un livello di consumi insostenibile perché incompatibile con l¹ecosistema. E¹ proprio ciò che gli apologeti del sistema chiamano progresso o sviluppo la causa prima del rischio mortale che incombe sulle civiltà. Si dovrebbe produrre l¹indispensabile e consumare il necessario per vivere, invece il mercato è diventato un¹ immensa discarica di merci il cui scopo non è soddisfare bisogni reali, ma rendere gli uomini tossicomani del consumismo. La legge dell¹entropia ci obbliga a rovesciare il paradigma antropocentrico per cui l¹uomo sarebbe al centro del mondo e in virtù di questa posizione disporre della natura a suo piacimento. Per quanto specie superiore esso è solo una parte della natura e con non essa deve recuperare una relazione di equilibrio e simbiosi. I guasti sociali della cosiddetta globalizzazione, ovvero del capitalismo mondializzato, non sono meno devastanti. Se l¹Occidente ha ancora un altro secolo prima di precipitare nell¹abisso, i quattro quinti dell¹umanità ha già varcato questa soglia. Noi non neghiamo l¹evidenza, che cioè il sistema capitalistico conservi un dinamismo che gli consente di sviluppare le forze tecniche e produttive. Notiamo che questo sviluppo è regressivo oltre che sperequato, poiché distrugge a due livelli le basi stesse della vita: saccheggiando irreversibilmente le risorse naturali da una parte e, dall¹altra, gettando la maggioranza delle persone in condizioni di vita indegne e disumane, le quali fuggono come possono dalla barbarie per cercare un rifugio nell'Occidente opulento. Ma questo rifugio inizia a traballare. La mondializzazione non solo non incoraggia uno sviluppo degno di questo nome nei paesi che il colonialismo aveva rapinato, produce anche in Occidente nuove ingiustizie, diseguaglianze, esclusione sociale, l¹emarginazione di chiunque non sia in grado di partecipare o non voglia partecipare alla folle corsa in nome del progresso capitalistico.
2. Paragrafo GLI USA SONO IL PRINCIPALE NEMICO DA BATTERE
Invece di farsi da parte il capitalismo mondializzato, ben lungi dal mollare la sua presa sul mondo, accentua i suoi tratti dispotici e assolutistici. Il sistema imperialistico, contrariamente a quanto affermano certi futurologi che lo descrivono come una struttura orizzontale, senza centro e periferia, è invece un organismo gerarchico, piramidale, di cui gli Stati Uniti d¹America rappresentano al contempo il nucleo, l¹epicentro e il cervello. Essi detengono tutte le principali leve di comando nei vari campi in cui si decidono le sorti dell¹umanità; economico-finanziario, tecnologico-scientifico, militare, delle comunicazioni di massa. Colpiti l¹11 settembre nei loro simboli più sacri ‹la ricchezza smodata, l¹onnipotenza militare, il dispotismo invulnerabile‹ gli Stati Uniti d¹America, invece di fare un passo indietro, si sono gettati in una isterica offensiva militare per rafforzare la loro supremazia mondiale. L¹aggressione all¹Iraq del 1991 era solo un antipasto. Da allora, chiunque sia stato alla Casa Bianca, ha insistito in un¹offensiva a tutto campo, politica, diplomatica e militare, allo scopo di imporre, anche agli alleati, la propria supremazia. Qualsiasi paese che non sia disposto a diventare succube degli Stati Uniti, che non accetti di rinunciare alla sua sovranità, deve essere spazzato via. Qualsiasi movimento di resistenza che osi sfidare l¹imperialismo è messo sulla lista nera del terrorismo internazionale. L'Imperatore in pectore si e' arrogato il diritto di colpire come vuole, quando vuole, dove vuole, calpestando senza esitazione ciò che resta del Diritto e della legalità internazionali. Siamo davanti ad un colossale piano di destabilizzazione terroristica del pianeta, ovvero dentro una guerra mondiale, sistemica, ininterrotta. La Casa Bianca dichiara apertamente il suo disegno strategico. Apparentemente questo disegno consiste nella difesa dell¹attuale ordine monopolare emerso dopo l¹implosione dell¹URSS. In realtà la dottrina della ³guerra preventiva permanente² nasconde un obbiettivo più ambizioso: quello di forgiare (come sancito dal "Progetto per il Nuovo Secolo Americano" -PNAC) un vero e proprio Impero a stelle e strisce. Un Impero che, per la prima volta nella storia, non avrebbe confini e in cui le diverse nazioni, pur conservando una formale autonomia, sarebbero ridotte al rango di province asservite e dipendenti. Siamo adesso nella fase iniziale, di incubazione. Per ora gli U.S.A. si limitano a colpire i bersagli più facili, cioè i più poveri, male armati ed isolati fra i cosiddetti "Stati canaglia", cioè quei paesi che non hanno intenzione di rinunciare alla loro sovranità nazionale, non senza cercare di spazzare i movimenti antimperialisti e di liberazione attivi in diversi paesi. In un futuro non troppo lontano, la stessa sorte potrebbe toccare anche alla Cina, all¹Europa, alla Russia, se queste potenze regionali non accettassero di sottomettersi. Gli U.S.A. vogliono trasformare l'intero pianeta nel loro ³cortile di casa². E¹ dunque iniziata una partita epocale, che sarà lunga e sanguinosa, poiché l¹Impero americano, più di quelli che l¹hanno preceduto, può costituirsi solo attraverso un¹intera epoca di guerre e di catastrofi. Nessun popolo che abbia una dignità accetterà mai di diventare schiavo e lotterà con ogni mezzo prima di essere sopraffatto. Oltre a quella cubana, l¹indomita lotta palestinese è un esempio per noi e un monito per i nordamericani, che proprio in Iraq, nonostante la momentanea vittoria, devono fare i conti con una crescente resistenza armata che chiede apertamente il loro immediato ritiro dal paese.
3. Paragrafo CONTRO L'AMERICANISMO
Di contro alla tesi per cui l¹Amministrazione Bush sarebbe solo un incidente di percorso (un ³colpo di Stato²), noi pensiamo che il gruppo di neo-conservatori insediati alla casa Bianca, pur in forme che potranno cambiare, esprime gli interessi strategici del blocco dominante negli USA. Il punto di forza di questo blocco è che esso non è formato solo dalle grandi corporations, esso ingloba infatti vastissimi settori della società nordamericana, arroccati attorno alla consapevolezza che l¹opulenza americana, possibile solo grazie al saccheggio imperialistico, debba essere difesa con la forza in ogni luogo del pianeta. I plebei nordamericani non sono la medesima cosa che i patrizi, ma davanti alla rivolta degli schiavi essi hanno sino ad oggi preferito l¹alleanza coi patrizi medesimi. Spezzare quest¹alleanza è uno degli elementi decisivi della lotta antimperialista. Questo blocco, costitutivamente imperialista, oltre a comuni interessi ha una medesima visione del mondo. Sono gli stessi lacchè della Casa Bianca ad aver dato un nome a quest¹ideologia: Americanismo. Essa si fonda sul presupposto per cui gli Stati Uniti avrebbero una ³missione speciale² da compiere: quella di uniformare il mondo imponendo, assieme al loro sistema di vita il pensiero in cui si rappresenta. Questa fanatica pretesa non nasconde la sua stretta parentela con la tesi sionista del ³popolo eletto². Anche in Europa, chiunque si opponga a questa ideologia totalitaria, imperialista e razzista è bollato come ³antiamericanista² e per questo additato al pubblico ludibrio. Questa martellante campagna ideologica, volta a silenziare ogni pensiero critico, è tutta tesa a dimostrare che l¹impero americano sarebbe l¹ultimo e più alto baluardo della civilizzazione umana, caduto il quale all¹umanità non resterebbe che precipitare nella barbarie. Intellettuali di destra e di sinistra, dopo aver decretato la fine delle ideologie e della storia, dopo aver abbracciato il più nichilistico relativismo culturale, si sono convertiti a questo fondamentalismo manicheo, si sono arruolati come volontari nell¹esercito crociato a stelle e strisce urlando ai quattro venti che gli USA stanno, malgrado tutto, dalla parte del giusto, e tutti i suoi nemici dalla parte sbagliata. I dogmi di questo culto sono il denaro, il consumismo, l¹individualismo, il darwinismo sociale, il tecnoscientismo. Per strada questo pensiero si è sbarazzato come di una zavorra di valori quali la giustizia sociale, la libertà, la fratellanza, la solidarietà. Occorre contrastare e battere questa deliberata e intossicante falsificazione delle cose, consapevoli che quello dei noeconservatori non è un mero ³pensiero reazionario², che si tratta di un ³pensiero forte² che presume addirittura di essere rivoluzionario e futurista. L¹americanismo è l¹ultimo baluardo ideologico del pensiero liberale e liberista, l¹allegoria del capitalismo, la fede negli USA come insostituibile paese guida del capitalismo internazionale. Senza affatto dimenticare la storica lotta dei popoli latino-americani in nome di un¹America libera contro quella dell¹imperialismo yankee, noi rivendichiamo il diritto di essere, dirci e sentirci antiamericanisti. Ove per antiamericanismo non intendiamo respingere in blocco i risultati raggiunti dalla società statunitense, ma contrastare tutti i suoi connaturati tratti imperialistici e razzisti, la sua pretesa di essere ³nazione eletta² (pretesa che non a caso lo stesso Hitler ammirava). La difesa del diritto di ogni popolo a non essere inghiottito nell¹Impero, ad autodeterminare il proprio destino, equivale a propugnare la de-americanizzazione, la decontaminazione dall¹americanismo.
4. Paragrafo DESTRA, SINISTRA E AMERICANISMO
Gli americanisti sono all¹offensiva in ogni campo, anche in quelli politico, culturale e ideologico. Quest¹offensiva sta definitivamente demolendo la secolare opposizione sinistra-destra. L¹americanismo ha tagliato infatti in maniera trasversale i due tradizionali schieramenti. Mentre tutti i principali leader politici fanno a gara a chi è più filo-americano (Berlusconi scende in piazza con la bandiera a stelle e strisce ma Rutelli o Pecoraro Scanio non sono da meno), nel campo culturale, gli americanisti hanno arruolati in servizio permanente effettivo, intellettuali delle più disparate provenienze. Attraverso reti TV, giornali, editrici e fondazioni milionarie l¹americanismo è imposto ossessivamente come pensiero unico e chiunque vi si opponga è considerato un nostalgico del passato, un eretico da mandare al rogo. Impossibile stabilire chi sia più americanista: Sofri o Ferrara? Scalfari o Veneziani? Negri o Ostellino? Ognuno di loro si sceglie l¹aspetto che preferisce, ma alla fine tutti convergono in due punti: il '900 europeo è stato un incubo e per fortuna nostra siamo entrati in unanuova epoca storica, quella postmoderna; gli USA rappresentano la spinta rivoluzionaria della globalizzazione, e chiunque dissenta è condannato all¹ostracismo come un nemico del popolo nordamericano. E¹ la stessa indegna operazione ordita contro chiunque sostenga la indomita lotta palestinese, per cui se si è antisionisti si è inevitabilmente antisemiti. Ma mentre sinistra e destra convergono al centro e competono per accreditarsi come i migliori amici dell¹America di Bush, emergono, da più parti voci anche autorevoli di dissenso. Interpretiamo questi processi come i segnali che nasce una resistenza alla tracotanza imperiale USA, come indicatori della consapevolezza che l¹Europa è una zona di frontiera, forse il principale campo di battaglia in cui si decidono il successo o la disgrazia dell¹Impero americano. Sta nascendo uno schieramento antiamericano che è simmetricamente trasversale a quello filo-americano. Queste voci di dissenso non vengono solo da ambienti radicali, di destra e di sinistra, ma pure dal mondo liberale e da quello cattolico. La tendenza ad una nuova polarizzazione politica è ineluttabile, è un portato del pensiero unico americanista. Nel medio periodo la scena politica tenderà a cristallizzarsi in due schieramenti opposti, pro e contro gli USA: ogni corrente politica, necessariamente, sarà obbligata a schierarsi. Non si tratterà solo di combattere la supremazia nordamericana. Il nemico non e¹ solo al di là dell¹Atlantico. L¹americanismo è qui, il nemico ce l¹abbiamo anche dentro casa. E¹ il sistema bipolare o bypartisan, in cui destra e sinistra sono soci in affari, le due facce dello stesso blocco di potere dominante asservito alla medesima oligarchia capitalista che fa capo a quella USA.
5. Paragrafo QUESTA EUROPA NON E' ALTERNATIVA ALL'AMERICA
V¹è una destra populista che si considera radicalmente antiamericana ma il cui orizzonte e tutto schiacciato su un apparente realismo geo-politico, sull¹idea che solo una Europa forte e riarmata, possibilmente alleata della Russia, potrà battere l¹egemonismo della Casa Bianca. L¹Europa di cui la destra parla non è solo quella Carolingia, ma quella odierna, strutturata su basi capitalistiche (Maastricht). Un¹Europa capitalista che sgomiti per avere un posto di prima grandezza nell¹arena mondiale non può che essere imperialista a sua volta. Noi respingiamo questa visione. Ci battiamo contro la supremazia americana perché vogliamo farla finita con questo sistema, dunque non siamo interessati ad essere arruolati come truppa ausiliaria di un imperialismo contro l¹altro, non vogliamo fare la guerra per il Re di Prussia. Non ci interessa sostituire ad un predone con un altro. Ci poniamo dal punto di vista dei popoli oppressi. La loro liberazione dalla catene imperialistiche non confligge solo con la supremazia nordamericana, ma con l¹imperialismo in quanto tale, quale sia la sua bandiera. Il compito che ci poniamo è costruire in Italia e in Europa un nuovo movimento politico di massa che si stringa in una decisa alleanza con i popoli resistenti, quindi non al servizio delle oligarchie europee, ma contro di esse. Queste oligarchie sono oggi insofferenti alla supremazia americana, ma per decenni hanno scelto di restare asservite a Washington consentendo all¹americanismo di prendere piede e di dilagare. Non vanno cambiati solo i fattori, ma lo stesso risultato. Il discorso della destra populista, che viene fatto proprio non solo da ambienti europeisti liberali ma pure in quelli di certa sinistra di tradizione riformista, oltre a vedere di buon occhio le ambizioni vetero-imperialistiche europee, è falsamente realistico. Senza colossali sconvolgimenti politici che portino al crollo del sistema bipolare destra-sinistra, è una pia illusione sperare che avvenga uno sganciamento dagli USA, e questi profondi mutamenti politici non avverranno senza radicali sommovimenti sociali. E¹ questi che noi dobbiamo promuovere e assecondare, nel contesto di un¹alleanza internazionale antimperialista coi popoli del Sud del mondo. Tutto questo non significa affatto che siamo indifferenti alla contesa euroamericana. Moduleremo la nostra politica a seconda di ciò che é vantaggioso alla resistenza antimericana e antimperialista, ciò che implica sempre un¹analisi concreta della situazione concreta, cercando di utilizzare le contraddizioni tra imperialisti per battere il nemico principale. Né possiamo restare impassibili davanti al tentativo di alcune potenze regionali di opporre, all¹ordine monopolare un ordine multipolare, anzi. Non resteremo con le mani in mano, le svolte radicali sono sempre preparate da mutamenti di minor entità. Siamo per un ordine multipolare, perché esso rappresenterebbe una sconfitta per le smanie unilateraliste nordamericane, e una simile sconfitta avrebbe effetti salutari per la lotta di liberazione antimperialista e sarebbe un passo verso una Confederazione mondiale di tutti i paesi e i popoli resistenti alla supremazia USA. Da questa pietra angolare giudicheremo la politica europea, che sarà sostenibile se, oltre a contrastare davvero gli USA, getterà un ponte ai popoli del Sud del mondo e accetterà un¹alleanza fondata sulla pari dignità, sulla solidarietà, e quindi sulla fine di ogni politica di rapina.
6. Paragrafo LE ALLEANZE PER BATTERE L'IMPERO AMERICANO
Noi concepiamo la battaglia contro l¹imperialismo americano come una lotta internazionale di liberazione, di cui i popoli oppressi sono oggigiorno la vera forza motrice. Un¹analisi obiettiva della storia recente conferma che è nei luoghi in cui la prepotenza nordamericana è più sfrontata, dove la loro politica si fonda sull¹aggressione e il sopruso, che la resistenza è non solo più accanita, ma a carattere di massa. La stessa speranza di evitare la fondazione dell¹Impero americano sarebbe ferita a morte se queste fiaccole di resistenza venissero spente. Nostro compito primario e immediato è dunque quello di sostenere i movimenti di resistenza, quali che siano i metodi che essi scelgono di adottare. Ma queste lotte non possono sperare di vincere singolarmente, isolate, senza un allargamento a scala internazionale del conflitto antimperialista. Pur non essendo l¹Italia un paese di prima linea, noi riteniamo che la costruzione qui ed ora di un movimento di resistenza all¹impero americano e di un¹alleanza con tutti quanti condividono con noi che che gli USA sono il nemico principale, sono i principali contributi che noi possiamo fornire ai popoli oppressi. La loro sconfitta sarebbe quasi certa se non in Occidente non sorgerà e rafforzerà una resistenza la più ampia e determinata. Nella cornice della solidarietà stringente con le lotte dei popoli oppressi, noi dovremo rianimare la fiaccola della speranza, di una nuova saldatura tra Occidente e Oriente, tra i popoli resistenti del mondo, iniziando una lotta di lungo respiro per colpire senza esitazione i simboli e gli interessi nordamericani. Senza venir meno alle nostre idee e ai nostri presupposti, dediti anzitutto a rafforzare il nostro movimento, dovremo essere capaci di allargare quanto più possibile l¹opposizione antiamericana, raggruppando tutti i soggetti e le forze che accettino di collaborare con noi, se non per i nostri obbiettivi finali, almeno allo scopo di sconfiggere i nostri nemici dichiarati: non solo gli USA, ma i loro alleati. Si può strappare l¹Italia dal controllo nordamericano e riconsegnargli la sovranità nazionale, senza fare alcuna concessione al nazionalismo alle classi dominanti, cioè alle loro ambizioni imperialistiche. Siamo dunque disposti a costruire un fronte di liberazione con chi, pur non condividendo tutte le nostre idee, voglia chiudere le basi militari USA, far uscire l¹Italia dalla NATO, ritirare le truppe italiane dai paesi in guerra contro gli USA, battersi per la neutralità e il non allineamento, se necessario anche uscendo dall¹Unione Europea. Chiedono dunque una radicale ricollocazione del nostro paese a fianco dei popoli del Sud del mondo coi quali vogliamo cooperare e non batterci per soggiogarli.
7. Paragrafo STRATEGIA, TATTICA E MEZZI DEL NOSTRO MOVIMENTO
Il nostro Movimento è plurale. Entro il perimetro dei principi della libertà, della fratellanza e dell¹eguaglianza, coabitano in esso diverse concezioni del mondo e idee differenti su quale debba essere il punto di approdo finale della nostra lotta. Ci unisce la consapevolezza che senza battere l¹imperialismo americano tutti i discorsi sul futuro lontano del mondo sono solo aria fritta. Il futuro prossimo è per noi tutti più importante di quello lontano. Questo obbiettivo è difficilissimo e implica da solo sforzi straordinari. Definito l¹obbiettivo strategico che ci lega assieme, assieme stabiliremo le tattiche, e i mezzi che dovremo darci per andare avanti. Il regime bipolare tenterà in ogni maniera di far fallire la nostra iniziativa. I suoi mezzi sono potenti. Non commetteremo l¹errore di sfidarlo in campo aperto, coi metodi della lotta frontale ‹ terreno su cui il sistema avrebbe facile gioco. Ci atterremo alle leggi costituzionali italiane (a maggior ragione in un contesto in cui lo stesso Parlamento legifera spesso violandone il dettato) che, per quanto ampiamente svuotate, ci assicurano, se non altro sul piano giuridico-formale, il pieno diritto di batterci per le nostre idee e scopi. La democrazia, che assicura libertà non solo di pensiero, ma di parola, di stampa, di manifestazione, è un terreno di sfida quanto mai truccato e svantaggioso (poiché la libertà e di diritti sostanziali ci sono solo per chi ha potentissimi mezzi economici), ma noi non possiamo che accettarlo, dedicando la nostra attenzione alla ricerca dei mezzi adeguati per ottenere il consenso più ampio, consenso senza il quale la nostra lotta si spegnerebbe presto. In una società dominata dai mezzi di comunicazione di massa, caratterizzata dal monopolio di questi mezzi, la nostra battaglia appare persa in partenza. Non è così. Anche in società blindate come la nostra idee forti possono farsi strada se esprimono i sentimenti e la volontà di ampi strati della popolazione. Ci anima la certezza che la resistenza all¹impero americano non sia un¹idea artificiale, un¹invenzione politica verticale, ma rappresenti un comune sentire diffuso orizzontalmente in ampi strati della popolazione. Noi non stiamo inventando un bisogno, stiamo dando voce ad un¹esigenza, dignità politica ad un sentimento, diritto di parola a coloro a cui viene negata. La nostra impresa implica dunque, anzitutto, la nostra capacità di comunicare in maniera adeguata, cioe¹ di esprimere in maniera quanto mai semplice e convincente le idee di cui siamo portatori. Allo stesso tempo il Movimento, oltre ad essere una leva per la mobilitazione più ampia, deve essere un luogo di riflessione culturale e politica, e per questo servono gli intellettuali. Noi vogliamo anzitutto unire le migliori intelligenze di questo paese, poiché senza di esse mai potremo smuovere grandi masse a dare loro una speranza. Il nuovo cammino che ci accingiamo ad intraprendere implica perciò una serie di tappe. La prima di queste è dare forza al nostro Movimento. Solo se guadagneremo una sufficiente massa critica potremo passare alla seconda tappa, quella della formazione di un vero fronte di liberazione a carattere popolare.
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