(Vita di un"Libero
religioso e rivoluzionario nonviolento")
Mi avete pero' tradito, avete preso dalla mia debolezza il motivo per
pormi
nell'angolo della santita', per liberarvi di me con maggiore
sicurezza".
Appresa la sua morte, Pietro Nenni annotò nel suo diario:
"è morto
il prof. Aldo Capitini. Era un'ecceziona
le
figura di studioso. Fautore della nonviolenza, era disponibile per
ogni
causa di libertà e di giustizia. Lo conoscevo poco di persona.
Invece
avevo con lui una vecchia collaborazione epistolare nel senso che mi
scriveva
sovente di ognuno dei problemi morali della società contemporanea.
Mi
dice Pietro Longo che a Perugia era isolato e considerato stravagante.
C'è
sempre una punta di stravaganza ad andare contro corrente, e
Aldo Capitini era andato contro corrente all'epoca del fascismo e di
nuovo
nell'epoca post-fascista. Forse troppo per una sola vita umana, ma
bello."
Se vuoi la pace prepara la liberazione.
La vicenda
biografica e intellettuale di Capitini è di quelle che
colpiscono
per l’intima coerenza ed il coraggio delle scelte di vita. Laureatosi
in
Lettere a Pisa nel 1929 e rimasto dopo il perfezionamento alla Scuola
Normale
di Pisa con mansioni di Segretario, Capitini fu allontanato dal suo
incarico
per aver rifiutato l’invito di Giovanni Gentile, allora direttore
della
Scuola, ad iscriversi al Partito nazionale fascista. Negli anni successivi
Capitini
intensificò l’impegno antifascista e partecipò con
Guido
Calogero (1936-1940) all’esperienza del movimento liberalsocialista.
Dopo
gli arresti subiti nel 1942 e nel 1943 la Liberazione consentì a
Capitini
di fondare i Centri di orientamento sociale e di riprendere il suo posto
di
Segretario alla Scuola Normale, poi abbandonato per svolgere
l’attività
di docente universitario (dal 1956 insegnò Pedagogia
all’Università
di Cagliari e poi in quella di Perugia).Fu uno dei protagonisti della
"resistenza
interna"al fascismo e invento la formula
del"liberalsocialismo"Ma
quando i suoi compagni confluirono nel Partito D'Azione, non vi aderi'
preferendo
"far parte per se stesso", perche' il suo liberalsocialismo
era l'emblema non di un partito, ma di un movimento non soltanto sociale
ma
morale. La sua utopia era uno Stato senza partiti, una "nuova
socialita',
in cui "la partecipazione dei cittadini alla decisione e discussione
dei
problemi collettivi e' tanto intensa da non rendere necessaria
l'intermediazione
dei gruppi organizzati".Non s’iscrisse mai a nessun partito,
continuò
a definirsi per tutta la vita "liberalsocialista",
"indipendente
di sinistra" e "libero religioso". In tutta la sua
esistenza
non conoscera' ne' privilegi di tessera, ne' potere di
funzionario.Rifiutera'
la decorativita' dei potenti e confutera' per sempre l'assolutizzazione
della
politica(che era lo sbocco del totalitarismo), e quindi la risoluzione di
tutte
le attivita' umane nel fare politico, cosi' come rifiutera' la confusione
dei
movimenti sociali coi partiti.
La sua costante azione di propugnatore della nonviolenza
si concretizzò, tra l’altro, anche nell’organizzazione
della
marcia per la pace che si svolse per la prima volta ad Assisi il 24
settembre
1961 e che da allora rappresenta uno degli appuntamenti fissi in cui si
ritrovano
i pacifisti italiani.
Tuttavia Aldo Capitini ha usato rarissimamente volte la parola pacifismo
e
ha sempre rifiutato il discorso di un pacifismo di tipo giuridico, da
'status
quo", da Società delle Nazioni, proprio perché della
nonviolenza
lui coglieva soprattutto il momento della liberazione. Quello che gli
interessa
è l'essere attivi, è produrre, realizzare, muovere, è
trascinare,
è creare già da subito: non rinviare l'utopia, ma stabilire
un
lavoro collettivo, di tutti subito, e rendere l'utopia una cosa presente,
una
cosa concreta, attuale, in ogni momento della nostra azione. Egli
intendeva
la nonviolenza come strategia positiva di di mutamento sociale. Il momento
negativo
della nonviolenza è il rifiuto di fare violenza, il suo momento
positivo
è dare valore di tu ad ogni essere, visto sempre come fine, mai
solo
come mezzo. Non bastano "risolute prese di posizione" , bisogna
compromettersi
davvero davanti ai problemi immediati della pace e della giustizia nel
mondo.
"Io non dico: fra poco o molto tempo avremo una societa'
perfettamente
non violenta...A me importa fondamentalmente l'impiego di questa mia
modestissima
vita, di queste ore e di questi pochi giorni; e mettere sulla bilancia
intima
della storia il peso della mia persuasione"
La sua aspirazione costante e' quella di portare "futuro liberato
nel
presente"(non è essere, ma scegliere).Un' nventare il futuro
qui
e ora che come scrivera'- Guido Fofi- e' una delle cose più ricche
e
più straordinarie di Aldo Capitini e una delle cose che ci pongono
oggi
il maggior numero di problemi. Oggi inventare il futuro, dopo la crisi
delle
ideologie, dopo la fine d i tantissirni miti, dopo la frantumazione delle
società
avanzate in sottoideologie, in sottoculture, in corporazioni e
corporativismi,
dopo la difficoltà a ricollegare, a ripartire, a riproporre
discorsi,
credo che l'esempio di Aldo sia un esempio molto importante, ma che sia
molto
arduo il tentativo di applicarlo, che sia molto difficile e che ponga
problemi
più grandi di quanto poteva porne in altri tempi.
-non è essere, ma scegliere
-24 settembre 1961. Perugia-Assisi. Prima marcia per la Pace e la
fratellanza
fra i popoli. In testa al corteo, dietro una vecchia Fiat 500, c'è
Aldo
Capitini, colui che ha ideato, voluto e organizzato la
manifestazione.-
Il suo maestro -come egli stesso ebbe a dire -non fu questo o quel grande
filosofo
ma la vita pratica, l'attenzione posta alla reale, vissuta, sofferta
insufficienza
dell'uomo, non a- quella descritta nei testi. Il suo obiettivo non fu
quello
di " interpretare il mondo",ma di trasformarlo: "Soltanto
attraverso
la prassi si può raggiungere - diceva - ciò che l'intelletto
non
basta a far capire". Infatti nel corso della sua vita affrontera' non
soltanto
a tavolino, ma organizzando azioni collettive, problemi politici, dal
decentramento
amministrativo alla riforma della scuola e dell'esercito, dalla crisi
della
democrazia rappresentativa alla pace mondiale; portera' il suo contributo
appasionato
ai temi della convivenza civile, fascismo e antifascismo, comunismo e
anticomunismo,
imperialismo e pacifismo, capitalismo e socialismo.Accanto all'aggiunta,
in
Capitini c'è l'idea del contrasto. Il conflitto è una
proposta,
non è la necessità eraclitea. La nonviolenza nel conflitto
non
è affatto rinunciataria (Ernst Bloch: "Chi non si oppone al
male
lo accresce"), è invece attivissima insoddisfazione e
opposizione
a tutto ciò che si è costituito con la violenza. Non si
combatte
la guerra con la guerra, ma prima della guerra.
La nonviolenza non è appoggio all'ingiustizia... Bisogna aver
chiaro
che la nonviolenza non colloca dalla parte dei conservatori e dei
carabinieri,
ma proprio dalla parte dei propagatori di una società migliore,
portando
qui il suo metodo e la sua realtà... La nonviolenza è il
punto
della tensione più profonda del sovvertimento di una società
inadeguata.
(N.Bobbio-introduzione al "Il Potere di Tutti"). Sin dagli anni
della
resistenza al fascismo la nonviolenta era il nucleo centrale del messaggio
di
Aldo Capitini, che aveva visto benissimo il nesso fra la democrazia intesa
come
democrazia diretta,
partecipazione
popolare, potere dal basso, o "omnicrazia", com'egli la
chiamava.
L'ideale della societa' di tutti, come egli lo definiva, contemplava una
societa'
completamente de-istituzionalizzata.-
La nonviolenza per Capitini e' soprattutto un metodo positivo, richiede
coraggio,
ed e' creativa nel suo attuarsi. Poiche' il metodo nonviolento opera sulle
situazioni
esterne e dentro gli animi " non e' da credere che si possa ,
lasciando
tutto il resto come era prima."Una lotta liberatrice
continua-scrive-bisogna
sempre farla, e si deve evitare il pericolo di adagiarsi in un'
accomodamento
con le strutture , della societa' attuale, di ingiustizia e poca liberta'
"
(la liberta' vera c'e quando ognuno puo' dare il meglio di se').
L'opposto dell'istituzione e', nell'ideale capitiniano della comunita'
aperta,
il"centro": "come anti-chiesa il centro e' il luogo in cui
Dio
non viene contemplato, ma cercato di vivere, nell'atto,vicino a noi e a
tutti
e a tutto. Come anti-Stato, e' il luogo dove si attua il decentramento, il
principio
della responsabilita' di tutti. L'istituzione non puo' vivere senza
un'oligarchia
che la diriga, il centro e' fatto per le moltitudini." Ogni societa'
fino
ad oggi-avverte Capitini- e' sempre stata "oligarchica",
governata
da pochi, anche se "rappresentanti di molti", malgrado la
diffusione
di certi modi di governo detti democratici , il potere (un potere enorme)
e
in mano a pochi in ogni paese." E' necessario percio' battersi per
l'autogoverno
e l'autoamministrazione sociale, contro l'impero accentratore e
militaristico,per
far perire lo Stato.
In un mondo in cui si estendevano "imperi e controimperi" , i
"centri"
rappresentano la ripresa del potere, il preannuncio di un decentramento
che
restituisce valore ai rapporti tra persona e persona, ai controlli
continui
dal basso, il rifiuto della manipolazione dell'opinione degli altri, della
privazione
della liberta' d'informazione e critica. I "Centri"oltre che
allo
studio del metodo nonviolento, e alla formazione di gruppi di "Azione
diretta
nonviolenta"( recantesi in tutte le manifestazioni , politiche,
sindacali
che partono dal basso) , sono volti a intervenire perche' tutti abbiano la
informazione
piu' larga e obiettiva possibile di tutti i fatti e di tutti i
problemi
Come ricorda N.BobbioIl pacifismo di Capitini non fu' ne' umanitario ne'
giuridico:la
guerra non era condannata perche' improduttiva(il tema della "grande
illusione"),
ne' la pace da esaltarsi in nome dell'ordine sociale(il tema del
superamento
dell'anarchia internazionale attraverso la societa' delle
nazioni ).Capitini
fu, come si e' detto un pacifista religioso: considero' insufficiente
tanto
l'umanitarismo laico che si accontenta della fratellanza dei popoli quanto
il
mondialismo dei federalisti che si affida alle istituzioni internazionali.
Ma
fu, il suo, un pacifismo religioso che, a differenza delle piccole sette o
dei
gesti eroici individuali, poneva l'accento non tanto sulla salvezza
dell'anima
quanto sulla trasformazione della societa', non tanto sulla rivolta
individuale
contro il comando ingiusto quanto sulla rivoluzione collettiva contro
l'ingiustizia
globale della storia:un pacifismo non bellicoso ma non imbelle, non
politicizzato
ma non impolitico. E' persino dubbio che si possa parlare propriamente di
pacifismo(in
realta' il termine"pacifismo"non appartiene al lessico
capitiniano):
il fine della nonviolenza non e' la pace, sia pure la pace universale, che
e'
fare puramente negativo, ma la "liberazione"(e la pace se mai
come
conseguenza). Di contro alla massima del politico realista:"se vuoi
la
pace prepara la guerra", la massima del "persuaso"non e'
quella
del pacifista:"se vuoi la pace prepara la pace, bensi:"se vuoi
la
pace prepara la liberazione".
La nonviolenza per lui non era soltanto una testimonianza etica
individuale,
dal momento che nella sua pratica era implicito"un moto di
trasformazione
della società e della realtà" (pag. 103 La nonviolenza,
oggi
)Proprio l’esperienza storica di Gandhi insegnava che attraverso
mezzi
tipicamente nonviolenti (marce, digiuni, boicottaggi e altre forme di
obiezione
di coscienza) un popolo poteva raggiungere obiettivi fondamentali di
riscatto
politico, conquistando la propria indipendenza.
La prima opera pubblicata da Capitini, Elementi di un’esperienza
religiosa
(Laterza 1937: Capitini sviluppava una profonda critica nei confronti di
ogni
forma di statolatria e di totalitarismo nel nome di una religiosità
totalmente
interiorizzata, fondata sull’unità amore con gli altri e,
quindi,
sulla scelta della "nonmenzogna" e della
"nonuccisione".Il
libro ebbe successo tra gli antifascisti, sebbene non furono molti ad
accogliere
le tesi dell'autore sulla nonviolenza, sulla non collaborazione e sulla
libera
religiosità. La sua intuizione originaria è che gli esseri
viventi
sono "qualche cosa di più che esseri annientabili",
sono
"superiori alla possibilità di scomparire", superiori
alla
morte, "infinitamente presenti"
(Elementi di un'esperienza religiosa, p. 62). Per Capitini la religione
era,
in definitiva, "educazione e realizzazione dell’amore"
(pag.
136), qualcosa che andava al di là dell’istituzione concreta
con
i suoi riferimenti obbligati a capi, dogmi e fatti storici.
Nell’Italia
che proprio nel 1936 aveva celebrato la fondazione dell’Impero,
salutando
con un consenso popolare apparentemente vasto il compimento della politica
coloniale
del regime, il libro di Capitini era un severo richiamo agli obblighi
della
coscienza.
Dopo la Liberazione A ldo Capitini fara' aperta propaganda per una
riforma
religiosa(Nel 1955 esce il suo libro "Religione aperta", messo
all'Indice
da Pio XII. L’anno successivo scrive "Discuto la religione di
Pio
XII "e nel 58 chiede di essere cancellato
dall’elenco dei battezzati e fondera i C.O.R.centri di
orientamento
religioso fortemente osteggiati dalla curia locale).I C.O.R. erano la
"forma
istituzionale" della nuova vita religiosa e sociale auspicata da
Capitini,
che e' un superamento nel campo religioso dell'idea di chiesa o cerchio
dei
battezzati.In un mondo in cui si estendevano "imperi e
controimperi"
La religione aperta è per Capitini una prassi di liberazione, e
porta
l'attenzione sui mezzi dell'azione (che devono essere adeguati al fine
giusto:
questa è una sua tesi portante), sulla "forza della
verità",
la quale spinge tutti dall'intimo, ed è la base dell'"atto
persuaso".
La verità è nella bontà dell'atto. "La
verità
è Dio", pensa Capitini con Gandhi, cioè non è
posseduta
da nessuno: " Dio si realizza nell'atto, non è essere, ma
scegliere;
è compresente alle cose."Nel 1955, l'8 febbraio dell'anno
seguente,
proprio nell'anniversario della conciliazione tra il Vaticano ed il
governo
fascista, i cardinali della Suprema Sacra Congregatio Sanctii Officii
condannarono
il libro ed ordinarono che fosse inserito in indicem librorum
proibitorum.
Difendere le "istituzioni a tutti i costi" , passare dalla
"vita
privata" alla "vita religiosa" senza passare per la
"vita
pubblica", vive la religione utilitaristicamente o come
superstizione,
o come idolatria dell'istituzione la stessa che ha portato la Chiesa
Romana
sia in Spagna che nell''Italia fascista non a chiedere "giustizia e
liberta'
per tutti" , ma solo la tutela di alcuni suoi privilegi.
Nella sua idea di "religione aperta" A. Capitini promuove il
recupero
e la ripresa di iniziative e correnti che nella storia del Cristianesimo
si
sono impegnate a superare l'autorita' e il privilegio
"dell'istituzione
romana". Dal lato "costruttivo" la "religione
aperta"
si connette ad un' umaesimo post-cristiano di alto livello civile;
l'esigenza
di praticare una "nuova vita religiosa" in cui vengono superate
le
distinzioni tra laici e clero e l'istituzione religiosa con un capo
infallibile;
il superamento del "giudizio chiuso" della "dannazione
eterna"
e dell'imposizione di leggende e miti come fatti realmente accaduti.
La "vita religiosa" si fonda sull'apertura alla compresenza di
tutti,
in quanto nati indipendentemente da una loro iniziazione o volonta' o
merito
di riceverla. La "nuova vita religiosa" per Capitini
fondamentalmente
costituisce un' unione e tensione profonda e complessa tra tre
"ondate
di fondo" della coscienza degli uomini provenienti da varie tendenze
religiose:
a) La tensione a costruire un nesso religioso piu' intimo e piu' saldo
che
renda impossibile lo scandalo dell'Occidente che si dice
"cristiano"
per bocca dei suoi capi "guidatori di guerre, di sfruttamenti, di
oppressioni"
b)un "ondata" contro il Capitalismo per una produzione e
distribuzione
impostate diversamente, cioe' comunisticamente.
c) una terza "ondata", sempre piu' larga e poderosa contro la
guerra,
contro la sua teoria, la sua preparazione, la sua esecuzione, e quindi
oltremodo
severa contro i "cappellani giustificatori di eserciti, e
profondamente
decisa a non bruciare il granello d'incenso sull'altare dei nuovi
imperatori
del mondo o di altri che non vi appaiono".
In questa "nuova vita religiosa" la nonviolenza e la prua di un
nuovo
mondo che nasce convocando un' universale assemblea dal basso," nel
piano
di nuove strutture sociali,nella possibilita' di circolazione di tutti in
tutto
il mondo, con un nuovo potere e con un'uguaglianza per tutti."
Se e' vero che il mondo continua ad andare come va', e' anche vero che
esso
e' oggi investito dall'ipotesi che alla sua base ci sia la
"compresenza",
come unita' di tutti gli esseri. E questa" ipotesi" e'
sopratutto
una prassi, una rivoluzione contro la realta' cosi' come essa si
presenta.E'
irreligioso che ci sia nel mondo meta' degli esseri umani che non mangiano
a
sufficienza, che manchi a milioni di bambini il cibo, lo sviluppo, la
cultura:
"poiche' essi sono nati in quanto tali sono nella
"compresenza",
perche' la compresenza non e' una societa' per iscrizione, adesione,
iniziazione,
battesimo, una societa' particolare, ma comprende tutti.
La religione e' esenzailmente dissenso con il mondo cosi' come esso
e'.
(Anche il vegetarianesimo puo' rientrare nella liberazione sociale
religiosa.
Non sono forse anche gli
animali una classe subalterna e oppressa? "Presi la decisione
vegetariana per oppormi alle guerre che Mussolini preparava, nella
convinzione
che il risparmio di vite di esseri subumani inducesse al risparmio di vite
umane."Questa
affermazione di Capitini e' conseguente al fatto che la sua antitesi al
fascismo
andava oltre l'opposizione al regime politico, per essere contro un
insieme
di mentalita' e di modi, che generatori del fascismo del ventennio, morto
questo,
lo avrebbero comunque continuato sotto altri abiti.)
"senza educazione e rivoluzione intima gli inovatori di domani
somiglieranno
troppo ai reazionari infuriositi e subdoli di oggi"
Tra gli ispiratori del "liberalsocialismo"(Sintetizzato nella
formula"Massima
liberta' sul piano giuridico e culturale e massimo socialismo sul piano
economico"
)quando nell'agosto del 1943 a Firenze si riuniscono i membri del
Movimento
Liberalsocialista per dar vita al Partito d'Azione, egli non vi
aderi'.Capitini
non è d'accordo, preferisce il movimento, ha una visione di
partecipazione
allargata al potere, dal basso, con i partiti e i loro apparati ridotti al
minimo.
Considerava infatti il suo liberalsocialismo l'insegna non di un partito
in
nuce, ma di un movimento etico-religioso, che mira ad un rinnovamento
più
profondo, non soltanto sociale ma morale, cui non sarebbe stata adatta la
forma
di partito.
A differenza del "socialismo liberale" Capitini inoltre diede
per
scontato che il comunismo, nel suo aspetto economico di eliminazione del
capitalismo,
cioe' di collettivismo, fosse una tappa del progresso storico che andava
non
evitato, ma condotto alle sue estreme conseguenze, non negato, ma portato
a
compimento.
Capitini non s’iscrisse mai a nessun partito, continuò a
definirsi
per tutta la vita "liberalsocialista", "indipendente di
sinistra"
e "libero religioso". In tutta la sua esistenza non conoscera'
ne'
privilegi di tessera, ne' potere di funzionario.Rifiutera' la
decorativita'
dei potenti e confutera' per sempre l'assolutizzazione della politica(che
era
lo sbocco del totalitarismo), e quindi la risoluzione di tutte le
attivita'
umane nel fare politico, cosi' come rifiutera' la confusione dei movimenti
sociali
coi partiti.
-Nel giugno Perugia viene liberata dagli alleati e Capitini il 17 luglio
apre
in città il Centro di Orientamento Sociale (COS)-
Nella critica motivata all’idea del Partito d’azione, Capitini
lancera'(1944)
la proposta di lavorare alla creazione e al funzionamento di
"centri",
cioè libere associazioni a livello territoriale, aperte al
contributo
di tutti, con il compito di informare sui problemi della vita pubblica,
discutere
le possibili soluzioni, offrirle alle decisioni dei politici e
amministratori,
controllare la loro attuazione. I C.O.S.(strumenti di fondazione
dell'autodeterminazione
e dell'autoamministrazione,della democrazia diretta e del controllo dal
basso)
operarono fino al 1948 senza il sostegno istituzionale, ne' delle
amministazioni
ne' dei partiti ormai avviati"alla monopolizzazione della vita
pubblica
nel cerchio chiuso delle centrali burocratiche".Coloro che ebbero
"riserve"
nei confronti dei C.O.S. furono tutte le forze "istituzionali"
comunisti
comunisti compresi, che stabilivano una correlazione diretta fra chi non
si
era opposto con le armi al nazi-fascismo ed una sorta di collaborazionismo
con
il regime. Ciò nonostante egli aderi' al Fronte Democratico
Popolare,
ma le sue proposte di indire assemblee popolari "nonviolente e
ragionanti"
non furono ascoltate, cosi' come non fu accolta la sua la sua proposta di
istituire
il servizio civile e un ministero della pace o almeno di un Commissariato
per
la "Resistenza alla guerra".
Purtroppo i partiti della sinistra italiana chiusi nel concetto della
conquista
del potere, trascurano e spesso osteggiano forze e iniziative che
"preparano,
giustificano, integrano il potere politico, che e' piuttosto il risultato
che
l'inizio di tutto il resto.Nonostante cio'" Bisogna percio' istituire
urgentemente
dei C.O.S. dappertutto, convocare il popolo tutte le settimane,
svegliarlo,
informarlo, insegnargli ad ascoltare e parlare, e cosi' le nostre lotte
per
una societa' socialista, per la pace, per la liberta' avranno uno stimolo,
un
controllo, una grande forza dal basso."
Nel pensiero di Capitini, come ebbe a scrivere N.Bobbio, il momento
negativo
della storia e' sempre, quale che sia la concezione religiosa o politica
dominante,
la trasformazione di una tensione in istituzione.Ovunque sono istituzioni
coi
loro dogmi, le loro regole rigide, le loro forme cristallizzate, ivi e'
sistema
chiuso, e ogni possibilita' di rinnovamento viene eliminata.In lui
l'azione
per la riforma religiosa e' accompagnata dalla lotta senza tregua contro
la
religone istituzionalizzata,la chiesa(le chiese), e contro la societa'
istituzionalizzata,
lo Stato. Riforma religiosa per Capitini significa non riforma
dell'istituzione
ma contro l'istituzione.Nella sua azione la lotta contro la Chiesa e la
battaglia
contro lo Stato, si sovrappongono, confluiscono l'una nell'altra perche'
il
nemico e' sempre lo stesso:il potere che viene dall'alto, sia che sia
esercitato
con la coercizione spirituale che con la costrizione fisica.
L'orizzonte di questa lotta contro "il potere che viene
dall'alto",
e la stessa nonviolenza, per Capitini ha un'orizzonte che non e' l'Italia,
non
e' l'Europa: forte del rifiuto dell'impero di oggi e del contro-impero di
domani".
"Se Gandhi lavorasse oggi, lavorerebbe in senso mondiale, e molto
meno
nazionale. D'altra parte una comunita' europea al vecchio modo non farebbe
che
mettersi con un blocco o con l'altro: la perplessita a fare la comunita'
europea
signifca proprio questo , che alcuni hanno capito che bisogna andare
oltre,
e non rifare la nazione in grande, ma aprire la comunita' a un contratto
orizzontale,
su piano di nonviolenza, anche se talvolta costi; ma quello che si paga e'
sacramento
per l'unita' e l'apertura a una societa' e realta'
liberata."(23-marzo
1953)
"Persuaso" che mondo sociale e mondo religioso fossero
intimamente
connessi Capitini rifiutando l'etichetta di "riormista" dira'
che
"lavorare religiosamente all'opposizione politica significa fare
propri
tutti i problemi della trasformazione della societa', e sopra gli altri
quello
del lavoro, della liberta', della giustizia, per tutti. In questa
prospettiva
la nonviolenza e la vita religiosa non sono un dogma, ma un principio
creativo,
il contrario del conformismo. E' consapevole lotta per "un principio
sociale
in cui tutti abbiano tutto", chela realta' puo' liberarsi.Amore e'
movimento.
La religone o l'impegno sociale che conducono all'immobilita' sono
insufficienze.
-------appendice1------------------
estratti da un testo di Aldo Capitini del 1964 (da "il Potere di
tutti"-
rivista fondata nel 64 e diretta dallo steso Capitini fino al 1968)
La pace e' sempre in pericolo.
La marcia della pace da Perugia ad Assisi fece convenire tre anni or
sono,
il 24 settembre 1961, persone da moltisseme parti dell'Umbria e da tante
parti
dell'Italia, di varie condizioni sociali, di diverse ideologie politiche e
religiose.Il
significato della manifestazione, che ebbe un rilievo nazionale e un'eco
anche
internazionale, fu principalmente quello di provare che e' possibile
radunare
dal basso una forza di pressione per la pace, la quale e' un problema
troppo
importante oggi per lasciarlo nelle mani dei governanti e dei diplomatici.
Si
ebbe un rafforzamento della fede che l'avvenire deve essere non della
guerra,
ma della pace e di un grande sviluppo sociale che liberi l'umanita' dal
capitalismo,
dal colonialismo, dall'imperialismo. Ci si senti' tutti uniti lassu', sul
prato
della Rocca di Assisi, nel ricordo di tutte le vittime di tutte le guerre.
Si
scopri in noi una fratellanza piu' profonda di prima. Lo sviluppo del
movimento
porto' ad altre marce e manifestazioni popolari, mentre in campo
internazionale
veniva attenuandosi la guerra fredda. Sorse la consulta per la pace, per
un'organismo
che unisce le varie associazioni operanti in italia per la pace .Scopo
della
consulta e' di "durante la pace preparare la pace" , cioe' di
organizzare
manifestazioni unitaire come marce, cippi comunali per la pace, convegni
sui
problemi del disarmo, tavole rotonde su pace e guerra, diffusione di
stampati
per formare un'opinione pubblica bene informata.Le non poche difficolta'
di
larga organizzazione, di disponibilita' di mezzi adeguati, di costanza
nella
collaborazione al lavoro comune, unite alla continua campagna dei gruppi
interessati
a mantenere la fiducia nella politica del governo(che accresce anno per
anno
le spese per il riarmo), non hanno dato alla Consulta quell' ampiezza di
influenza
che appariva possibile dopo la marcia di Assisi.I fatti del "miracolo
economico"
prima e della congiuntura sfavorevole poi hanno sviato la tensione e
l'attenzione.
Le parate militari, ampie e pubblicizzate come non mai dopo la liberazione
dal
regime fascista, hanno gettato nuovi semi di patriottismo che resta
scolastico,
limitato e retorico anche se decorato dei colori europeistici e
atlantici.(...)Noi
siamo convinti che le popolazioni si fidano troppo dei governi. La guerra
e'
voluta, preparata e fatta scoppiare da pochi, ma questi pochi hanno in
mano
le leve del comando. Se c'e chi preferisce lasciarli fare, e non pensarci,
divertirsi
e tirare a campare, noi dobbiamo pensare agli ignari, agli innocenti, al
destino
della civilta', dell'educazione e della progressiva liberazione di tutti.
Noi
dobbiamo dire NO alla guerra ed essere duri come le pietre; oggi i
governi,
con la decisione di fare la guerra e di usare armi atomiche e chimiche,
sono
infinitamente piu' dannosi di qualsiasi disordine della popolazione,
perche'
un'ora di guerra atomica puo' distruggere la vita d tutto un
popolo.(...)Giacomo
Matteotti , nel febbraio del 1915, scrisse che tutti i lavoratori dovevano
fare
, se scoppiava la guerra, lo sciopero generale. Intui che l'arma della
popolazione
intera davanti alla guerra e' la vigilanza e la non collaborazione, il
rifiuto
di massa.(...)La lotta per la pace tende a creare una permanente
mobilitazione
di tutti per controllare la politica estera, la politica militare, la
politica
scolastica, e denunciare gli errori, le colpe, le storture, le alleanze
dei
conservatori, degli imperialisti, dei nazionalisti per conservare il
potere
a danno della maggioranza della popolazione.La pace e' l'ideale e
l'interesse
che puo' oggi unire di piu' le popolazioni, e la lotta per la pace deve
essere
severa contro i mascheramenti dei vari imperialismi, contro le crociate
verso
un popolo o l'altro, contro le seduzioni del benessere per addormentare il
popolo.Quanto
piu' la lotta per la pace si allarghera' a comprendere anche giovani e
donne,
tanto piu' sorgeranno iniziative e organismi par trasformare fin d'ora la
societa',
sulla base della capacita' di stare insieme e associarsi per fini comuni,
in
un desiderio di discutere tutti i problemi oltre quello della pace, dal
punto
di vista del bene di tutti, e saranno conquistate, con centri sociali,
consigli
operai, di contadini, di insegnanti e di studenti, consulte popolari
amministrative,
posizioni di trasformazione rivoluzionaria dal basso. A noi pare che ci
siano
due posizioni sbagliate:
a) quella di coloro che dicono di volere la pace, ma lasciano
effettivamente
la societa' attuale com'e, con i privilegi, i pregiudizi, lo sfruttamento,
l'intolleranza,
il potere in mano a gruppi di pochi;
b) quella di coloro che vogliono trasformare la societa' usando la
violenza
di minoranze dittatoriali e anche la guerra, che puo' diventare atomica e
distruttiva
per tutti.
Per noi il rifiuto della guerra e della sua preparazione militare,
industriale,
psicologica, e' una componente fondamentale del lavoro per la
trasformazione
generale della societa'. Percio' lavoriamo in queste due direzioni:
1. spingere a costituire dappertutto forme di controllo dal basso;
2. orientare e alimentare questo controllo con idee e iniziative
contrarie
al capitalismo, al colonialismo, all'imperialismo.
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scuola e
omnicrazia
La riflessione pedagogica e lo studio dei problemi della scuola italiana
costituiscono
una parte importante dell’opera e dell’attività di
Capitini.
(...) Egli affermava di veder agire nel mondo contemporaneo due tendenze
contrapposte,
quella che da un lato cercava di diffondere ed imporre un modello sociale
ed
economico di tipo neo-imperialistico, basato su una struttura fortemente
gerarchizzata
del potere, e quella che invece cercava di diffondere una concezione
onnicratica
del potere stesso. È evidente da quale parte si orientasse il
favore
di Capitini, che auspicava una società in cui il potere fosse di
tutti
(onnicrazia) e, quindi, aperta e partecipativa in tutti i suoi ambiti.
(...)
Inoltre, Capitini indicava la necessità di valorizzare tutti quegli
elementi
che nella comunità scolastica favorissero l’autonomia, la
democrazia,
la libera convivenza tra soggetti di fede e culture diverse (ecco
perché
Capitini difendeva la scuola pubblica contro ogni forma di scuola
confessionale).
A suo giudizio, il compito della scuola non doveva essere semplicemente
quello
dell’accrescimento quantitativo delle conoscenze, ma quello di
fornire
allo studente gli strumenti concettuali che gli consentissero di essere il
protagonista
della propria ulteriore formazione.
Per Capitini si doveva dare più spazio all’insegnamento
dell’Educazione
civica, che non doveva però essere impartita come una "serie
di
obbedienze" ma come "un elenco di modi di partecipazione per la
trasformazione
continua della società" (pag. 122). Sostenitore di un
riformismo
graduale ma profondo, Capitini comprendeva quanto importante fosse il
ruolo
della scuola nella preparazione di una diversa e migliore società,
e
concludeva con una dichiarazione di grande fiducia nelle nuove
generazioni:
" I bambini sono il domani, cioè qualche cosa migliore
dell’oggi,
sono i preannunci di una realtà liberata dai nostri limiti; io
sento
davanti a loro un unico dovere: di concludere il passato meglio che posso.
Ma
sono aperto a che loro facciano meglio di noi" (pag. 125).
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Aldo Capitini nasce a Perugia il 23 dicembre 1899. Il padre era impiegato
comunale,
la madre sarta e casalinga.Nel 1919 intraprende gli studi classici. Si
iscrive
alla facoltà di Lettere e Filosofia, dove viene a contatto con
grandi
docenti antifascisti come Attilio Momigliano e Manara Valgimigli. Nel
1930,
Giovanni Gentile lo chiama a fare il segretario economico della Scuola
Normale,
della quale il filosofo fascista era direttore; diviene anche assistente
di
Momigliano. Si ispira al metodo nonviolento della non collaborazione
predicato
da Gandhi. Nel 1933, essendosi rifiutato di prendere la tessera del
Partito
Fascista, viene licenziato dalla Scuola Normale e torna a Perugia, in casa
del
padre. Nel 1937, con l’aiuto di Benedetto Croce, pubblica il suo
primo
libro di filosofia e religione: Elementi di un’esperienza religiosa.
A
Firenze viene per la prima volta arrestato e incarcerato per quattro mesi.
Nel
1943 esce Atti della presenza aperta ed è nuovamente imprigionato.
Nel
1944 esce La realtà di tutti. Nel giugno Perugia viene liberata
dagli
alleati e Capitini il 17 luglio apre in città il Centro di
Orientamento
Sociale (COS). Dopo l’arresto di Pietro Pinna, il primo obiettore di
coscienza
italiano, Capitini inizia una campagna in favore dell’obiezione di
coscienza
e organizza il primo convegno italiano sul tema, che si svolge a Roma nel
1950.
Lo stesso anno esce Nuova socialità e riforma religiosa. Nel 1951
esce
il suo primo libro di pedagogia: L’atto di educare. Nel 1958, esce
Aggiunta
religiosa all’opposizione. Nel 1959 fonda, assieme ad altri docenti
universitari,
l’Associazione per la difesa e lo sviluppo della Scuola Pubblica
Italiana.
Nel 1960 fa visita a Barbiana, nel Mugello, a don Lorenzo Milani e i suoi
ragazzi.
Il 24 settembre 1961, organizzata dal Centro per la Nonviolenza, diretto
da
Capitini, si svolge da Perugia ad Assisi la Prima Marcia per la Pace.
Dalla
Marcia presero avvio la "Consulta italiana per la pace", il
"Movimento
Nonviolento per la pace" e il periodico «Azione
nonviolenta»,
che Capitini diresse fino alla sua morte. Nel 1962 esce il libro
testimonianza
sulla Marcia intitolato: In cammino per la pace. Nel 1964 fonda un mensile
che
diresse fino alla morte intitolato «Il potere è di
tutti»
che si occupava della partecipazione dei cittadini ai problemi della vita
pubblica.
Nel 1966 esce quella che è la summa del suo pensiero religioso: La
compresenza
dei morti e dei vivi che l’anno seguente vince il "Premio
straordinario
Viareggio". Sempre nel 1967 esce Tecniche della Nonviolenza e
Educazione
aperta. Il 19 ottobre 1968 Capitini muore a Perugia dopo un intervento
chirurgico.
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