ultime notizie raccolte dai siti indipendenti di informazione e di solidarietà, boliviani e vicini: la capitale è in tumulto, il governo sgretolato, si aspettano i minatori e i contadini che marciano da El Alto. Il presidente "Goni" sulla strada dell'esilio
riporto alla rinfusa nel ultime notizie dalla Bolivia tratte dai siti indipendenti già citati nei post precedenti e linkabili da Indy Bolivia:
L'epicentro della rivolta sembra essersi spostato nella capitale, isolata da terra e dal cielo dai dipartimenti vicini e dalle regioni frontaliere. Dopo le barricate e gli scontri di questa mattina contro i pattugliamenti dell'esercito nelle periferie e in tutte le province dell'Altiplano, in seguito al massacro e all'imposizione della legge marziale a El Alto, dove i minatori e le comunità avevano iniziato i blocchi contro l'esportazione di gas naturale verso gli USA via Cile, colonne di manifestanti sono confluite verso mezzogiorno ora locale nel centro di La Paz. I quartieri settentrionali, orientali e occidentali della capitale sono da ore fuori controllo dell'esercito, così come la strada per e dall'aeroporto è permanentemente bloccata. L'Associazione per i Diritti Umani in Bolivia informa della costituzione di organismi spontanei di autocontrollo e autogestione dei quartieri, per evitare devastazioni e saccheggi e autogovernare le risorse comuni. Comitati di vigilanza sono stati costituiti dalle associazioni in cooperazione coi sindacati degli insegnanti, degli studenti e dei commercianti (panettieri e macellai) in sciopero di solidarietà da stamane, oltre che con le strutture della Centrale Operaia Boliviana, per prevenire gli abusi dell'esercito e creare una cortina d'infromazione intorno all'insurrezione civile. Intanto, nella regione centrale e tropicale del Chaparé, sono stati attivati da stamani i blocchi generali delle strade da parte dei cocaleros e dei contadini legati al Movimiento al Socialismo (MAS) dell'ex candidato cocalero alla presidenza, Evo Morales: marce di cocaleros hanno cominciato all'alba ad avviarsi verso il dipartimento della capitale. A El Alto, il bilancio di sangue è altissimo: ai 25 morti tra i manifestanti di ieri e ai 92 feriti (a fronte di un militare caduto... secondo il governo), per mano dell'esercito che accompagnava un convoglio di 12 cisterne destinate al piano privato di esportazione verso i mercati del Nafta, si sono aggiunti un giovane ucciso questa mattina e altri quattro periti dopo lunga agonia, feriti ieri notte, e oltre cinquanta altri colpiti dalle pallottole. Ma la legge marziale, imposta ieri dai comandi dell'Esercito in cooperazione con consiglieri militari cileni sull'agglomerato di 800mila abitanti, non regge: cocaleros e contadini della regione del Valle sono andati a dare man forte alla ribellione di El Alto, che è continuata nell'alba e nella mattinata con barricate e scaramucce ovunque. La leadership della rivolta, che tiene unite le comunità dell'enorme sobborgo metropolitano del Alto e le strutture locali della COB, ha rifiutato il passo compiuto in piena notte dall'odiatissimo presidente Gonzales Sànchez de Lozada, detto Goni, miliardario settantatreenne, sfruttatore delle miniere di Oruro e Potosì e in affari col clan dei Bush, che aveva annunciato un decreto di blocco d'ogni nuova esportazione del gas naturale. L'obiettivo di El Alto in rivolta, dopo i massacri di ieri, è il rovesciamento del presidente e un processo di controllo popolare effettivo sul destino gas e petrolio, uniche grandi risorse insieme alla coca del più povero paese del Cono Sur. La folla raccoltasi dai quartieri in rivolta Nord, Est ed Ovest di La Paz, marciando sul centro e riunendosi con un altro assembramento che aveva forzato i blocchi militari al Prado, si è trasformata a mezza giornata in un solo corteo di oltre 30mila persone, gonfiatosi di strada in strada di "vicini" armati al più di legni e pietre, che ha finito per isolare completamente il Palazzo Presidenziale in Plaza Murillo: palazzo peraltro già vuoto, circondato da reparti blindati dell'esercito con cui le avanguardie della manifestazione si sono subito scontrate, si sono sentite lunghe raffiche di mitraglia med esplosioni isolate nei dintorni della piazza. Il concentramento popolare staziona a circa due kilometri dal palazzo stesso, di fronte alla cintura formata dal presidio militare. "Goni" è rinchiuso invece nella sua residenza, nella zona Sud della capitale, dove riunisce incessantemente i ministri ma non riesce a realizzare una vera e propria riunione di gabinetto, da quando questa mattina, pur dopo l'annuncio del decreto contro le esportazioni, il vicepresidente, che fa riferimento al liberaldemocratico MIR dell'ex presidente Paz Zamora profondamente spaccato negli ultimi giorni, ha annunciato la rottura col capo dello Stato, dopo il massacro di El Alto e la scelta della legge marziale. Il governo non è più sostenuto dalla maggiornaza dei parlamentari del MIR, e l'intero gruppo della destra di Nueva Fuerza Republicana ha abbandonato "Goni". Tutti i giornalisti che fanno la spola con la residenza di "Goni" testimoniano della presenza da oltre un'ora di un'auto con targa diplomatica davanti la porta di servizio della villa, pronta alla bisogna... Intanto, alla mezza, la folla dei 30mila che assedia San Francisco, il centro di La Paz, si è organizzata: i portavoce delle associazioni hanno annunciato che si attende l'arrivo di più marce da El Alto, dopo quelle che stamane hanno forzato i blocchi militari lungo la cintura della Ceja del Alto (con un raggio di 12 kilometri dal centro) muovendo la calata delle periferie su San Francisco, per muoversi ancora e rompere il presidio del Palazzo di Plaza Murillo. Si sente incessantemente gridare dalla moltitudine: "Fusil, metralla, el pueblo no se calla" (fucile, mitraglia, il popolo non si azzitta), "Goni, cabròn, te espera el paredòn" (Goni, bastardo, t'aspetta la prigione: con gioco di parola su "perdòn", perdono), "Ahora es quando" (adesso è l'ora). Fortissimi scontri sono seguiti al tentativo dei militari e della polizia di aggredire, verso le 13 locali, la testa della manifestazione avvicinatasi a Plaza Murillo: nel frattempo la coda, a kilometri, veniva raggiunta dai primi gruppi delle marce dei vicini calati da El Alto. Alle 13 e 30 venivano rese note le dimissioni del ministro per lo Sviluppo Economico, Jorge Torres, del MIR; ed è stato annunciato un messaggio a minuti di Sànchez de Lozada, che da 18 ore non abbandona la sua residenza...
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