Genova, 14 aprile 2005 Ad aprire l’udienza la discussione dell’avv. Giacomini, difesa Ubaldi. Ispettore di PS, servizio di accompagnamento fermati, collocato dalla ricostruzione dei PM tra i cosiddetti “livelli intermedi”. Tra coloro cioè che, sovente “coptati” da altri servizi, vengono assegnati alla custodia dei fermati senza però responsabilità definite e preordinate. Gli viene contestato l’art.608 c.p. La tesi della difesa è quella della sostanziale estraneità della persona ai fatti: arrivato per caso, senza incarichi precisi neanche verbali, resterebbe fuori quasi tutto il tempo. Non avrebbe comunque accettato di fare “la guadia” essendo orgogliosamente addetto ad un servizio di maggior prestigio e non avrebbe in ogni caso potuto fare nulla su una situazione gestita dalla polpen. Situazione tra l’altro non così eclatante ed evidente, essendo la sua presenza collocabile e collocata nella notte di venerdì, quando la situazione era relativamente tranquilla. Dotta, dettagliata e ragionata digrassione sul dolo omissivo che chiama in causa persino i lavori preparatori della Carta Costituzionale. Persino troppo, viene da dire, per una posizione processuale così circoscritta. Tuttavia il lavoro dell’avv. Giacomini potrà forse andare a vantaggio di altre difese che, con imputati assai meno “presentabili”, sono costretti a volare più basso.
Prende poi la parola l’avv. Pendini, difesa Perugini. L’imputato n.1 di questo processo è presente in aula al fianco del suo avvocato. La tesi espressa nella sapiente, equilibrata e tecnicamente ammirevole discussione è semplice: Perugini arriva a Bolzaneto alla fine di un lungo turno di lavoro. Vede i colleghi della trattazione atti in difficoltà rispetto alla mole di lavoro e si ferma ad aiutarli. Si rende conto che ci sono cose che “non quadrano” e si rivolge ai responsabili o agli uomini incaricati per evitare che tali anomalie giungano a conseguenze spiacevoli. Poi si “tuffa” nell’ufficio trattazione atti a compiere operazioni di PG che si protraggono per ore. Se si fosse occupato di verificare se i suoi ordini erano stati eseguiti o del fatto che “i ragazzi” stavano ingannando il tempo torturando persone in stato di privazione della libertà, o della circostanza che le stesse persone erano senza cibo ne’ acqua, non avrebbe potuto occuparsi del lavoro di cui si è occupato- fa notare l’avvocato- ed oggi lo si accuserebbe di questo.
Ma allora, i due pestaggi denunciati come avvenuti proprio nella stanza dove lui si trovava?
Semplice: è vero che il Dottore è stato quasi sempre nella stanza, ma nel corso delle dieci ore che ha passato lì, avrà ben dovuto provvedere ad esigenze primarie e per così dire…fisiologiche, no? I pestaggi, se sono avvenuti, vanno collocati in uno di quei seppur rari momenti. Egli, in caso contrario, non avrebbe esitato ad intervenire. Del resto il suo atteggiamento civile e addirittura protettivo nei confronti dei fermati emergerebbe direttamente dalle dichiarazioni del primo “ospite” giunto in stato di fermo a Bolzaneto. Questi, dopo aver descritto in termini assai positivi il contegno del Dott. Perugini, incontrato nell’ufficio in occasione della verbalizzazione,, affermerebbe di aver visto passare il funzionario Digos una sola volta nei corridoi adiacenti le celle, per di più di corsa e trafelato.
Di qui due logiche deduzioni.
Una della difesa: è passato una sola volta perché è stato quasi sempre alla trattazione atti, perciò ha visto nulla o quasi di quanto accadeva nel resto della struttura.
Una nostra: correva a far pipì.
Rinvio all’udienza di venerdì 15.
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