[+ SCHOLÈ,
+ KA(ir)ÒS]>
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... - “LAVORO”, - STRESS!!
Il termine, storicamente (anche in varie lingue moderne: labeur in francese, lavoura in portoghese, ecc.), designa la fatica, un’attività penosa e mortificante, perché allude, soprattutto, al lavoro manuale e dipendente, che risulta faticoso per la resistenza della materia (difficile da “modellare”) e per i rapporti umani, in quanto si tratta per lo più di relazioni subordinate assai spesso umilianti.
Il lavoro (nelle culture dell’antichità, n.d.r.) è visto piuttosto come un castigo che come un dono, più come una condanna che come una gratificazione, in ogni caso come una lotta contro un suolo su cui grava la maledizione. Questa visione è sostenuta anche dalla dura realtà quotidiana di fatto.
Basti pensare alla concezione romana nella quale la parte maggiormente significativa della vita era l’otium, mentre il lavoro anche direttivo, autonomo, come quello di un proprietario terriero o di un commerciante, il lavoro degli affari, che noi metteremmo al primo posto, era definito al negativo, appunto il nec-otium, il negozio. Era quasi un residuo, un male necessario, sottratto a ciò che contava veramente.
Ma la società romana era anche una società di schiavi. Dei 12 milioni di abitanti, che si calcola avesse l’Italia romana, più di due terzi erano schiavi. E la concezione che abbiamo esposto era quella della minoranza costituita da uomini liberi. La cultura dell’otium significa avere tempo per pensare. Non per nulla otium si dice in greco scholè (tempo libero), da cui il nostro “scuola”, in cui c’è il tempo per la formazione e la cultura.
[L'OZIO ALLEATO DELL'APPRENDIMENTO NELLA PAUSA IL CERVELLO SI RIGENERA > http://www.repubblica.it/2006/b/sezioni/scienza_e_tecnologia/cervell/cervell/cervell.html]
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UN POPOLO DI STAKANOVISTI In Italia la settimana corta sta diventando un privilegio. Lo scorso anno, sette milioni 790 mila occupati, quasi la metà del totale, lavorano abitualmente o saltuariamente la sera, la notte e nel fine settimana. E ben il 42,6% dei lavoratori subordinati lavora il sabato. L’incidenza del lavoro domenicale è pari al 16,9%, mentre quella del lavoro serale si attesta al 21%.
QUASI DUE MILIONI DI STAORDINARI Nel secondo trimestre del 2004 un milione 912 mila lavoratori dipendenti, pari all’11,8% del totale, hanno effettuato almeno un’ora di straordinario. E ben 365 mila lo hanno effettuato senza ricevere alcun compenso, mentre ad altri 58 mila sono state pagate solo una parte delle ore lavorate oltre il normale orario di lavoro.
AUTONOMI, MA NON TROPPO I lavoratori autonomi sono 6 milioni 297 mila. Il 57,9% svolge un lavoro in proprio, il 24,4% è imprenditore o libero professionista, il 7,7% è un lavoratore parasubordinato (co.co.co e a progetto), il 9,1% lavora nell’impresa familiare. Per quanto riguarda l’organizzazione dell’orario di lavoro, imprenditori e liberi professionisti godono di una completa autonomia. Autonomia che è un miraggio per i collaboratori: solo il 28,5% può svolgere il lavoro in piena libertà. Negli altri casi l’attività è condizionata dal committente e per il 48,4% di essi i vincoli riguardano sia l’organizzazione sia la gestione dei tempi di lavoro. Dall’indagine Istat emerge, inoltre, un forte elemento di debolezza del lavoro autonomo, costituito dalla monocommittenza. Una situazione che interessa il 12,5% dei lavoratori autonomi e che sale fino al 86,5% dei collaboratori. Ancora una volta, le statistiche ci mostrano come lavori che formalmente si presentano “autonomi e indipendenti” sono di fatto veri e propri rapporti subordinati, pur non avendo nessuna delle tutele previste dalla legge.
(da un’indagine Istat su economia.virgilio.it - 5 gen.’006)
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“LAVORARE STRESSA” (da un’inchiesta a cura di “Altroconsumo” - 28 lug.’005))
- Dalle testimonianze raccolte risulta che il posto di lavoro è la principale fonte di tensioni quotidiane -
SE IL LAVORO NON NOBILITA Oltre la metà dei nostri interpellati non ha dubbi: la prima fonte di stress è il lavoro. Noia da routine, cattivi rapporti con colleghi, superiori o subordinati, insicurezze per la mancanza del posto fisso, orari massacranti... le cause sono numerose e cambiano da persona a persona. Si conferma quindi l’allarme lanciato dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, che ha denunciato che circa un terzo dei lavoratori europei è afflitto da disturbi psicofisici derivanti da tensioni legate all’ambiente lavorativo. I nostri dati sono in linea anche con un’indagine Eurispes condotta sui lavoratori italiani: secondo questa inchiesta circa un quarto soffre di stress da superlavoro.
QUANDO L'ANSIA È DIETRO L'ANGOLO Nella società odierna i motivi per stressarsi non mancano di certo: stili di vita frenetici, aspettative da colmare, preoccupazioni per il futuro... Quanto si resiste a tutti i potenziali motivi di tensione quotidiana? Lo abbiamo chiesto prendendo in considerazione i 12 mesi precedenti l’inchiesta. Dalle risposte avute risulta piuttosto chiaro che lo stress è una componente della vita di tutti i giorni. Anche in questo caso ufficio, fabbrica, negozio od officina sono i luoghi dove si creano più problemi rispetto a casa e condominio. Per il 27% le tensioni e i disagi derivanti dall’ambiente di lavoro si ripetono spesso (non sono cioè fenomeni sporadici).
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Allora come se ne esce, per RECUPERARE TEMPO E QUALITÀ ALLA VITA? Only 1 Solution -> “Dacci in fretta quello che ci spetta!”: RENTA PARA TODOS!
0 LAB_ +Є -> LINK @ [NON LAVORO E REDDITO] REDDITO UNIVERSALE INCONDIZIONATO DI CITTADINANZA - http://www.controappunto.org/documentipolitici/lavoro%20e%20reddito/Messaggio%2000101%20di%20106.htm PER UNA SOGGETTIVITÀ MOLTEPLICE - http://www.controappunto.org/documentipolitici/lavoro%20e%20reddito/per_una_soggettivita.htm LAVORARE PER VIVERE LAVORARE PER NON MORIRE O NON LAVORARE PER VIVERE? - http://www.controappunto.org/documentipolitici/lavoro%20e%20reddito/LAVORARE%20PER%20VIVERE%20LAVORARE%20PER%20NON%20MORIRE.htm ELOGIO DELL'OTIUM - http://www.controappunto.org/documentipolitici/lavoro%20e%20reddito/ELOGIO%20DELL.htm
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LIBRI / Il Paese a pezzi di Gallino tra precari e nuovi poveri e gli schiavi dei call center CINICA E FURBETTA MA IN FRANTUMI POVERA ITALIA RIMASTA SENZA FIATO (da un articolo di Dario Olivero, repubblica.it - 19 gen.’006)
PEZZI Il nuovo libro di Luciano Gallino raccoglie articoli apparsi su Repubblica negli ultimi cinque anni. I temi sono il mondo del lavoro e dei nuovi precari, il declino industriale, lo svuotamento della scuola e dell'università, la nuova povertà delle famiglie italiane, quella degli immigrati che bussano alle porte e le grandi incognite dell'economia globale. È un bignami del nostro tempo, il riassunto delle puntate precedenti e di come siamo arrivati a una condizione di vita in cui l'instabilità sociale ed economica si è interiorizzata diventando una visione del mondo profonda e radicata che impedisce ogni idea di progetto. In mezzo alla selva delle decine di contratti in cui muore ogni idea di identità collettiva, a lavori sempre più effimeri in cui si smarrisce la dignità del fare e ogni idea di identità individuale, a idee di imprese lanciate verso la finanza in cui si spegne ogni idea di identità nazionale si coglie il fallimento completo del sistema Italia. Mai titolo fu più azzeccato: “Italia in frantumi” (Laterza, 12).
SCHIAVI Restiamo alla flessibilità, venduta come lasciapassare per l'ingresso nel mondo del lavoro ma che in realtà fa sistema e modello a sé. Per chi volesse farsi un'idea di quanto si sia ormai lontani dallo spirito della Costituzione e dello Statuto dei lavoratori, ecco “CALL CENTER”, sottotitolo: “Gli schiavi elettronici della New economy” (Fratelli Frilli, 10) di Claudio Cugusi. VI vengono descritte strutture, rapporti di forza (e spesso di debolezza) e frustrazioni di quelle persone di cui noi conosciamo soltanto la voce quando ci rivolgiamo a un numero verde di assistenza per i clienti. Il concetto di alienazione in confronto a quello che provano questi newcomers del mondo del lavoro è una vacanza. Nell'elenco dei contratti che regolano il settore (ne sono previsti di ogni tipo tranne il più semplice, quello a tempo indeterminato) compare a un certo punto un comma: "Gravidanza, malattia e infortunio sono causa di sospensione del rapporto". Al legislatore non è tremata la mano mentre firmava questa cosa.
Più o meno 35 anni fa un prete, per onestà nei confronti della sua coscienza figlia di tempi già difficili ma più chiari di questi, smise la tonaca per tre anni e andò a fare l'operaio in fabbrica. Anzi, nella fabbrica, la Montecatini di Spinetta Marengo, Alessandria, nel periodo d'oro della grande scommessa italiana sulla chimica. Sironi ha rimandato in libreria quel “Come un atomo sulla bilancia” (14,50 euro) di Luisito Bianchi. Uomo onesto don Bianchi, che capì quasi subito le cose che bisognava capire: che l'operaio deve restare ignorante, che deve credere che esiste un progresso di cui beneficia, che ogni piccola cosa la deve conquistare impegnando ogni volta tutte le sue energie. È un libro datato, figlio di anni in cui conflitti e blocchi sociali erano definiti e condivisi. Ma certi meccanismi, come certi dubbi degli uomini onesti, sono senza tempo.
°^°^°^° |/_* ________ STOP [oddjobs/hard labour]-SLAVERY that is DIKTAT “no work, no existence” - >
BREAK your CHAINS: RECLAIM...
«FLEXECURITY» x ALL! L’Unione europea individua nella flexecurity, ovvero flessibilità più sicurezza, la nuova panacea per far crescere i posti di lavoro in modo sostenibile. La flessibilità del lavoro insieme alla sicurezza di un impiego con strumenti di protezione sociale. Ne ha parlato di recente anche Vladimir Spidla il commissario dell’occupazione dell’Unione europea all’incontro che si è tenuto in Austria il 19 e il 20 gennaio. Secondo tale politica si deve proteggere più la persona che il posto di lavoro e si devono introdurre nuove forme di sicurezza in uno scenario di aumentata flessibilità. Questo impianto, dicono gli esperti dell'Unione, non può prescindere da una necessaria coesione del sistema sociale. A oggi verrebbe da dire che la flessibilità c’è. La sicurezza non ancora.
(dalla sez. lavoro di repubblica.it)
> PRECARI, SE ARRIVA IN ITALIA IL "VENTO FRANCESE"
La legge italiana è più accorta, ma la maggior parte dei "lavoratori interinali" è nelle stesse condizioni. "LA FRANCIA È SEMPRE L'INIZIO, ANCHE PER I PRECARI PUÒ ESSERE COSÌ" (http://www.italy.indymedia.org/news/2006/03/1019669.php)
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