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presidì sotto le carceri | ||
by oradaria@riseup.net Thursday, Nov. 09, 2006 at 8:29 PM | mail: | |
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In un clima sempre più esasperato dalla spirale di violenza prodotta dal degrado di determinati contesti sociali e culturali, l’unica risposta possibile paventata dalle istituzioni è il ricorso alla repressione, attraverso la militarizzazione delle “zone calde” della città. Il ritorno alla “normalizzazione” per una città come Napoli significa la garanzia dell’incolumità fisica per tutti i suoi abitanti, ma d’altra parte significa anche la volontà di ignorare l’esistenza di realtà particolarmente degradate, dove trascorrono gran parte della loro vita tantissimi ragazzi e ragazze. E la repressione porta con sé automaticamente la soluzione del carcere: ed è proprio nelle carceri che si pensa debbano essere rinchiusi, per essere “recuperati”, “rieducati”, per poi infine essere reinseriti nella società, la maggior parte di coloro che, magari fin da adolescenti, hanno “scelto” la cosiddetta strada sbagliata. Così come si ritiene di risolvere il sovraffollamento delle carceri con la concessione dell’indulto a molti detenuti che, una volta tornati in libertà, con difficoltà riescono ad essere accettati da quella stessa società che già una volta li ha giudicati ed emarginati. Non dimentichiamo anche che la gran parte della popolazione carceraria è composta dai cosiddetti detenuti comuni, responsabili di furti, rapine, contrabbando o contraffazione, e da tantissimi immigrati e immigrate, che trascorrono lunghi periodi di detenzione, spesso dopo essere stati trattenuti per mesi interi nei CPT, soltanto perché ritenuti colpevoli di reati amministrativi come la mancanza dei documenti o dello stesso permesso di soggiorno. |
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