Un inconsueto punto di vista arabo
Quella che segue è un pezzo fatto sulle osservazioni di Joseph Farah al simposio della Coalizione Cristiana sull'Islam, il 15 febbraio a Washington, D.C., e quindi trasmesso due volte su C-SPAN [canale televisivo specializzato in politica]. Centinaia di telespettatori hanno scritto chiedendo una trascrizione del suo discorso; questa ne costituisce una versione ridotta.
Sono veramente infastidito, soprattutto dopo l'11 Settembre, da tutti i portavoce autoproclamati arabi-americani o musulmani-americani che vedo nelle varie trasmissioni.
Quel che mi infastidisce è il modo in cui palesano la loro mancanza di apprezzamento per come gli americani sono tolleranti, privi di pregiudizi e di mentalità aperta verso di loro e verso il mondo arabo e musulmano.
Gli americani sono così corretti e così comprensivi. Non sono certo pronti a generalizzare e imporre stereotipi - anche quando sarebbe nel loro interesse.
Questa settimana in due giorni ho preso 9 differenti voli aerei e sono passato da 9 diversi controlli di sicurezza degli aeroporti.
Neanche una volta in questi due giorni mi è stato rivolto lo sguardo più di una volta dal personale di sicurezza. Né sono stato sottoposto a particolari controlli extra.
E sono un arabo americano. Ho un faccia araba e un nome arabo. Ma non mi hanno controllato più degli altri. Invece ho visto giovani madri con bambini piccoli lottare per convincerli a passare ulteriori controlli. Ho visto anche una nonna affrontare l'insolenza di controlli extra.
E nel frattempo le lobby dei musulmani-americani e gruppi anti- discriminazioni degli arabi-americani denunciano questo paese come se fosse razzista e attuasse una politica discriminatoria nei loro confronti.
Non è vero.
E quel che è peggio è che ci sarebbe ogni ragione di buon senso per farlo.
La minaccia del terrorismo negli Stati Uniti viene in gran parte, se non esclusivamente, dagli arabi e dai musulmani. Noi ignoriamo questo fatto a nostre spese.
Quando viaggio in Medioriente, uso spesso l'El Al (la compagnia aerea israeliana). In realtà è la mia preferita. Perché? Per la sua grande sicurezza. So che per la mia origine araba i miei bagagli saranno controllati più scrupolosamente degli altri.
Questo mi dà fastidio?
Per niente. In realtà sono loro grato, perché so che questo personale di sicurezza non sta solo proteggendo i passeggeri, stanno proteggendo me.
Ha senso fare queste differenze - soprattutto quando siamo in guerra e il nostro stile di vita è a rischio.
Per chi di voi non ha letto i miei scritti sul Medioriente e il conflitto fra Occidente e Islam, non ritengo che queste battaglie avvengono per scarsa comprensione.
Non credo siano dovute alla difficoltà di comunicare.
Non credo dipendano dall'incapacità di trovare un compromesso.
Penso dipendano da persone malvagie che fanno cose malvagie, ecco la verità pura e semplice.
Sono arrivato ad occuparmi della questione mediorientale in un modo un po' diverso da quello di altri. Sono un giornalista arabo- americano cristiano. Sono arrivato alle conclusioni appena esposte attraverso esperienze di prima mano, occupandomi per lavoro di Medioriente in loco.
Nei miei 25 anni di carriera come inviato di un giornale, ho avuto due obiettivi: Hollywood e il Medioriente. Vi chiederete cosa abbiano in comune.
Hanno in comune il fatto che entrambi sono a metà fra realtà e sogno. Entrambi si basano su leggende. In realtà la capacità degli arabi di creare favole, reinventando la storia e drammatizzando i fatti farebbe arrossire Oliver Stone. E sono queste leggende che vorrei affrontare oggi nel poco tempo che abbiamo.
Qual è la contesa? Quali sono le radici del conflitto?
Se credete a quello che sta scritto negli articoli, i palestinesi vorrebbero una patria e i musulmani vorrebbero controllare luoghi che considerano sacri? Semplice, no?
Sbagliato! In realtà queste due richieste non sono altro che mosse strategiche, giochetti della propaganda. Non sono altro che scuse false e tentativi di razionalizzare il terrorismo e l'assassinio degli ebrei. Il vero obiettivo di chi fa queste richieste è la distruzione dello stato di Israele.
La prova è che prima della guerra arabo-iscraeliana del 1967, non c'erano seri movimenti per la creazione di uno stato palestinese. Perché?
Nel 1967, durante la guerra dei sei giorni, gli israeliani conquistarono la Giudea, la Samaria e Gerusalemme Est, ma non presero questi territori ad Arafat. Li conquistarono a Hussein, Re di Giordania. Perché i cosiddetti palestinesi improvvisamente scoprirono la loro identità nazionale dopo che Israele aveva vinto la guerra? Perché non c'era stata prima la richiesta di uno stato palestinese?
La verità è che la Palestina non è più reale del paese dei balocchi. La prima volta che questo nome è stato usato è stato nel 70 D.C., quando i romani commisero un genocidio nei confronti degli ebrei, distrussero il Tempio e dichiararono che le terra di Israele non sarebbe esistita più. Da allora, promisero i romani, sarà chiamata Palestina. Il nome deriva, si pensa, dai filistei, un popolo conquistato dagli ebrei secoli prima
Contrariamente a quello che vi dirà Arafat, i filistei erano estinti all' epoca. Ad Arafat piace fare finta che il suo popolo sia il discendente dei filistei. Invece il nome era stato scelto semplicemente per insultare gli ebrei - non sono erano stati annientati, ma la loro terra veniva chiamata con il nome di un popolo che avevano conquistato.
La Palestina non è mai esistita - prima o dopo - come stato nazione. Quella terra stata governata a turno da Roma, dai crociati cristiani e islamici, dall'Impero Ottomano e, per un breve periodo, dai britannici, dopo la Prima Guerra Mondiale. I britannici accettarono di restituire almeno una parte della terra al popolo ebraico quale loro madre patria. Chi respinge l'idea? Gli arabi. Gli ebrei non potevano avere un posto nel Medioriente. Nessuno. Zero. Zip. Nada.
Adesso, almeno agli occidentali, Arafat e alcuni cosiddetti arabi "moderati" vi diranno che è giusto che anche gli ebrei abbiano una patria - a fianco degli arabi. Perché non andava bene nel 1948?
Non esiste una lingua nota come "palestinese". Non esiste una distinta cultura palestinese. Non c'è mai stata un terra chiamata Palestina, governata da palestinesi. I palestinesi sono arabi, indistinguibili dai giordani, dai siriani, dai libanesi, dagli iracheni etc. Ricordatevi che gli arabi controllano il 99,9% delle terre arabe. Israele costituisce l'uno per mille di quelle terre.
Ma questo è troppo per gli arabi. Vogliono tutto. E questo è alla fine il motivo dei combattimenti in Israele oggi. Non importa quante concessioni territoriali farà Israele, non sarà mai abbastanza.
Arafat stesso ha spiegato il trucco dei negoziati con Israele in un discorso del 1994 in Sudafrica, in inglese. L'ha spigato in arabo decine di volte.
Prima creiamo uno stato nostro, poi usiamo questo stato per liberare tutta la Palestina. Ecco lo scopo. È sempre stato lo scopo.
Arafat e i suoi sostenitori vi diranno che c'è bisogno di uno stato arabo perché gli arabi sono stati forzatamente rimossi dalle loro proprietà nella guerra del 1948. Ma sentite cosa dicevano gli arabi riguardi ai rifugiati dopo la guerra:
- "Il fatto che vi siano questi rifugiati e una diretta conseguenza delle azioni degli stati arabi contro la spartizione e lo stato ebraico. Gli stati arabi concordano con questa politica unanimemente e devono condividere l'onere della soluzione del problema"
(Emile Ghoury, segretario dell'Alto Comitato Arabo Palestinese, in un'intervista con il "Beirut Telegraph" 6 settembre 1948)
- "Gli stati arabi, che hanno incoraggiato gli arabi palestinesi a lasciare le proprie case temporaneamente in modo da non intralciare l'invasione degli eserciti arabi, non hanno poi mantenuto la promessa di aiutare i rifugiati"
(quotidiano giordano "Falastin", 19 febbraio 1949)
- "Chi ha portato i palestinesi in Libano come rifugiati, facendo loro soffrire l'atteggiamento malevolo dei giornali e dei leader comunali che non hanno né onore né coscienza? Chi li ha portati nella miseria e nella povertà, dopo aver perso l'onore? Sono stati gli stati arabi e il Libano fra questi"
(Settimanale di Beirut "Kul-Shay" 19 agosto 1951)
- "Il 15 maggio 1948 arrivò .. Quel giorno il muftì di Gerusalemme si appellò agli arabi di Palestina affinché lasciassero il paese perché gli eserciti arabi stavano per arrivare e combattere per loro"
(quotidiano cairota "Akhbar el Yom", 12 ottobre 1963)
- "Per la fuga e la caduta degli altri villaggi sono i nostri capi ad essere responsabili a causa della loro propaganda di voci che esageravano i crimini degli ebrei e li descrivevano come atrocità per infiammare gli arabi. Diffondendo le voci di atrocità ebraiche, uccisioni di donne e bambini ecc., hanno indotto paura e terrore nei cuori degli arabi di Palestina fino a farli fuggire lasciando le loro case e proprietà al nemico"
(quotidiano giordano "Al Urdun" 9 aprile 1953)
Potrei andare avanti con questa storia dimenticata - deliberatamente scordata. Ma ormai avete capito. Non c'è stato alcun complotto ebraico per scacciare gli arabi dalle loro case nel 1948. Non è mai accaduto. Ci sono invece copiose prove che mostrano come gli ebrei avessero pregato i loro vicini arabi di restare e vivere in pace e armonia. Tuttavia, nonostante le parole chiare e per niente ambigue degli osservatori arabi dell'epoca, la storia è stata efficacemente riscritta per far apparire gli ebrei come i cattivi.
Gli stati arabi che hanno cominciato le ostilità non hanno mai accettato la responsabilità - nonostante le loro enormi ricchezze e la loro capacità di assorbire decine di milioni di rifugiati nelle loro grandi nazioni sotto-popolate. E gli altri stati non hanno fatto accettare loro questa responsabilità.
Oggi, naturalmente, questa farsa crudele continua. Le sofferenze di milioni di arabi vengono perpetuate soltanto per motivi politici dagli stati arabi. Sono semplici pedine nella guerra per distruggere Israele.
C'erano circa 100 milioni di profughi nel mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale. I palestinesi sono gli unici nel mondo a non essere stati assorbiti o integrati nelle loro terre. Da allora, milioni di profughi ebrei da tutto il mondo sono stati assorbiti nel piccolo stato di Israele.
Non ha senso aspettarsi che lo stesso piccolo stato risolva la crisi dei profughi che non ha creato.
Pensate forse che agli arabi interessi veramente la sorte dei profughi? Vorrei farvi notare che Israele, fra tutti gli stati mediorientali, ha trattato i profughi arabi con maggior correttezza e compassione.
Lasciate che vi faccia un esempio:
Secondo il "Jordan Times" "i profughi palestinesi in Libano, ai quali sono a lungo stati negati molti diritti civili, compreso il diritto al lavoro, devono adesso affrontare un ulteriore ostacolo alle loro esistenze precarie. In base a un decreto introdotto dal parlamento l'anno scorso, gli arabi palestinesi saranno privati del diritto alla proprietà. Chi già possiede delle proprietà non potrà passarle ai propri figli"
Provate a immagine cosa sarebbe successo se Israele avesse emanato una legge simile? Vi lascio immaginare quali strepiti sarebbero stati fatti a livello internazionale. Cosa avrebbero detto le Nazioni Unite? Come avrebbero vista i media occidentali un piano così draconiano?
Tuttavia questo è successo in paese arabo senza che praticamente nessuno lo abbia commentato - a parte qua [negli Stati Uniti. N.d.T.].
E riflettiamo sulla motivazione lucida per questa azione in Libano, come viene descritta dal "Jordan Times": "Il parlamento libanese ha approvato questa legge per proteggere il diritto dei profughi palestinesi al ritorno nelle loro case da cui sono fuggiti dopo la creazione dello stato di Israele su terre palestinesi nel 1948".
Non vi sembra bello? "Proteggiamo i vostri diritti negando i vostri diritti".
Mentre Israele muore dalla voglia di fare concessioni agli arabi palestinesi - soprattutto quelli vittime della guerra del 1948 - gli stati arabi hanno solo cercato di sfruttare le loro miserie. E lo sfruttamento continua ancor oggi. È nascosto. È una questione legale. E il mondo non lo nota.
Fin da quando ho scritto un articolo nell'ottobre del 2000, chiamato "I Miti del Medioriente", i lettori da tutto il mondo mi hanno chiesto cosa significa il termine "palestinesi":
La semplice risposta è che significa qualsiasi cosa Arafat voglia che significhi.
Arafat stesso è nato in Egitto. In seguito si è trasferito a Gerusalemme. Infatti la maggior parte degli arabi che adesso vivono nei confini di Israele sono venuti da qualche altro paese arabo in un qualche momento della loro vita.
Gli arabi continuano a migrare verso Israele anche oggi. Continuano a trasferirsi nell'Autorità Palestinese. Immigravano là prima ancora che Israele ne abbandonasse il controllo.
Gli arabi hanno costruito 261 insediamenti in Cisgiordania dal 1967. Non sentiamo parlare molto di questi insediamenti. Sentiamo invece parlare degli insediamenti ebraici che sono stati creati. Sentiamo come essi siano destabilizzanti, come siano provocatori. Tuttavia soltanto 144 insediamenti ebraici sono stati costruiti dal 1967, compresi quelli intorno a Gerusalemme, in Cisgiordania e Gaza.
Questo fenomeno è nuovo? Assolutamente no. È sempre stato così. Gli arabi migravano verso Israele e il suo ambiente fin da quando è stato creato e anche prima, contemporaneamente all'ondata migratoria ebraica in Palestina prima del 1948.
Winston Churchill nel 1939 disse: "Lungi dall'essere perseguitati, gli arabi hanno affollato il paese e si sono moltiplicati tanto che la loro popolazione è aumentata così tanto che perfino tutto l'ebraismo mondiale non sarebbe in grado di far aumentare altrettanto la popolazione ebraica".
E questo solleva una domanda che non ho mai sentito chiedere: Se la politica di Israele rende la vita così intollerabile per gli arabi, perché continuano ad immigrare nello stato ebraico?
Questa è una domanda importante ora che vediamo il dibattito palestinese spostarsi sul "diritto al ritorno"
Secondo le stime più liberali delle fonti arabe da 600.000 a 700.000 se ne andarono da Israele intorno al 1948, quando fu creato lo stato ebraico. La maggior parte non venne cacciata dagli ebrei, ma se ne andò su sollecitazione dei capi arabi che avevano dichiarato guerra a Israele.
Tuttavia vi sono molti più arabi che vivono nei territori oggi che allora. E la maggior parte di coloro che se ne andarono nel 1948 era originaria di altri stati arabi.
Ecco perché è difficile definire il termine "palestinesi". Lo è sempre stato. Cosa significa? Chi è un "palestinese"? È qualcuno venuto a lavorare in Palestina per via di una economia fiorente e maggiori opportunità di lavoro? E qualcuno che è vissuto nella zona per almeno due anni? Cinque anni? Dieci anni? È qualcuno che una volta ha visitato quella zona? È qualsiasi arabo che voglia vivere in quella zona?
Sebbene gli arabi siano molti di più degli ebrei in Medioriente - in una proporzione di 100 a 1 -, la popolazione araba di Palestina era storicamente molto bassa, fino al rinnovato interesse ebraico per quelle zone agli inizi del XX sec.
Per esempio, una guida turistica della Palestina e Siria, pubblicata nel 1906 da Karl Baedeker, illustra come, anche quando l'Impero Ottomano governava la zona, la popolazione mussulmana di Gerusalemme era minima.
Il libro stima che la popolazione totale della città sia di 60.000 persone, di cui 7000 musulmani, 13.000 cristiani e 40.000 ebrei.
"Il numero degli ebrei è cresciuto grandemente negli ultimi decenni, nonostante il fatto che sia loro vietato immigrare o possedere proprietà terriere" dice il libro.
Nonostante gli ebrei fossero perseguitati, venivano lo stesso a Gerusalemme e costituivano la stragrande maggioranza della popolazione già nel 1906.
Perché i musulmani erano così pochi? Dopotutto ci dicono che Gerusalemme è la terza città santa dell'Islam. Sicuramente se questo fosse stato creduto nel 1906, i più devoti si sarebbero stabiliti là.
La verità è che la presenza ebraica a Gerusalemme e in tutta la Terra Santa è continuata in tutta la sua sanguinosa storia, come documentato dal libro fondamentale di Joan Peters sulle origini del conflitto arabo-israeliano nella regione, "Da tempo immemorabile".
È anche vero che la popolazione araba è cresciuta dopo l'immigrazione ebraica nella zona. Gli arabi arrivarono per via delle attività economiche. E, che lo si creda o no, vennero perché c'erano più libertà e più opportunità in Israele che nelle loro patrie.
È tempo di inserire la questione dalla libertà nel dibattito. Negli ultimi anni Freedom House, l'organizzazione per i diritti umani che controlla come gli stati del mondo trattino i propri cittadini, ha notato che vi è una tendenza globale ad allontanarsi dai regimi totalitari e autoritari per andare verso maggiori libertà, dappertutto tranne che nel mondo arabo.
Ci sono 22 stati arabi, tutti a loro modo stati di polizia. Se gli Stati Uniti continuano a premere per uno stato palestinese sotto la leadership di Yasser Arafat, ce ne saranno 23.
Speriamo e preghiamo che questa amministrazione cominci a capirlo. Ci sono forti indicazioni che stia avvenendo. La prossima campagna in Iraq può rappresentare uno spartiacque nella storia del Medioriente.
Immaginate un Iraq libero.
Immaginate un Afghanistan libero.
Immaginate un Iran libero.
Immaginate un Libano libero.
Tutto questo può accadere. Se ci poniamo degli obiettivi alti e agiamo responsabilmente, se siamo coraggiosi e risoluti nell'affrontare questa guerra la terrorismo - questa guerra che non abbiamo iniziato - tutto questo può accadere.
Joseph Farah 2003 WorldNetDaily.com, 24 febbraio 2003
Fonte: http://www.wnd.com/news/article.asp?ARTICLE_ID=31194
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