Il 45 per cento degli italiani voterebbe sì al referendum Ecco i risultati a sorpresa di una ricerca realizzata da una società indipendente su un campione rappresentativo.
Gli italiani pensano che chi cerca lavoro oggi sia già in partenza meno tutelato rispetto a 10 anni fa. Una convinzione che è aumentata nel corso del 2002, passando da un 50% al 54% del 2003. Significa che più della metà degli intervistati pensa che ci sia più precarietà e insicurezza nel mercato del lavoro di oggi. Per quanto riguarda il referendum di giugno sull'articolo 18, i risultati sono abbastanza sorprendenti: se si votasse domani, dice la ricerca, il 45% degli italiani voterebbe sì, il 18% dichiara che voterebbe no, il 21% dichiara invece la sua intenzione di astenersi e il 16% non sa. Si tratta dei risultati di una ricerca realizzata dalla «Similation Intelligence Research», società specializzata in ricerche e sondaggi, una impresa indipendente da gruppi industriali e finanziari e di proprietà esclusiva dei professionisti che la dirigono e che è impegnata nel campo delle ricerche di mercato e dei sistemi di comunicazione interattiva. La ricerca in questione si è basata su 800 interviste composte di quattro domande (chi cerca lavoro è meno tutelato rispetto a dieci anni fa? le condizioni di lavoro in Italia sono migliori o peggiori rispetto al resto dell'Europa? quanti sanno del referendum sull'articolo 18? se si votasse domani, come voterebbero gli italiani?). Domande e risposte sono state formulate per via telematica e il campione è rappresentativo della popolazione italiana, per sesso, età, residenza geografica.
Il dato che più colpisce di questa ricerca riguarda proprio l'atteggiamento degli intervistati sull'articolo 18. In particolare alla questione sulla necessità di mantenere o meno l'articolo 18 nelle imprese sopra i 15 dipendenti, il 70,6% ha risposto sì, ovvero che è giusto mantenerlo, il 15,1% ha risposto no, mentre la fetta degli indecisi, dei «non so», è del 14,3%. La convinzione che l'articolo 18 - al di là del referendum - debba essere mantenuto per le imprese sopra i 15 dipendenti è aumentata rispetto al 2002, passando appunto dal 64% del 2002 al 70,6% del 2003.
Interessanti anche i risultati del sondaggio a proposito delle altre domande sul mercato del lavoro. Più della metà degli italiani reputa che chi lavora in Italia abbia condizioni peggiori rispetto al resto dell'Europa. Anche in questo caso i ricercatori hanno notato che la percentuale dei «pessimisti» o quanto meno dei preoccupati rispetto alle condizioni di lavoro è aumentata dall'anno scorso a oggi. Quelli che pensano che le condizioni di lavoro in Italia siano peggiori di quelle negli altri paesi sono passati dal 54% al 56% degli intervistati.
Si nota poi anche una certa coerenza logica tra le risposte che forniscono alla Simulation Intelligence gli intervistati. Come conseguenza logica di una preoccupazione che aumenta a proposito delle questioni del lavoro, gli intervistati rispondono che il governo dovrebbe occuparsi più di queste cose, piuttosto che della liberalizzazione del mercato del lavoro. Il 69% degli intervistati (contro il 67% del 2002) dichiara infatti che il governo dovrebbe occuparsi più di tutelare i lavoratori che di liberalizzare il mercato del lavoro.
Complessivamente emerge dalla ricerca un quadro abbastanza chiaro, complesso, ma non confuso e contraddittorio. Emerge un quadro incerto per quanto riguarda il referendum di giugno e soprattutto sulla questione del raggiungimento del quorum; ma questa non è che una conferma di un fatto politico che risulta ben chiaro da giorni. Emerge però anche una grossa spinta per il sì, quasi a confermare un'altra convinzione che si sta diffondendo: se si dovesse raggiungere il quorum, vincerebbero i sì. Ma forse il punto più interessente della ricerca riguarda proprio la percezione della nuova insicurezza sociale ed economica che domina.
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