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[G8] «Ma dimenticare è impossibile»
by il manifesto Monday, Sep. 15, 2003 at 11:48 AM mail:

Parlano le vittime del blitz: così entrarono e ci massacrarono L'avvocato Tartarini: erano saltate tutte le regole. Come in un golpe

Non sono pochi due anni e due mesi. C'è il tempo per dimenticare i dettagli, per offuscare i particolari, magari anche per rimuovere il peggio. Invece nella memoria delle persone che erano alle scuole Diaz e Pascoli la notte del 21 luglio 2001 i ricordi sono ancora vividi. «Sono entrati senza nemmeno urlare "polizia". Io e due miei amici siamo scappati al piano superiore, ma sono arrivati dopo cinque minuti. Ci si sono lanciati addosso ed hanno iniziato a massacrarci, letteralmente. Dicevano "Vi ammazziamo", "Siete delle merde", oppure "Vi facciamo passare la voglia di fare queste cose". E ci picchiavano con i manganelli con l'anima di ferro e a calci», di quello che è successo quella notte Freddy - che è rimasto a tutti gli effetti un militante convinto del movimento che era a Genova quei giorni - parla ancora, soprattutto con gli amici. Da quella notte è uscito con tre grossi tagli in testa, poi chiusi con 13 punti, e tre dita delle mani rotte, una delle quali operata nell'ospedale di Genova dove l'hanno ricoverato quella stessa notte. Ma il fatto che le indagini si siano chiuse puntando l'indice sui vertici della polizia e facendo tremare anche il Viminale lo lascia quasi indifferente: «I poliziotti si sono comportati più o meno come fanno sempre. E' scritto nel loro Dna. Piuttosto dovremmo ricordarci che in carcere per ora ci sono solo dei manifestanti».

Uno scetticismo, quello di Freddy, che si riflette nei giudizi di molti altri dei protagonisti di quella notte del 21 luglio. «Non capisco tutto questo entusiasmo - dice Manolo, un media attivista che quella notte si trovava nella scuola di fronte alla Diaz, la Pascoli, sede del media center - non si sa ancora se questi poliziotti saranno processati e se saranno condannati. Personalmente credo che alla fine individueranno qualche "mela marcia" da far saltare. Ma la maggior parte dei protagonisti rimarrà al suo posto». Lui di quella notte ricorda soprattutto la necessità di cercare di filmare tutto il possibile di quello che stava accadendo, ma anche la sensazione di assistere a qualcosa di «esagerato» e contemporaneamente «normale» nella quotidianità delle giornate genovesi: «Nella Pascoli tutto si è svolto senza particolari tensioni. Quando sono entrati per perquisirci ci siamo spaventati, ma io mi sono tranquillizzato quando ho visto una telecamere di una tv. Mi è sembrata una garanzia. Poi, quando eravamo tutti fuori, mi ricordo che a un certo punto alcuni agenti sono usciti dalla Diaz con dei sacchi neri in cui c'era il materiale sequestrato - aggiunge - la tensione è salita di botto, perché per qualche minuto abbiamo creduto che ci fosse un altro morto. Dopo quello che era successo tutto ci sembrava possibile».

Dai ricordi di quella notte ognuno è uscito in maniera diversa. Molti come Paolo, un altro dei media attivisti che erano nella Pascoli, la scuola perquisita subito dopo la Diaz, ma senza pestaggi, non ne hano parlato per mesi: «La maggior parte di noi sono riusciti a riparlarne solo molto tempo dopo, perché all'inizio la memoria di quello che era avvenuto era troppo crudele».

«Di quella notte comunque - conclude Laura Tartarini, avvocato genovese che ha difeso molti dei pestati della Diaz e che quella notte si trovava davanti alle due scuole perquisite - ricordo soprattutto la sensazione di golpe che abbiamo avuto tutti quanti, anche quelli più anziani di me. Sembrava che fossero saltate tutte le regole e gli agenti fossero convinti di poter fare quello che volevano davanti a tutti, fregandosene del fatto di essere filmati o che ci fossero parlamentari ed avvocati».

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