«E adesso tocca a via Adda». E' bastata una dichiarazione, buttata lì ieri mattina - forse in maniera un po' improvvida - da un rappresentante delle forze dell'ordine, davanti agli sfollati di via Polidoro, perché in poche ore il telefono senza fili portasse il messaggio all'altro terminale del Problema, a pochi isolati dalla Stazione Centrale. Come prevedibile, le parole hanno sollevato un vespaio e messo in allerta gli abitanti del «fortino» di via Adda, ben più difficile da espugnare, e pronti a tutto, persino alla morte, pur di resistere. I circa 250 romeni nella casa di ringhiera si sono messi così in assemblea, nel tardo pomeriggio di ieri, insieme ad alcuni esponenti dei centri sociali, e hanno annunciato per questa sera un'importante decisione. La notizia del rimpatrio di buona parte degli altri «fratelli» romeni, che come loro avevano trovato una sistemazione dopo l'ennesimo sgombero della baraccopoli di via Triboniano, ha riportato tensione nello stabile, che da mesi suscita le reazioni del vicinato. Da qualche tempo, infatti, sembrava come allentata la morsa delle istituzioni nei confronti degli occupanti. Il vicesindaco, Riccardo de Corato, aveva chiesto e ottenuto da polizia e carabinieri un presidio fisso del vicinato, 24 ore su 24, a garanzia dei residenti che lamentavano reati minori. Ma null'altro. Gli stessi romeni, che vi si erano insediati ormai quasi due anni fa, si erano dapprima organizzati in un cantiere di lavoro, che ha iniziato a ristrutturare alcune parti dello stabile (tra i romeni ci sono molti carpentieri e muratori). Poi, gli stessi abitanti si sono dati un censimento e un tesserino di riconoscimento con foto, per regolarizzare gli ingressi nello stabile. Secondo i dati «interni», sarebbero 200 i regolari, 40 i romeni in attesa di permesso di soggiorno e 10 i clandestini: tra i 250 abitanti della casa, 70 sono i minori e 20 le donne incinte. Sempre a proposito di numeri, i romeni di via Adda contestano quelli forniti ieri dalla polizia, a supporto delle espulsioni dal territorio nazionale verificatesi in seguito allo sgombero di via Polidoro. Secondo dati forniti dalla stessa Questura, e citati da don Virginio Colmegna l'altroieri, dei 150 romeni sgomberati lunedì 14 ottobre in via Triboniano, ben 146 avevano il permesso di soggiorno. Come è possibile, è la replica, che in via Polidoro, dove gli stessi romeni in fuga da via Triboniano si sono infilati la notte successiva, i regolari fossero soltanto 89 su 183? Numeri a parte, lo sgombero dello stabile di via Polidoro segna un ulteriore spaccatura tra le istituzioni e il privato sociale a Milano. Una spaccatura che vede due squadre variamente composite a sostegno di due opposte tesi. Da un lato il Comune e la Questura, che sembrano determinati sulla linea dura. Dall'altro, Prefettura, Caritas, City Angel's e altri rappresentanti del volontariato. Tutti a sostegno della tesi espressa dal rappresentante del governo meno di un mese fa: ovvero che considerare l'immigrazione in termini di pura emergenza è ormai miope. Gli sgomberi, secondo il prefetto, generano solo masse umane in cerca di altre sistemazioni illegali. Meglio regolamentare il tutto con piccoli campi attrezzati, e con l'aiuto dei privati. L'inverno dirà chi ha ragione.
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