Dopo trent'anni di segreto militare e ritardo, è stato reso noto il piano di emergenza per l'evacuazione della popolazione di La Maddalena (Nord Sardegna) in caso di incidente alla vicina base nucleare USA. Articolo tratto da "Cronache isolane": http://www.cronacheisolane.it/piano_evacuazione.htm#15.000
Speciale
anteprima del Piano di Evacuazione in caso di incidente nucleare
- 15.000 persone da
evacuare in 60 minuti
- I tempi
- Le regole
Vedi anche:
Speciale sulla Base Usa
Vedi anche: Gli
Americani a La Maddalena
15.000 persone da evacuare
in 60 minuti
Quindicimila persone da
evacuare in sessanta minuti, se succede d'inverno. Altrimenti Dio ci
aiuti. Non ci sono appelli a Nostro Signore ma qualcosa di molto simile
nelle contromisure messe a punto dalla Protezione civile in caso di
incidente nucleare nella base americana di Santo Stefano, a La Maddalena.
Elaborato nel 1979 e coperto dal segreto militare, il piano viene ora alla
luce: nel senso che il Prefetto di Sassari dovrà renderlo noto entro la
fine del mese o al massimo ai primi di gennaio.
Dopo l’infortunio ad un sommergibile Hartford finito il 25 ottobre su una
roccia del fondale, l'opposizione incalza il sindaco e chiede sicurezza.
Anzi perfino qualcosa di più: che gli americani se ne vadano.
Ma questo è solo un pio desiderio. Regalata agli Stati Uniti dal governo
Andreotti nel 1972 con un accordo tuttora top secret, la base di Santo
Stefano è un punto d'attracco per sommergibili a propulsione e armamento
atomico. Col tempo è diventata qualcosa più che un banale attracco. E in
futuro potrebbe riproporsi in termini ancor più ampi e inquietanti.
Dirimpettaia della Costa Smeralda, rappresenta una stazione militare ad
altissimo rischio per la popolazione civile. Tanto è vero che da oltre
vent'anni è stato previsto (e tenuto nascosto) un vademecum dell'emergenza
che coinvolge medici, vigili del fuoco, esercito, polizia, carabinieri.
Che coinvolge traghetti per il trasporto dei contaminati, treni speciali,
alberghi da requisire, ospedali in allerta e perfino supermercati da
svuotare. Che coinvolge - in tempi brevissimi - specialisti del giorno
dopo, gente capace di ridurre i danni provocati dagli isotopi radioattivi.
Che coinvolge un servizio di marineria in grado di allontanare («alla
velocità non inferiore ai tre nodi») il sommergibile in avaria.
Il Piano, che deve restare segreto fino a quando le autorità non
decideranno di pubblicarlo (dopo averlo naturalmente edulcorato e
riconvertito in una sorta di rassicurante istruzione per l'uso) ha perso
la strada ed è finito - dopo un cammino neanche tanto accidentato - sui
tavoli della redazione di un giornale. Il nostro. Mica roba da niente:
centoventi cartelle dattiloscritte più un'appendice (con tanto di tabelle
per misurare il grado di peste nucleare) firmato in tandem dagli organismi
dei ministeri Interno e Difesa che si occupano di morte invisibile. Fin
dalla prima frase, da quella che sembra una verità rivelata («Il presente
Piano è adottato in sostituzione di precedente Piano classificato»), si
capisce che tratta materia delicata e imbarazzante: come si fa a dire alla
gente che abita a un passo dall’apocalisse, all’angolo tra vita e inferno?
Eccolo, comunque, il piano che solo pochissimi dovevano conoscere.
Obiettivi
«Il presente Piano si propone lo scopo di salvaguardare
l’incolumità delle popolazioni interessate dai pericoli delle radiazioni
derivanti da eventuali incidenti ad un sommergibile a propulsione
nucleare». Comincia così, in un burocratese asettico e tranquillizzante,
il libro della Grande Emergenza. In caso di incidente, la Marina militare
italiana ha il compito di «sovraintendere all’allontanamento dell’unità
sinistrata, che deve avvenire entro un’ora dall’accertamento
dell’incidente effettuato dalle reti di monitoraggio o dal momento in cui
si riceve la comunicazione da parte del comandante che ha assunto
espressamente l’obbligo, entrando in porto, di dare comunicazione
immediata di qualunque incidente dovesse verificarsi durante la sosta».
Ipotesi
Anche se ritenuto «estremamente improbabile»,
l’incidente nucleare va inteso come «un’avaria che comporti la fuoriuscita
di sostanze radioattive allo stato aeriforme. Il massimo incidente
ipotizzato (esaminato e confermato dalla Commissione tecnica) darebbe
luogo alla diffusione di una nube radioattiva idonea a contaminare
l’atmosfera e le superfici con le quali viene a contatto». Le conseguenze,
avvertono gli esperti, sarebbero particolarmente dannose per i bambini,
più sensibili degli adulti nel caso di «inalamento di iodio radioattivo
con irraggiamento della tiroide». Se la cosiddetta fuoriuscita non dovesse
essere eccessivamente ampia, il campo operativo avrà un raggio massimo di
50 chilometri. Questo per dire che la faccenda non tocca affatto solo gli
abitanti di La Maddalena ma anche quelli di Palau, Santa Teresa e altri
centri. Nella migliore delle ipotesi. In quella peggiore, e cioè
nell’evenienza che non si riuscisse a bloccare immediatamente la perdita
nucleare, le conseguenze radiologiche si estenderebbero ancora di più.
Che fare
«Il presente Piano si attua automaticamente allo
scattare dell’emergenza dichiarata dal Prefetto». Vediamo quali sono i
provvedimenti da adottare al volo: 1) chiusura della zona potenzialmente
pericolosa. 2) interdizione del traffico marittimo, della pesca e della
balneazione. 3) attivazione del Centro coordinamento soccorsi. 4)
istituzione posti di controllo sanitario e decontaminazione. 5) controllo
costante della radioattività nell’aria. 6) sgombero degli abitanti di Capo
d’Orso. 7) invito agli abitanti di Palau di allontanamento «qualora
l’unità navale interessata segua la rotta ovest o a rimanere nei posti
chiusi per evitare l’eventuale irraggiamento». 8) avvio in località di
Arzachena e sistemazione degli eventuali sfollati in edifici scolastici
e/o alberghieri. 9) allontanamento delle persone dal litorale di Caprera e
degli altri litorali lungo la rotta seguita dall’unità in avaria. 10)
distribuzione di viveri, acqua e vestiario. 11) raccolta di vestiti
contaminati e fornitura di indumenti sicuri. 12) eventuale interruzione di
fornitura idrica e alimentare.
Gli interventi
Subito dopo l’allarme, è previsto il coordinamento
della Marina militare italiana e l’arrivo di tecnici con strumentazione ed
equipaggiamento legati alla bisogna: dalle tute anti-contaminazione
monouso alla scorte di filtri di carta e al carbone attivo. Nel frattempo
scattano iniziative che prevedono la requisizione dell’acqua minerale e
l’interruzione dei prelievi dal bacino di Mongiardino. Il Piano, che deve
essere rivisto ogni sei mesi, individua una lista di alberghi da
requisire. Due sono a Santa Teresa: hotel Capo Testa (226 posti letto) e
hotel Large Mirage (288). Gli addetti ai lavori chiamano queste liste
annessicon la puntualizzazione di tenerli costantemente aggiornati.
Questo spiega perché facciano parte integrante del Piano non soltanto gli
alberghi ma anche le aziende di trasporto e i supermercati. L’annesso
9 prende in considerazione addirittura le aziende agricole (tre in tutto)
che potrebbero essere interessate «dalla eventuale contaminazione». Nel
frattempo, Polizia, Carabinieri e Guardia di Fianza avranno il compito di
informare la popolazione «avvalendosi dei propri mezzi con l’uso di trombe
esponenziali». Già pronto il testo del messaggio da diffondere:
attenzione attenzione, la zona in cui vi trovate potrebbe essere
interessata da contaminazione radiologica. Allontanatevi subito e
raggiungete la strada per Arzachena.
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Calcolati tempi stretti per rimorchiare
lontano da Santo Stefano il sommergibile in avaria radioattiva A
seconda della gravità del «rilascio nucleare» e della stagione sono
state programmate contromisure differenti |
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Il Piano di evacuazione prevede un coordinamento di
soccorsi studiato nei minimi dettagli. E per minimi si intende perfino
l’elenco degli oggetti più elementari che dovranno far parte
dell’equipaggiamento delle squadre di soccorso. Nelle centoventi
pagine che prendono in esame e analizzano un’ipotesi di incidente
atomico nell’arcipelago di La Maddalena, è indicata anche un rigorosa
gerarchia. Sotto la dicitura servizi- sedi - gruppi operativi -
mansioni vengono definiti ruolo e operatività di ogni tecnico.
Priorità«Uno dei problemi più importanti dal punto di vista sanitario,
una volta accertato l’avvenuto incidente nucleare, è quello di
riuscire a selezionare rapidamente e nel modo più preciso possibile
quegli individui che sono stati contaminati sia perché operavano
nell’epicentro dell’incidente, sia per essersi trovati subito dopo
nello stesso punto per portare i primi soccorsi oppure i non addetti
ai lavori che casualmente erano all’esterno di edifici al passaggio
della nube radioattiva e di conseguenza abbiano subìto un’effettiva
esposizione alle radiazioni per irraggiamento diretto dalla nube e dal
materiale depositato al suolo come pure per contaminazione interna da
inalazione di prodotti volatili (radioisotopi dello iodio), di gas
nobili e di particelle sospese e per contaminazione esterna da
deposito nella pelle e sui vestiti».
Vale la pena di riportare integralmente questo lungo capoverso per
rendersi conto che il Piano - inspiegabilmente secretato per più di
vent’anni - ipotizza un disastro ecologico e umano di dimensioni
spaventose. Tanto è vero che si preoccupa di stabilire perfino
un’emergenza dell’emergenza, ossia tutte quelle contromisure che
debbono essere adottate senza perdere un istante. «L’organizzazione
sanitaria dei pazienti deve essere prevista secondo un piano ben
preciso che tenga conto, in modo preordinato, delle competenze
mediche, del luogo di ospedalizzazione e dello schema terapeutico in
modo da evitare il più possibile una situazione di confusione e di
contrasto».
I più graviVengono prese in considerazione terapie differenti a
seconda della gravità della contaminazione e dell’età dei pazienti.
Dopo una serie di avvertenze per eseguire correttamente test ed esami
di laboratorio, si avverte: «Nei casi più gravi di irradiazione acuta
(e comunque per tutti coloro che ricevono una dose superiore a 2-3 Gy)»
si pensa di ricorrere a ricoveri ultraspecialistici in stanze a bassa
carica microbica (ossia in camere di degenza simili a quelle
utilizzate per i trapianti di midollo osseo) e di «effettuare la
terapia medica di sostegno fino, in casi estremi, al trapianto del
midollo ematopoietico in sale chirurgiche allestite per questi scopi».
Nel conto, c’è anche un peggio del peggio: «Qualora la sindrome da
irraggiamento acuto richieda trattamenti ultraspecialistici, sarà
opportuno inviare i singoli pazienti in Centri di alta specialità
nazionale ed esteri (Centri di terzo livello) che dovranno essere
preventivamente identificati e contattati».
BilancioImpossibile calcolare quante persone potrebbero essere
interessate al rilascio di un sommergibile a propulsione
nucleare. Il Piano parla genericamente di quindicimila persone se
l’incidente avviene d’inverno. Se invece dovesse accadere in piena
stagione turistica, allora salta tutto: qualunque previsione (e
qualunque progetto d’intervento) deve fare i conti con
l’imponderabile. Facendo i debiti scongiuri, valgono alcuni consigli.
Alla popolazione: trovare riparo in edifici chiusi, evitare acqua e
cibo sospetti, seguire le istruzioni per l’eventuale evacuazione,
sottoporsi alla iodoprofilassi. Ai militari della Base navale:
controllo contaminazione, decontaminazione con docce multiple, divieto
di assumere cibi o bevande non controllati, profilassi farmacologica.
AggiornamentiIl Piano è stato rivisto nel 2000 e riprende quello di
vent’anni prima senza sostanziali differenze. Parte da una circolare
(segreta) che riguarda tutti i porti italiani dove è previsto il
passaggio di sommergibili a propulsione e armamento nucleare e prevede
poi «l’esigenza di predisporre pianficazioni di emergenza al fine
della salvaguardia della popolazione civile delle città contigue».
Resta inteso che in caso di incidente «l’allontanamento dell’unità
navale dovrà avvenire almeno fino a distanze tali da garantire la
protezione delle popolazioni anche per rilasci a lungo termine».
Precisati anche i tempi di movimento: «Le unità navali accidentate
devono essere rimorchiate, a velocità non inferiore ai tre nodi, entro
un tempo non superiore a un’ora dall’inizio del rilascio radioattivo e
portate a distanze di sicurezza. La zona interessata al rilascio
radioattivo deve essere tenuta sotto controllo in fasi prolungate e ad
ampio raggio».
TabelleIn conclusione, prima di elencare le autorità che formano il
Ccs (Centro coordinamento soccorsi), il dossier termina con due
tabelle: i limiti-soglia di contaminazione su latte, suolo, verdure e
uova. Una seconda tabella indica invece quali sono le parti
dell’organismo maggiormente sensibili alle esposizioni radioattive:
ossa, polmoni, intestino, tiroide.
Il Centro coordinamento soccorsi è formato, forse per ragioni
scaramantiche, da tredici persone. Presieduto dal Prefetto di Sassari,
che avrà il compito di gestire i primi soccorsi in attesa delle forze
speciali, è composto dal questore di Sassari, dal comandante
provinciale dei carabinieri e da quello della Guardia di Finanza, dal
dirigente della Polstrada, dal Comando militare marittimo di Cagliari
e La Maddalena, dal direttore regionale dei vigili del fuoco
(Cagliari) e da quello provinciale (Sassari), dal comandante della
Capitaneria di porto, dai sindaci di La Maddalena e Palau, dal
direttore generale della Asl di Olbia e da quello di Sassari. Una
bozza del Piano - che porta la data del 3 novembre 2003 - è stata
naturalmente consegnata allo Stato Maggiore della Difesa e ad altri
vertici militari. Ogni sei mesi, la Protezione civile dovrà
incaricarsi di verificare indirizzi, nomi e numeri di telefono,
insomma tutto quello che servirà per le requisizioni e
l’approvvigionamento dei beni di prima necessità. Prevista anche una
versione light: quella di un esodo volontario che tuttavia nemmeno gli
addetti ai lavori sembrano prendere sul serio. Ben sapendo che
incidenti di questo tipo finiscono spesso sui libri di storia.
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Le regole: |
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Come requisire i traghetti e imbarcare la gente che scappa |
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Quante persone possono fuggire da La Maddalena nel più breve tempo
possibile? Nel piano di evacuazione previsto dalla Protezione civile
in caso di incidente nucleare, è stata studiata perfino la possibilità
di mobilitare tutti insieme i traghetti che vanno e vengono da Palau.
Quattro le società di gestione prese in esame, preventivata la fuga di
circa 2.500 persone e cinquecento auto. «Eventuali altre navi presenti
in zona potranno essere precettate laddove si ritenga necessario».
Ed è probabile, molto probabile che «si ritenga necessario», anche
perché i residenti di La Maddalena sono dodicimila a cui bisogna
aggiungere cinquemila americani, i quali sentiranno il bisogno di
squagliarsela esattamente come noi. Il Piano prevede in quei momenti
uno scenario agitato e imbocca pertanto la rotta della deregulation
avvertendo: «In considerazione della gravità della situazione,
valutate le condizione meteo e di galleggiabilità della nave, dovrà
prescindersi dalla reale dotazione dei mezzi di salvataggio, facendosi
riferimento ai soli requisiti di galleggiabilità e stabilità
dell’unità». A seguire, indicazioni di repertorio che - come chiunque
può immaginare - valgono soltanto in teoria. In pratica, dovesse
accadere il finimondo, varrà la vecchia regola, universale: si salvi
chi può. Casomai l’esodo fosse ordinato, ipotesi abbastanza remota, ci
si dovrà muovere nel seguente modo: «Completate le operazioni di
imbarco sui traghetti, il comandante della Capitaneria di porto
ordinerà a questi ultimi di dirigere verso i porti di Olbia e Golfo
Aranci, eventualmente Santa Teresa di Gallura e Porto Torres». Altro
elemento da considerare è «ricettività dei porti, che può variare nei
diversi periodo dell’anno a causa del forte afflusso turistico».
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