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La Maddalena: piano di evacuazione per incidenti nucleari
by Oghe Thursday, Dec. 18, 2003 at 12:46 AM mail:

Dopo trent'anni di segreto militare e ritardo, è stato reso noto il piano di emergenza per l'evacuazione della popolazione di La Maddalena (Nord Sardegna) in caso di incidente alla vicina base nucleare USA. Articolo tratto da "Cronache isolane": http://www.cronacheisolane.it/piano_evacuazione.htm#15.000

Speciale anteprima del Piano di Evacuazione in caso di incidente nucleare

  1. 15.000 persone da evacuare in 60 minuti
  2. I tempi
  3. Le regole
    1. Vedi anche: Speciale sulla Base Usa

      Vedi anche: Gli Americani a La Maddalena

      15.000 persone da evacuare in 60 minuti

          Quindicimila persone da evacuare in sessanta minuti, se succede d'inverno. Altrimenti Dio ci aiuti. Non ci sono appelli a Nostro Signore ma qualcosa di molto simile nelle contromisure messe a punto dalla Protezione civile in caso di incidente nucleare nella base americana di Santo Stefano, a La Maddalena. Elaborato nel 1979 e coperto dal segreto militare, il piano viene ora alla luce: nel senso che il Prefetto di Sassari dovrà renderlo noto entro la fine del mese o al massimo ai primi di gennaio.
      Dopo l’infortunio ad un sommergibile Hartford finito il 25 ottobre su una roccia del fondale, l'opposizione incalza il sindaco e chiede sicurezza. Anzi perfino qualcosa di più: che gli americani se ne vadano.
      Ma questo è solo un pio desiderio. Regalata agli Stati Uniti dal governo Andreotti nel 1972 con un accordo tuttora top secret, la base di Santo Stefano è un punto d'attracco per sommergibili a propulsione e armamento atomico. Col tempo è diventata qualcosa più che un banale attracco. E in futuro potrebbe riproporsi in termini ancor più ampi e inquietanti. Dirimpettaia della Costa Smeralda, rappresenta una stazione militare ad altissimo rischio per la popolazione civile. Tanto è vero che da oltre vent'anni è stato previsto (e tenuto nascosto) un vademecum dell'emergenza che coinvolge medici, vigili del fuoco, esercito, polizia, carabinieri. Che coinvolge traghetti per il trasporto dei contaminati, treni speciali, alberghi da requisire, ospedali in allerta e perfino supermercati da svuotare. Che coinvolge - in tempi brevissimi - specialisti del giorno dopo, gente capace di ridurre i danni provocati dagli isotopi radioattivi. Che coinvolge un servizio di marineria in grado di allontanare («alla velocità non inferiore ai tre nodi») il sommergibile in avaria.
      Il Piano, che deve restare segreto fino a quando le autorità non decideranno di pubblicarlo (dopo averlo naturalmente edulcorato e riconvertito in una sorta di rassicurante istruzione per l'uso) ha perso la strada ed è finito - dopo un cammino neanche tanto accidentato - sui tavoli della redazione di un giornale. Il nostro. Mica roba da niente: centoventi cartelle dattiloscritte più un'appendice (con tanto di tabelle per misurare il grado di peste nucleare) firmato in tandem dagli organismi dei ministeri Interno e Difesa che si occupano di morte invisibile. Fin dalla prima frase, da quella che sembra una verità rivelata («Il presente Piano è adottato in sostituzione di precedente Piano classificato»), si capisce che tratta materia delicata e imbarazzante: come si fa a dire alla gente che abita a un passo dall’apocalisse, all’angolo tra vita e inferno? Eccolo, comunque, il piano che solo pochissimi dovevano conoscere.


      Obiettivi

      «Il presente Piano si propone lo scopo di salvaguardare l’incolumità delle popolazioni interessate dai pericoli delle radiazioni derivanti da eventuali incidenti ad un sommergibile a propulsione nucleare». Comincia così, in un burocratese asettico e tranquillizzante, il libro della Grande Emergenza. In caso di incidente, la Marina militare italiana ha il compito di «sovraintendere all’allontanamento dell’unità sinistrata, che deve avvenire entro un’ora dall’accertamento dell’incidente effettuato dalle reti di monitoraggio o dal momento in cui si riceve la comunicazione da parte del comandante che ha assunto espressamente l’obbligo, entrando in porto, di dare comunicazione immediata di qualunque incidente dovesse verificarsi durante la sosta».


      Ipotesi

      Anche se ritenuto «estremamente improbabile», l’incidente nucleare va inteso come «un’avaria che comporti la fuoriuscita di sostanze radioattive allo stato aeriforme. Il massimo incidente ipotizzato (esaminato e confermato dalla Commissione tecnica) darebbe luogo alla diffusione di una nube radioattiva idonea a contaminare l’atmosfera e le superfici con le quali viene a contatto». Le conseguenze, avvertono gli esperti, sarebbero particolarmente dannose per i bambini, più sensibili degli adulti nel caso di «inalamento di iodio radioattivo con irraggiamento della tiroide». Se la cosiddetta fuoriuscita non dovesse essere eccessivamente ampia, il campo operativo avrà un raggio massimo di 50 chilometri. Questo per dire che la faccenda non tocca affatto solo gli abitanti di La Maddalena ma anche quelli di Palau, Santa Teresa e altri centri. Nella migliore delle ipotesi. In quella peggiore, e cioè nell’evenienza che non si riuscisse a bloccare immediatamente la perdita nucleare, le conseguenze radiologiche si estenderebbero ancora di più.

       
      Che fare

      «Il presente Piano si attua automaticamente allo scattare dell’emergenza dichiarata dal Prefetto». Vediamo quali sono i provvedimenti da adottare al volo: 1) chiusura della zona potenzialmente pericolosa. 2) interdizione del traffico marittimo, della pesca e della balneazione. 3) attivazione del Centro coordinamento soccorsi. 4) istituzione posti di controllo sanitario e decontaminazione. 5) controllo costante della radioattività nell’aria. 6) sgombero degli abitanti di Capo d’Orso. 7) invito agli abitanti di Palau di allontanamento «qualora l’unità navale interessata segua la rotta ovest o a rimanere nei posti chiusi per evitare l’eventuale irraggiamento». 8) avvio in località di Arzachena e sistemazione degli eventuali sfollati in edifici scolastici e/o alberghieri. 9) allontanamento delle persone dal litorale di Caprera e degli altri litorali lungo la rotta seguita dall’unità in avaria. 10) distribuzione di viveri, acqua e vestiario. 11) raccolta di vestiti contaminati e fornitura di indumenti sicuri. 12) eventuale interruzione di fornitura idrica e alimentare.


      Gli interventi

      Subito dopo l’allarme, è previsto il coordinamento della Marina militare italiana e l’arrivo di tecnici con strumentazione ed equipaggiamento legati alla bisogna: dalle tute anti-contaminazione monouso alla scorte di filtri di carta e al carbone attivo. Nel frattempo scattano iniziative che prevedono la requisizione dell’acqua minerale e l’interruzione dei prelievi dal bacino di Mongiardino. Il Piano, che deve essere rivisto ogni sei mesi, individua una lista di alberghi da requisire. Due sono a Santa Teresa: hotel Capo Testa (226 posti letto) e hotel Large Mirage (288). Gli addetti ai lavori chiamano queste liste annessicon la puntualizzazione di tenerli costantemente aggiornati. Questo spiega perché facciano parte integrante del Piano non soltanto gli alberghi ma anche le aziende di trasporto e i supermercati. L’annesso 9 prende in considerazione addirittura le aziende agricole (tre in tutto) che potrebbero essere interessate «dalla eventuale contaminazione». Nel frattempo, Polizia, Carabinieri e Guardia di Fianza avranno il compito di informare la popolazione «avvalendosi dei propri mezzi con l’uso di trombe esponenziali». Già pronto il testo del messaggio da diffondere: attenzione attenzione, la zona in cui vi trovate potrebbe essere interessata da contaminazione radiologica. Allontanatevi subito e raggiungete la strada per Arzachena.


       

       

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      Calcolati tempi stretti per rimorchiare lontano da Santo Stefano il sommergibile in avaria radioattiva A seconda della gravità del «rilascio nucleare» e della stagione sono state programmate contromisure differenti

      Il Piano di evacuazione prevede un coordinamento di soccorsi studiato nei minimi dettagli. E per minimi si intende perfino l’elenco degli oggetti più elementari che dovranno far parte dell’equipaggiamento delle squadre di soccorso. Nelle centoventi pagine che prendono in esame e analizzano un’ipotesi di incidente atomico nell’arcipelago di La Maddalena, è indicata anche un rigorosa gerarchia. Sotto la dicitura servizi- sedi - gruppi operativi - mansioni vengono definiti ruolo e operatività di ogni tecnico.
      Priorità«Uno dei problemi più importanti dal punto di vista sanitario, una volta accertato l’avvenuto incidente nucleare, è quello di riuscire a selezionare rapidamente e nel modo più preciso possibile quegli individui che sono stati contaminati sia perché operavano nell’epicentro dell’incidente, sia per essersi trovati subito dopo nello stesso punto per portare i primi soccorsi oppure i non addetti ai lavori che casualmente erano all’esterno di edifici al passaggio della nube radioattiva e di conseguenza abbiano subìto un’effettiva esposizione alle radiazioni per irraggiamento diretto dalla nube e dal materiale depositato al suolo come pure per contaminazione interna da inalazione di prodotti volatili (radioisotopi dello iodio), di gas nobili e di particelle sospese e per contaminazione esterna da deposito nella pelle e sui vestiti».
      Vale la pena di riportare integralmente questo lungo capoverso per rendersi conto che il Piano - inspiegabilmente secretato per più di vent’anni - ipotizza un disastro ecologico e umano di dimensioni spaventose. Tanto è vero che si preoccupa di stabilire perfino un’emergenza dell’emergenza, ossia tutte quelle contromisure che debbono essere adottate senza perdere un istante. «L’organizzazione sanitaria dei pazienti deve essere prevista secondo un piano ben preciso che tenga conto, in modo preordinato, delle competenze mediche, del luogo di ospedalizzazione e dello schema terapeutico in modo da evitare il più possibile una situazione di confusione e di contrasto».
      I più graviVengono prese in considerazione terapie differenti a seconda della gravità della contaminazione e dell’età dei pazienti. Dopo una serie di avvertenze per eseguire correttamente test ed esami di laboratorio, si avverte: «Nei casi più gravi di irradiazione acuta (e comunque per tutti coloro che ricevono una dose superiore a 2-3 Gy)» si pensa di ricorrere a ricoveri ultraspecialistici in stanze a bassa carica microbica (ossia in camere di degenza simili a quelle utilizzate per i trapianti di midollo osseo) e di «effettuare la terapia medica di sostegno fino, in casi estremi, al trapianto del midollo ematopoietico in sale chirurgiche allestite per questi scopi». Nel conto, c’è anche un peggio del peggio: «Qualora la sindrome da irraggiamento acuto richieda trattamenti ultraspecialistici, sarà opportuno inviare i singoli pazienti in Centri di alta specialità nazionale ed esteri (Centri di terzo livello) che dovranno essere preventivamente identificati e contattati».
      BilancioImpossibile calcolare quante persone potrebbero essere interessate al rilascio di un sommergibile a propulsione nucleare. Il Piano parla genericamente di quindicimila persone se l’incidente avviene d’inverno. Se invece dovesse accadere in piena stagione turistica, allora salta tutto: qualunque previsione (e qualunque progetto d’intervento) deve fare i conti con l’imponderabile. Facendo i debiti scongiuri, valgono alcuni consigli. Alla popolazione: trovare riparo in edifici chiusi, evitare acqua e cibo sospetti, seguire le istruzioni per l’eventuale evacuazione, sottoporsi alla iodoprofilassi. Ai militari della Base navale: controllo contaminazione, decontaminazione con docce multiple, divieto di assumere cibi o bevande non controllati, profilassi farmacologica.
      AggiornamentiIl Piano è stato rivisto nel 2000 e riprende quello di vent’anni prima senza sostanziali differenze. Parte da una circolare (segreta) che riguarda tutti i porti italiani dove è previsto il passaggio di sommergibili a propulsione e armamento nucleare e prevede poi «l’esigenza di predisporre pianficazioni di emergenza al fine della salvaguardia della popolazione civile delle città contigue». Resta inteso che in caso di incidente «l’allontanamento dell’unità navale dovrà avvenire almeno fino a distanze tali da garantire la protezione delle popolazioni anche per rilasci a lungo termine». Precisati anche i tempi di movimento: «Le unità navali accidentate devono essere rimorchiate, a velocità non inferiore ai tre nodi, entro un tempo non superiore a un’ora dall’inizio del rilascio radioattivo e portate a distanze di sicurezza. La zona interessata al rilascio radioattivo deve essere tenuta sotto controllo in fasi prolungate e ad ampio raggio».
      TabelleIn conclusione, prima di elencare le autorità che formano il Ccs (Centro coordinamento soccorsi), il dossier termina con due tabelle: i limiti-soglia di contaminazione su latte, suolo, verdure e uova. Una seconda tabella indica invece quali sono le parti dell’organismo maggiormente sensibili alle esposizioni radioattive: ossa, polmoni, intestino, tiroide.
      Il Centro coordinamento soccorsi è formato, forse per ragioni scaramantiche, da tredici persone. Presieduto dal Prefetto di Sassari, che avrà il compito di gestire i primi soccorsi in attesa delle forze speciali, è composto dal questore di Sassari, dal comandante provinciale dei carabinieri e da quello della Guardia di Finanza, dal dirigente della Polstrada, dal Comando militare marittimo di Cagliari e La Maddalena, dal direttore regionale dei vigili del fuoco (Cagliari) e da quello provinciale (Sassari), dal comandante della Capitaneria di porto, dai sindaci di La Maddalena e Palau, dal direttore generale della Asl di Olbia e da quello di Sassari. Una bozza del Piano - che porta la data del 3 novembre 2003 - è stata naturalmente consegnata allo Stato Maggiore della Difesa e ad altri vertici militari. Ogni sei mesi, la Protezione civile dovrà incaricarsi di verificare indirizzi, nomi e numeri di telefono, insomma tutto quello che servirà per le requisizioni e l’approvvigionamento dei beni di prima necessità. Prevista anche una versione light: quella di un esodo volontario che tuttavia nemmeno gli addetti ai lavori sembrano prendere sul serio. Ben sapendo che incidenti di questo tipo finiscono spesso sui libri di storia.


       

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      Le regole:
      Come requisire i traghetti e imbarcare la gente che scappa
       

      Quante persone possono fuggire da La Maddalena nel più breve tempo possibile? Nel piano di evacuazione previsto dalla Protezione civile in caso di incidente nucleare, è stata studiata perfino la possibilità di mobilitare tutti insieme i traghetti che vanno e vengono da Palau. Quattro le società di gestione prese in esame, preventivata la fuga di circa 2.500 persone e cinquecento auto. «Eventuali altre navi presenti in zona potranno essere precettate laddove si ritenga necessario».
      Ed è probabile, molto probabile che «si ritenga necessario», anche perché i residenti di La Maddalena sono dodicimila a cui bisogna aggiungere cinquemila americani, i quali sentiranno il bisogno di squagliarsela esattamente come noi. Il Piano prevede in quei momenti uno scenario agitato e imbocca pertanto la rotta della deregulation avvertendo: «In considerazione della gravità della situazione, valutate le condizione meteo e di galleggiabilità della nave, dovrà prescindersi dalla reale dotazione dei mezzi di salvataggio, facendosi riferimento ai soli requisiti di galleggiabilità e stabilità dell’unità». A seguire, indicazioni di repertorio che - come chiunque può immaginare - valgono soltanto in teoria. In pratica, dovesse accadere il finimondo, varrà la vecchia regola, universale: si salvi chi può. Casomai l’esodo fosse ordinato, ipotesi abbastanza remota, ci si dovrà muovere nel seguente modo: «Completate le operazioni di imbarco sui traghetti, il comandante della Capitaneria di porto ordinerà a questi ultimi di dirigere verso i porti di Olbia e Golfo Aranci, eventualmente Santa Teresa di Gallura e Porto Torres». Altro elemento da considerare è «ricettività dei porti, che può variare nei diversi periodo dell’anno a causa del forte afflusso turistico».


       

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