Dal settimanale Panorama:
Terrorismo & fabbriche: la Piaggio di Pontedera e il rischio di infiltrazioni
TROPPO ROSSE QUELLE TUTE BLU
di Giacomo Amadori - 22/9/2004
Lavoratori divisi, sindacalisti espulsi, messaggi brigatisti. Nell'azienda della Vespa il clima è sempre più teso. E, fuori, c'è chi potrebbe approfittarne.
Terrorismo & fabbriche: la Piaggio di Pontedera e il rischio di
infiltrazioni
TROPPO
ROSSE QUELLE TUTE BLU
di Giacomo Amadori - 22/9/2004
Lavoratori
divisi, sindacalisti espulsi, messaggi brigatisti. Nell'azienda della
Vespa il clima è sempre più teso. E, fuori, c'è
chi potrebbe
approfittarne.
All'uscita della Piaggio di
Pontedera (Pisa), quando suona la campanella delle 5, uno degli ultimi
a uscire tra i 3.600 operai è Renzo, 57 anni, tuta blu da
metalmeccanico con 34 anni di servizio sulle spalle. Si ferma
volentieri a parlare con il cronista. E sembra di sentire Johnny
Stecchino-Roberto Benigni («La piaga di Palemmo? Il
traffico») quando
annuncia: «Il guaio peggiore qui è il caldo. I
condizionatori non
funzionano».
In realtà alla Piaggio in questi anni hanno dovuto
preoccuparsi di ben altro:
il contratto integrativo che non si firmava mai, la spaccatura interna
alla Fiom-Cgil, il sindacato dei metalmeccanici più
rappresentativo (16
delegati su 33 nel parlamentino di fabbrica), l'allarme terrorismo
lanciato dai servizi segreti. Temi diversi che in questi giorni si
stanno intrecciando, soprattutto dopo l'espulsione di 11 iscritti alla
Fiom Piaggio. Operai duri e puri, le cui vite sono ora passate al
setaccio dagli investigatori della Digos di Pisa. Gli stessi che da
mesi cercano eventuali contatti tra maestranze e mondo eversivo. Che si
tratti delle nuove Br, ben radicate in riva all'Arno, o delle Cellule
di offensiva rivoluzionaria, un piccolo gruppo specializzato in
attentati incendiari, che, a fine 2003, non hanno fatto mancare un
messaggio minatorio all'azienda.
In particolare, sotto
osservazione c'è l'Officina 10, quella dove vengono assemblati i
motori. Il capannone è la roccaforte di Cambiare rotta, la
corrente
eretica della Fiom, oggetto a fine luglio della clamorosa espulsione,
quando sono stati cacciati sei delegati e cinque candidati. Per altri
sette è arrivata l'ammonizione. La motivazione ufficiale
è che hanno
violato le norme statutarie poiché si sono rivolti alla
magistratura,
denunciando irregolarità nelle ultime elezioni per la
rappresentanza
sindacale. In realtà le ragioni sarebbero più politiche.
E qualcuno
sospetta persino che la Cgil non vedesse l'ora di buttare fuori
iscritti così barricaderi.
«È vero, ormai alla Fiom ci sono
due organizzazioni contrapposte» ammette David Belcari, 42 anni
di cui
25 di Piaggio, il metalmeccanico Cgil più votato alle ultime
elezioni.
Una, la maggioritaria, è quella che ha firmato in luglio il
contratto
integrativo dopo nove anni di stallo negoziale; l'altra, raccolta sotto
le insegne di Cambiare rotta (vicina a Rifondazione), è guidata
da
Giuseppe Corrado, un líder máximo che, con le sue
battaglie, ai vertici
della Piaggio ha sempre dato grattacapi. Sebbene la sua presenza sia
ora meno ingombrante, dopo il trasferimento a una società di
trasporti
ceduta dall'azienda. Studi universitari interrotti alle spalle
(«Ma se
mi fossi laureato non farei l'operaio» scherza), è uno di
quei
sindacalisti che quando parlano in assemblea non si muove una sedia. Un
oratore collaudato che i compagni della corrente più combattiva
hanno
candidato a rappresentarli alla Piaggio, anche se ormai non ne fa
più
parte e non è più metalmeccanico. L'interessato
preferisce non
rispondere a Panorama, in fiduciosa attesa del perdono di mamma
Fiom, dove non gli mancano gli amici influenti. Poi si lascia scappare,
in confidenza, una considerazione: «La nostra cacciata è
stata solo
un'epurazione politica». Di terrorismo non vuole proprio sentir
parlare: «Niente scherzi, non vogliamo essere confusi con quella
roba».
Di certo la firma del contratto non ha migliorato il clima a
Pontedera, anzi ha diviso quasi in due i lavoratori:
solo il 56 per cento ha votato a favore dell'accordo. E ora Corrado
punta a portare dalla sua parte quell'esercito di scontenti. Che il
clima sia caldo lo ha capito pure il segretario provinciale della Fiom,
Domenico Contino, che nei giorni scorsi ha ricevuto un messaggio
«mafioso»: ha trovato l'auto aperta e messa a soqquadro. Le
chiavi le
ha scovate la sera sul muro di cinta di casa. Lui minimizza: «Non
collegherei l'episodio alle espulsioni. Anche perché gli 11 non
sono
stati mandati via per le loro idee: in Cgil non criminalizziamo le
opinioni che rimangono in ambito democratico». Poi sottolinea che
gli
ultimi scioperi contro il terrorismo hanno avuto un buon successo. E il
sindacato vigila in azienda sul rischio eversione? «Non siamo la
polizia, ma gli iscritti sono le nostre antenne: se ci sono dei
terroristi sono ben mimetizzati».
Più preoccupato il segretario della Uilm toscana, Marcello
Casati:
«In fabbrica i toni dello scontro tra i lavoratori sono da tempo
troppo
accesi, ormai non volano più solo gli insulti, ma anche le
sedie. E
qualcuno potrebbe approfittare di questa tensione».Un allarme
già
lanciato, nel marzo 2003, dalla relazione semestrale degli 007 al
Parlamento, quando la Piaggio veniva inserita tra i possibili obiettivi
di Nadia Lioce e compagni, uno di quei bersagli grossi capaci di far
traballare i tavoli per il rinnovo dei contratti nazionali. Dopo poche
settimane, il 26 maggio 2003, un volantino intitolato «La nostra
azione
nel progetto Br-Pcc» viene spedito da Firenze al consiglio di
fabbrica
della Piaggio. Il documento inneggia alla «politica
rivoluzionaria»
contro il «dialogo sociale» e contro i «sindacati di
regime», in
particolare Cisl e Uil.
Benedetto Benedetti, alto,
capelli color neve, delegato Uilm, l'uomo che ha aperto la busta con la
lettera della stella a cinque punte, non sottovaluta il rischio
terrorismo, ma precisa: «Non mi sembra ci sia il clima degli
anni Settanta, quando lavoravamo a gomito a gomito con poliziotti
travestiti da operai».
Eppure, il documento br del 2003 è stato dedicato «con
amore
rivoluzionario» proprio a un vecchio br toscano, Umberto
Catabiani. Lo
stesso a cui era intitolata la colonna br che negli anni 80 lasciava i
suoi comunicati davanti ai cancelli della fabbrica di Pontedera.
Le citazioni che rimandano a un passato che in città
vorrebbero dimenticare non finiscono qui.
A maggio di quest'anno, fuori dal museo aziendale, è comparsa la
scritta: «La Piaggio è una galera come nel 1962», di
seguito minacce di
morte per il sindaco cittadino diessino Paolo Marconcini,
accusato di essere troppo «socialdemocratico». Ai vertici
della società
non si agitano, impegnati come sono nella trattativa per acquisire
l'Aprilia e realizzare un polo motociclistico di livello mondiale.
Semplicemente fanno due calcoli: «Nel 2003 abbiamo avuto 72
giorni di
sciopero e abbiamo perso 68 mila ore di lavoro. Nei primi sei mesi del
2004 siamo fermi a 11 giorni e 15 mila ore di braccia
incrociate».
Sarà, ma intanto Cobas e i militanti del gruppo di estrema
sinistra
viareggino Linea rossa fanno volantinaggi sempre più frequenti
davanti
ai cancelli Piaggio. Forse perché hanno capito che il terreno
è
fertile.
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