Dossier sul Progetto “Saving Children
– Medicine in the Service of Peace”
DOSSIER
Il progetto “Saving Children – Medicine in
the Service of Peace” è il risultato dell’Accordo stipulato
tra la Regione Toscana, l’Ospedale Pediatrico “A. Meyer”
di Firenze ed il Peres Center for Peace di Tel Aviv in data 17 novembre
2003, per la durata di tre anni (2003-2005). Tale iniziativa è finalizzata
ad assicurare ad un certo numero di bambini palestinesi della West Bank
e di Gaza appropriate cure mediche e riabilitative in strutture ospedaliere
israeliane situate a Tel Aviv, Haifa e Gerusalemme, nonché a svolgere
come supporto un piano di formazione continua per medici ed infermieri israeliani,
palestinesi e toscani.
Finanziariamente il progetto è sostenuto dallo stanziamento di 450
mila euro annui da parte della Regione Toscana, mentre gli ospedali israeliani
si sono impegnati attraverso una riduzione fino al 50% delle tariffe per
i ricoveri dei bambini palestinesi.
Fra i principali obiettivi di questo piano, oltre a quelli suddetti, compare
quello di sostenere il dialogo e l’incontro tra israeliani e palestinesi,
promuovendo la pace nella regione mediorientale attraverso la cooperazione
umanitaria.
Apparentemente degno di lode e di orgoglio per le Istituzioni regionali,
il progetto“Saving Children” presenta varie anomalie quando
non fa addirittura supporre interessi “altri” a quelli che dovrebbero
guidare gli interventi di cooperazione internazionale.
1) Innanzitutto tra i firmatari dell’Accordo suddetto
non è inclusa né l’Autorità Palestinese né
alcun organismo che possa rappresentare la parte palestinese, nonostante
la partecipazione diretta da parte dei beneficiari di ogni intervento di
cooperazione internazionale rappresenti la conditio sine qua non della buona
riuscita dello stesso. Sebbene la Legge Regionale 23 Marzo 1999, n. 17,
circa gli interventi per la promozione delle attività di cooperazione
e partenariato internazionale, faccia appello alla valorizzazione delle
risorse umane disponibili nell’area di intervento e al contributo
ai processi di sviluppo endogeno, non si è riusciti a coinvolgere
neppure la ben nota Union of Palestinian Medical Relief Committees, la principale
organizzazione non governativa palestinese formata da medici e specialisti
socio-sanitari, diffusa nella regione per supplire alle inadeguate infrastrutture
sanitarie palestinesi e attiva più di ogni altro in questo settore.
2) Sebbene la suddetta Legge imponga alla Regione Toscana
di agire in armonia con gli indirizzi politici nazionali, l’Ufficio
della Cooperazione del Consolato italiano a Gerusalemme ha affermato che
del progetto regionale “poco o nulla si conosce, se non che è
gestito nella totale insaputa del Ministero della Sanità palestinese
ed unicamente concordato con controparti israeliane”.
3) A fronte delle centinaia di check-point disseminati
in tutto il territorio e delle strade utilizzabili unicamente dai soli israeliani,
ci chiediamo come un bambino che abbia subito un intervento -o che necessiti
di controlli successivi al ricovero ospedaliero- possa raggiungere sempre
e comunque le strutture israeliane ove lavorano i medici che lo avrebbero
seguito. Si fa presente, tra l’altro, che è pure accaduto che
alcuni bambini per cui era stato programmato l’intervento non abbiano
potuto accedere alle strutture indicate. Rammentiamo, a titolo di esempio,
il piccolo Jehad Ghassan Dalal, nato nel Giugno 2004, alla cui madre che
lo accompagnava è stato negato il permesso di recarsi in Israele
poiché il marito era in prigione.
4) Non ci risulta che Israele si inscriva nella categoria
dei cosiddetti “Paesi in via di sviluppo” e pertanto non appare
opportuno finanziare infrastrutture di uno Stato economicamente avanzato,
senza contare l’occupazione illegale della Palestina dal punto di
vista del diritto internazionale ed il terrorismo militare ai danni del
popolo palestinese compiuto quotidianamente da più di cinquant’anni
. Come sostenuto dalla stessa Rete degli Ebrei Contro l'Occupazione, l’esercito
israeliano spara e uccide innocenti per rappresaglia agli atti dei kamikaze,
ma, molto più spesso, dopo atti di resistenza contro l'esercito occupante
o anche senza alcuna provocazione. Dunque, conclude, l'esercito israeliano
contribuisce, direttamente e indirettamente, a fornire l’utenza dei
piccoli pazienti agli ospedali che aderiscono al programma “Saving
Children”.
Tutti elementi, questi, che dovrebbero far desistere chiunque dall’intraprendere
un percorso quale il progetto in questione nella maniera in cui è
stato concepito. Inoltre sottolineiamo che, a norma della IV Convenzione
di Ginevra, tutti i trattamenti a salvaguardia della salute della popolazione
di un territorio occupato devono essere a completo carico della nazione
occupante e dunque di Israele. Non è accettabile, invece, che la
Fondazione “Centro Peres per la Pace” svolga questo compito
usufruendo di fondi esterni.
5) Il Centro suddetto è presieduto dallo stesso
Shimon Peres, colpevole della strage di Qana, un piccolo villaggio nel sud
del Libano. Peres è colui che ha partecipato prima all’elaborazione
del Muro di separazione e adesso al Governo di Sharon, appoggiando in modo
indiscriminato tutti gli atti criminali compiuti durante l’operazione
“Scudo difensivo” che portò alla rioccupazione di tutti
i Territori Palestinesi, macchiandosi così del sangue di innumerevoli
vittime innocenti. Un Accordo come quello sottoscritto con la Regione Toscana
serve pertanto ad assicurargli implicitamente un’immagine umana, ben
diversa da quella che invece gli spetta, oltre a fornirgli un sostanzioso
apporto finanziario che rappresenta un importante strumento di pressione
politica all’interno di Israele. Ma c’è di più:
quando il “Centro Peres per la pace” è stato fondato
nel 1996, Peres ne ha assegnato la direzione a Carmi Gilon, fino ad allora
Capo dei Servizi Segreti israeliani. In una relazione del gruppo israeliano
B'Tselem del 25.10.99, si accusa Carmi Gilon di aver praticato la tortura
su migliaia di palestinesi durante la sua attività. Non si ritiene,
pertanto, idonea (per usare un eufemismo) la definizione "per la pace"
attribuita al Centro, essendosi macchiata la sua dirigenza di gravissimi
reati in violazione delle Leggi internazionali sui Diritti Umani.
6) Non è chiaro come partecipi Israele al progetto
in questione: parlare di sconti per le cure mediche non dice granché
circa quante migliaia di euro tale Paese “destini” ad un simile
intervento. Inoltre ricordiamo che le strutture ospedaliere israeliane si
rifiutano di accettare e curare a proprie spese pazienti segnalati dalla
Palestinian Child Society (un organismo coinvolto successivamente alla stipulazione
dell’Accordo, ma del quale poco o nulla si conosce ), come riferisce
lo stesso dott. Dan Shanit, Direttore del Dipartimento Medicina e Salute
del Centro Peres, in merito alle cure urgenti cui doveva essere sottoposta
la piccola Tala Maher Khatub (18 Gennaio 2004).
7) C’è poca chiarezza sulla quantità
totale di finanziamenti che il progetto in esame “assorbe”,
anche a seguito dell’adesione di nuovi partner italiani , su come
tali risorse siano impiegate e di che tipo di pazienti si tratti. Le notizie
che la Regione Toscana diffonde, infatti, sono molto lacunose: si parla
genericamente di 600 interventi già eseguiti, di cui 200 di cardiochirurgia
a cuore aperto, senza meglio precisare. Si fa notare che ogni ospedale che
si rispetti dispone di un registro operatorio ufficiale in cui si individuano
gli interventi eseguiti. In breve, non viene reso pubblico cosa venga effettivamente
fatto, né in merito alle patologie e agli interventi chirurgici che
siano stati e che verranno eseguiti, né in merito ai criteri di scelta
dei pazienti (provenienza, estrazione sociale,…).
8) Non viene riferito nulla sui risultati delle prestazioni
eseguite negli ospedali israeliani che, dalle notizie avute da medici palestinesi,
sarebbero pessimi. Inoltre non viene detto alcunché sulla mortalità
e sugli altri indicatori che individuano la qualità delle prestazioni
sanitarie.
Per quanto riguarda gli intereventi di cardiochirurgia, spesso i più
rischiosi e costosi, si segnala che, con una popolazione stimata intorno
ai 5 milioni e mezzo di abitanti, si può approssimare a 150 il numero
annuale degli intereventi cardiochirurgici necessari per la popolazione
israeliana. Tale numero, insufficiente per un singolo Centro sanitario a
garantire una buona qualità dei servizi offerti (la qualità
è dipendente da un livello di quantità che non può
essere troppo basso), viene suddiviso fra almeno tre centri israeliani,
abbassando ulteriormente la quantità e conseguentemente la qualità
delle prestazioni di ogni singolo ente. Come se non bastasse, i bambini
israeliani, proprio per motivi di basso livello qualitativo delle strutture
cardiochirurgiche locali e per l’alto reddito medio della popolazione,
vengono operati all’estero. Si comprende bene, quindi, come da una
parte il livello delle prestazioni cardiochirurgiche fornite ai bambini
palestinesi sia molto scadente, a conferma delle notizie che ci arrivano,
e dall’altra come alcuni ospedali israeliani abbiano trovato un serbatoio
di pazienti a cui attingere per mantenere vitali le proprie strutture, per
di più usufruendo di una buona e sicura copertura economica. A questo
riguardo facciamo presente che Israele accoglie anche pazienti provenienti
dall’Egitto, dallo Yemen, dal Kuwait e da altri Paesi, conformemente
alla necessità di attingere pazienti dall’esterno. L’unica
barriera è rappresentata dal costo eccezionalmente elevato richiesto
per queste prestazioni.
9) Con circa 3 milioni di abitanti palestinesi residui
(alle uccisioni e alle epurazioni, agli incarceramenti, esodi e sfollamenti)
l’utenza chirurgica relativa alla popolazione pediatrica palestinese
non è numericamente troppo rilevante. Per esempio, la Regione Toscana,
con circa 3 milioni di e mezzo di abitanti e 29 mila nascite nel 2003, ha
registrato un fabbisogno di interventi cardiochirurgici globali (in circolazione
extracorporea o meno) dell’ordine di 100 interventi annui. E’
possibile peraltro che, a causa delle ostilità, in questi ultimi
anni si siano accumulati in Palestina casi da operare, visto l’impedimento
per i cittadini palestinesi di poter usufruire di cure mediche e di accedere
ai servizi sanitari in maniera agevole e regolare. Ma di questi casi, della
tipologia degli interventi richiesti, di quelli concretamente effettuati
e dei costi non viene riferito niente.
10) Come è già stato segnalato, il progetto
“Saving Children” ha il vantaggio tutto israeliano di fornire
a questo Paese una certa copertura e credibilità di ordine umanitario.
Oltre a questo, l’aver rivitalizzato con l’apporto di pazienti
stranieri alcune strutture poco funzionanti ha garantito allo Stato di Israele
una credibilità di facciata nel campo medico-chirurgico pediatrico
fino ad ora ignota. Tutto ciò, lo ripetiamo, pagando poco o nulla
(nessun dato preciso viene fornito). Invece i cittadini toscani in primis
pagano moltissimo, a discapito anche delle proprie strutture sanitarie locali
alle quali sono stati ridotti drasticamente i finanziamenti per la cooperazione.
Si ricorda, infatti, che prima della ideazione di tale progetto alle strutture
sanitarie pediatriche di Firenze, Pisa e Massa-Carrara erano state destinati
1 miliardo e mezzo di vecchie lire cadauno, risorse che sono poi venute
a mancare perché stornate in Israele. Ovviamente non lamentiamo il
fatto in sé che i bambini palestinesi vengano assistiti da medici
israeliani, bensì che venga negata una libera scelta dei medici e
dei pazienti palestinesi quanto alle strutture che possono fornire le cure
necessarie. Il suddetto caso di Tala ne è un esempio: i genitori
della bambina avrebbero voluto portarla in Italia beneficiando dei finanziamenti
messi a disposizione dal Consolato italiano di Gerusalemme per le cure mediche
e dell’Associazione “Wael Zwaiter” di Massa per quelle
extraospedaliere, ma, in virtù dell’Accordo tra la Regione
Toscana ed il Centro Peres, questo non è stato possibile. Con ampio
ritardo Tala ha raggiunto successivamente l’ospedale di Rambam in
Israele dove è deceduta per emorragia postoperatoria (Marzo 2004).
Se non bastasse citiamo anche il caso di Alla Hamamra, una bambina di nove
anni affetta da leucemia, appartenente ad una famiglia povera e già
scartata dal Centro Peres in quanto, della cifra globale di 75mila dollari
per il trattamento della malattia, si pretendeva un contributo di 15mila
dollari dalla famiglia che questa, però, non era in grado di fornire.
Durante l’estate del 2004 l'ospedale universitario di Pisa si dichiarò
disponibile a farsi carico della terapia mentre l’Associazione di
Amicizia Italo-Palestinese di Firenze si impegnò per garantire le
spese extraospedaliere. Occorreva solo il lasciapassare della Regione Toscana,
ma l'autorizzazione venne a lungo negata, accampando le più risibili
giustificazioni, per evitare che qualcosa sfuggisse al Centro Peres. Il
23 Settembre la Regione fu costretta a concedere l'autorizzazione, ma la
situazione clinica della bambina nel frattempo era talmente peggiorata che
dovette essere ricoverata nuovamente all'ospedale Hadassah di Gerusalemme
per un ciclo di chemioterapia, per il quale si pretendevano 33mila dollari
dall'ANP e 25mila NIS dalla famiglia. Al termine, alla bambina sembrava
rimanere l'unica possibilità di aspettare il parto della madre, prossima
all'evento, fare le prove di compatibilità delle sue cellule ed effettuare
l'intervento di trapianto del midollo osseo. Il Centro Peres richiese a
tal fine altri 80mila dollari. A seguito di opportuna sollecitazione, i
responsabili della Regione Toscana ebbero garanzia da un medico israeliano
(?) che tutto ciò sarebbe avvenuto gratuitamente, ma dopo una verifica
si scoprì non solo che non erano state fatte le indagini per verificare
la compatibilità cellulare, ma che la bambina veniva semplicemente
considerata in fase terminale, meritevole solo di qualche trasfusione settimanale
al modesto costo di 2mila NIS.
11) Concordemente al punto precedente, si segnala che,
al presente, continuano a pervenire a quei centri toscani impegnati da anni
nella cooperazione sanitaria appelli accorati da molti Paesi in difficoltà
per curare e salvare parecchi bambini. Purtroppo alla stragrande maggioranza
di queste richieste, provenienti anche dalla Palestina, non può essere
più dato esito positivo per mancanza di fondi.
Alla luce di quanto detto, da parte nostra richiediamo con forza:
1) dati certi e accertabili sulle prestazioni
sanitarie fornite fino ad ora dagli ospedali israeliani (numero e tipologia
degli interventi chirurgici eseguiti e delle altre prestazioni mediche);
2) risultati chirurgici per tipologia di intervento eseguito
ed esiti delle terapie mediche;
3) notizie certe e verificabili circa la Palestinian Child
Society e i suoi membri, coinvolti in un secondo momento nelle attività
dell’Accordo;
4) che vengano inviati, pertanto, osservatori esterni ogni
qualvolta si intraprendano percorsi e progetti che prevedano impegni simili
per valutare l’effettiva efficacia e funzionalità dei progetti
in questione;
5) che i finanziamenti della Regione Toscana vengano destinati
altrimenti, coinvolgendo al massimo le Autorità istituzionali palestinesi
e accrescendo le sue potenzialità nel campo sanitario, attraverso
la riabilitazione e la riqualificazione dei suoi centri danneggiati dall’attività
militare israeliana e mediante il sostegno a quelle organizzazioni palestinesi
che sono seriamente impegnate sul proprio territorio nella cura e nella
riabilitazione dei malati e dei feriti. A tale proposito indichiamo il Medical
Relief per la reale necessità di sostenere quella che, senza dubbio,
rappresenta l’“embrione” della Sanità di uno Stato
a cui il popolo palestinese inconfutabilmente ha diritto, una ONG nota a
molti soggetti toscani e con la quale sono già in atto rapporti di
solidarietà per le profonde stima e ammirazione guadagnate, a ragione,
anche livello internazionale;
6) che vengano sostenute e protette quelle organizzazioni
di medici e associazioni di volontari israeliani già impegnati nella
solidarietà verso il popolo palestinese e collaboranti con le strutture
mediche palestinesi, rafforzando ed ampliando la loro attività nei
territori palestinesi, in modo tale da far arrivare le risorse economiche
ed umane necessarie nei Territori e promuovere il dialogo e la collaborazione
tra i due popoli;
7) che l’elenco delle strutture ospedaliere distribuite
sul territorio provenga dal Ministero della Sanità dell’ANP;
che vengano evidenziate, per le singole unità ospedaliere palestinesi,
anche le eventuali carenze strutturali e/o professionali al fine di poterle
inserire in opportuni progetti di recupero funzionali alle cure dei piccoli
pazienti; che il gruppo di medici pediatri ai quali spetta il compito di
individuare i bambini per i quali c’è necessità di interventi
e cure urgenti sia nominato dal Ministero della Sanità palestinese,
insieme ai rappresentanti delle ONG competenti operanti in Palestina; che
sia definita una tabella di priorità che tenga in considerazione
lo stato economico e la località di provenienza della famiglia dei
bambini malati;
8) che, se lo Stato di Israele vuole partecipare in qualche
modo al progetto, lo faccia nel rispetto degli obblighi internazionali a
cui è sottoposto, ovvero a proprie spese e mettendo a disposizione
dei piccoli malati specialisti e strutture adeguate per le cure di cui hanno
bisogno;
9) che non si escluda la stessa possibilità di scegliere
in alternativa un ospedale toscano, quando le circostanze non permettano
di fare altrimenti. Questa via consentirebbe, del resto, la ripresa di relazioni
e sinergie precedentemente avviate non soltanto dal personale medico coinvolto,
ma anche da quei gruppi e associazioni toscani che già si erano attivati
per supplire alle spese straordinarie, all’accoglienza dei genitori
dei piccoli pazienti, alla sensibilizzazione del territorio, ecc..., sulla
base delle richieste provenienti direttamente dai soggetti omologhi palestinesi.
Tutte iniziative, queste, che hanno dimostrato la capacità di “fare
cooperazione” da parte di due territori e dei loro cittadini e che
la Regione Toscana, a fronte di tutte le dichiarazioni d’intenti fatte
in materia e della Legge sulle attività di partenariato e cooperazione
internazionale che si è data, dovrebbe quantomeno promuovere e sostenere.
10) Infine, che si trovi il coraggio di fare questo cambiamento
di marcia, abbandonando l’equidistanza pratica e politica nei confronti
di Israele e Palestina a fronte della loro inconfutabile sproporzione di
forze e di ragioni che le stesse Nazioni Unite e tutto il Diritto internazionale
riconoscono e ripudiano.
Il Coordinamento Toscano di Solidarietà con la Palestina
Centro Popolare Autogestito CPA Firenze Sud (FI) ; Associazione
di Amicizia Italo-Palestinese (FI) ; Circolo Agorà (PI) ; Comitato
Lucchese di Solidarietà con l’Intifada (LU) ; Comitato a Sostegno
della Resistenza del Popolo Palestinese –Versilia (LU) ; Associazione
Wael Zwaiter -per la protezione del Popolo Palestinese (MS) ; Gruppo di
sostegno per uno Stato palestinese di Massa e Carrara (MS) ; Cecina Social
Forum (LI)