L'8 settembre 1943, lo stesso giorno che in tutta Italia il Comitato Nazionale Antifascista (CNA), si trasformava in Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), a Spello già operavano i primi gruppi partigiani. Alcuni giorni dopo, il 13 settembre, le FF.AA. tedesche occupavano Spello. Il comando generale, con alcune formazioni della Gestapo e le stesse famigerate SS, s'era stabilito a Villa Costanzi (oggi, Fidelia). Alcuni presidi occupavano anche Villa Fantozzi, Villa Ruozi e la casa delle sorelle Guiducci (oggi di Adanti), a Capitan Loreto. Tutto il paese era nelle loro mani: dalla caserma dei carabinieri, alla camera del fascio, dal Collegio Vitale Rosi, al Palazzo Comunale. Perfino le Chiese requisirono, per "1'eventualità di ulteriori arrivi del potente esercito della Wehrmacht", come si legge in una nota del 28.2.1944 del commissario prefettizio inviata al Prefetto di Perugia. Già con i primi anni della guerra sotto il fascismo la vita era dura. Sotto i tedeschi cambiò sensibilmente in peggio. Ogni giorno dalle ore 22 alle ore 4 scattava il coprifuoco (1); con 1'obbligo anche dell' oscuramento, che durava fino alle ore 7 del mattino. Le prime azioni militari dei partigiani allertavano le squadre fasciste che a volte chiamavano i rinforzi da Foligno, da Bevagna e da Bastia, per compiere spedizioni punitive. Quando non bastavano le camicie nere, intervenivano i tedeschi con i loro rastrellamenti, minacce, razzie. Frequenti erano gli atti d'imperio. Solo dal 21 aprile al 3 maggio 1944, ben 18 atti di requisizioni furono firmati dal commissario Prefettizio per ordine delle FF.AA.tedesche e del Battaglione del Genio Lavoratori, ed eseguite dai carabinieri a danno di altrettanti spellani. Gli oggetti requisiti erano quasi sempre biciclette e qualche traino, con i relativi buoi, "per il trasporto di materiali bellici da Foligno a Spello". A nulla valsero le istanze prodotte dai legittimi proprietari e le motivazioni da essi addotte per "necessità lavorativa e familiare", La situazione si aggravò soprattutto dopo il 20 settembre 1943 col "bando" di Mussolini che obbligava i giovani delle classi 24 e 2S a presentarsi presso i rispettivi Distretti Militari per aderire all' esercito della repubblica di Salò, pena la fucilazione. Come risposta a questo "bando" i partigiani, clandestinamente, fecero girare volantini sui quali si leggeva: "Giovani! Non presentatevi al richiamo. I Partigiani vi attendono sulle montagne per proseguire con voi la lotta contro gli oppressori. Fede e coraggio ci porteranno alla meta". Seguiva una informazione pratica: "Ognuno di voi che ci raggiungerà, porti seco una coperta e un paio di scarpe da montagna". Il sospetto che il volantino clandestino fosse stato scritto in qualche ufficio del Comune, cadde su Tullio Tordoni, dipendente comunale, che gli costerà la sospensione dal lavoro e l'obbligo tassativo di presentarsi al distretto militare di Spoleto, dal quale, con uno stratagemma consigliatogli da I un dipendente di farmacia, (prese una abbondante dosa di sinfcamina) sarà portato per farsi ricoverare all' ospedale di Perugia, dal quale poi fuggirà. In conseguenza di ciò il padre si farà 4 mesi di carcere e la madre perderà la tessera annonaria. Vennero intensificati i controlli: pattuglie di tedeschi e squadre fasciste setacciavano il paese. "Fui arrestato la prima volta da quattro fascisti e due tedeschi", raccon. ta Franco Buono. "Tornavo a casa - (abitava poco sopra l'attuale "Centro d'Infanzia") con un prosciutto che ero andato a prendere da Antonio Raponi che stava vicino al "Campo del1a Fiera" (S.Ventura), quando fui fermato in Via Giulia, nei pressi del1' attuale ristorante "11 Cacciatore". Gli chiesero la carta d'identità. Non trovandosela addosso lo portavano in caserma. "Il mio timore non fu tanto quello di essere sottoposto ad interrogatorio, quanto la fine che avrebbe fatto il prosciutto". La sua fortuna fu che mentre se lo portavano, incontrarono il pescivendolo di Val1egloria che lo conosceva bene e conosceva anche alcuni della milizia. "Vi assicuro che non ha neanche 16 anni", gli disse, "E mi lasciarono". Pochi giorni dopo, Franco, sarà fermato una seconda volta. Era a Porta Montanara. Tre tedeschi della gestapo e due camicie nere, gli chiesero il documento d'identità. "Lo esibii, ma c'era una correzione al1a data di nascita: era stato scritto 1921 e poi corretto a 1927. Lasciava pensare ad una manipolazione. "il tedesco che guardava il documento, ripetutamente mi fissava negli occhi". La scena durò diversi minuti, prima di lasciarlo andare. Questi controlli durarono fino al 25 maggio 1944, ultimo giorno valido per presentarsi al1e autorità militari per l'arruolamento. Dopo quella data i fascisti erano autorizzati a fucilare sul posto i trasgressori, come avverrà nel1a cittadina di Corciano per i tre fratelli Ceci: Ulisse, Armando e Giuseppe. Questa disposizione finì con l'ingrossare le file partigiane, in quanto ormai molti giovani preferivano la lotta di Liberazione all' arruolamento repubblichino. I disagi nel paese crescevano anche per le frequenti risse dovute allo stato di ubriachezza dei militari tedeschi, che finivano spesso col provocare incidenti stradali, com' era capitato a Pompilio Merendoni che, mentre transitava sul carro dell'amico "Steccone", all'altezza dell'Osteriaccia, venne investito da un automezzo tedesco, riportando ,gravissime ferite e la morte del cavallo. A creare non pochi disagi fu anche il sovraffollamento che si ebbe l'Inizio della primavera 1944 dopo i ripetuti e violenti bombardamenti su Foligno. Quasi "un migliaio di sfollati" folignati furono alloggiati a Spello, oltre "altri circa cinquecento provenienti dalle zone limitrofe", come si legge dall' ordinanza prefettizia del 21.4.1944. Anche diverse decine di famiglie spellane erano sfollate, come per esempio,quella di Elio Penna, che aveva trovato alloggio presso i Finauro a “Valcelli" . La loro casa si trovava sull'unica via di comunicazione tra Foligno ed Assisi (l'attuale via Centrale Umbra), vicina alla Stazione ferroviaria (anch'essa bombardata), ed era un continuo via vai di automezzi militari tedeschi e fascisti, che impaurirono i suoi genitori al punto di dovervi lasciare solo il figlio, Elio. “Una mattina", - racconta questi, - "fui preso e portato in piazza del Comune da alcuni tedeschi, dove riunirono una ventina di persone e ci portarono a liberare la stazione ferroviaria dalle macerie". Lavorammo per una settimana, mentre di tanto in tanto vedevamo sorvolarci aerei "cicogne" degli Alleati". Tra le tante famiglie spellane sfollate, c'era anche quella di Marcello Mancinelli, che aveva trovato rifugio presso l'attuale casa di Norberto, a Santa Lucia. Un giorno mentre il padre di Marcello era al pascolo con il suo gregge e in casa erano rimasti: la moglie, i figli e due ragazze di un' altra famiglia sfollata, arrivò un gruppo di soldati polacchi agli ordini dei tedeschi. Con le armi in pugno perlustrarono tutta la casa. "Non trovarono niente di interessante, tranne una cassetta chiusa a chiave", Intimarono di aprirla, ma la chiave non si trovava. La situazione stava per precipitare, quando vedono arrivare un soldato tedesco, fidanzato di una delle, due ragazze. A vederlo, la fidanzata, con uno slancio gli va incontro esultando: "Hanns"(2) (Giovanni), e si abbracciano" (come racconta Fagotti Alessio). I polacchi a vedere la scena, lasciarono tutto e andarono via. I tedeschi seminavano un clima di terrore e di paure tra la popolazione. Indimenticabili i proclami del comandante in capo di tutte le FF.AA. germaniche in Italia, maresciallo Albert Kesselring(3) che tappezzava i muri delle città, piccole e grandi a ricordo perenne che i padroni erano loro, loro i più forti, come si legge nell' epigrafe dettata da Pietro Calamandrei(4) per la morte di Duccio Galimberti. Intanto tra la popolazione cresceva la speranza della Liberazione. Radio Londra dava notizie che gli Alleati il 20 maggio erano sbarcati ad Anzio. Anche attraverso alcuni lanci aerei di volantini le forze Alleate informavano la popolazione a non collaborare con i nazifascisti. Qualche spellano ebbe anche l'idea di far sventolare da una delle finestre della casa di "Chiavetta", allora abitata dalla famiglia Mauro Manni, che era ben visibile sul monte, (attuale casa di Marchionni), un panno che a seconda del suo colore, indicava presenza di pericolo (rosso), o via libera (bianco). Ciò serviva soprattutto alle staffette e ai partigiani, o a quanti avevano bisogno di trasportare prodotti o generi alimentari illegali. A causa delle continue razzie dei tedeschi, infatti, le famiglie dovevano tenere ben nascoste le provviste alimentari: grano, olio, vino, animali. Racconta Francesco Scarponi, la cui famiglia abitava negli annessi del la Chiesa Tonda, che suo padre "dovette portare anche tre grossi tori di razza a "Cupa di Tofi", dov'erano alcune grotte, tra gli ulivi, sotto il monte", per paura che i tedeschi se li portassero via. Per capire il clima di paura e di terrore che si respirava nel paese in quei dieci, undici mesi di occupazione tedesca, è sufficiente riportare uno degli episodi più sconcertanti per ferocia. Un carretti ere assisano, Migliosi Gino, viene fermato davanti a Villa Costanzi col suo carretto che era andato a caricare a Foligno per conto di un commerciante di Capodacqua di Assisi. Avendo avuto i tedeschi una "soffiata", andarono a colpo sicuro e trovarono nascosto nel carico una pistola. Era stata messa all'insaputa del Migliosi. Fu immediatamente arrestato e condotto alla caserma dei carabinieri, che si trovava nell' attuale piazza del Comune, proprio dov' è adesso. Durante tutta la notte, fu prima torturato, alla presenza dei fascisti, nella speranza di estorcere qualche nome di persona invisa al regime, e dopo un processo lampo (farsa) viene emessa la condanna. Condotto al cimitero, la mattina seguente "alle ore 6.45 del giorno 2 giugno 1944, viene legato ad un palo e fucilato". Gli effetti di questi atti criminali si ripercuotevano sul morale della popolazione, incutendo gli paura, creando un clima di sospetti e di terrore. Ma con la paura le persone finivano col solidarizzare con i partigiani. Così, nel tentativo di incrinare i rapporti di collaborazione, che diventavano sempre più stretti e forti, tra la popolazione e i partigiani e togliere così forza al movimenti di Liberazione, Mussolini ordinò a tutti i Prefetti d'Italia di far affiggere in tutti i Comuni, nei primi giorni di ottobre 1943, un bando carico di minacce verso quanti collaboravano con i "ribelli", i "traditori", i "bolscevichi". Per chi veniva ritenuto "collaboratore", (poteva bastare una semplice spiata o calunnia, le liste di proscrizione erano lunghe, né mancavano i doppiogiochisti), era prevista la "fucilazione alla schiena". La primavera ormai stava colorando i monti e le valli e l'aria odorava di mille profumi. Anche i cuori degli innamorati uscivano da quel lungo e freddo inverno e con loro quello dei giovani partigiani. Si racconta che uno di questi, in una delle sue "discese dal monte", preso da un atto di gelosia, (non è dato conosce il motivo scatenante), mentre il sole splendeva alto nel cielo della piazza del Comune, condusse lì alcune ragazze colpevoli solo di aver avuto qualche incontro amoroso con alcuni soldati tedeschi o fascisti, e consumò la bravata: tagliò a zero le folte chiome di quelle innamorate, esponendole al ludibrio pubblico. Così come non mancavano quelli che si distinguevano per la loro bontà e generosità, come Checco, che pur non ancora ventenne riusciva con alcuni stratagemmi, che solo la sua precoce genialità fantasiosa potevano partorire, a togliere il pane di segala (nero) ai tedeschi (che avevano occupato parte della sua casa, in Via Giulia) per darlo ai partigiani. La vita, come sempre, continuava. C'erano persino coloro che tentavano la fortuna comprando i biglietti della "Lotteria di Merano", come risulta da un verbale della Intendenza di Finanza di Perugia, del, 21.9.1942. E non mancavano le occasioni per trasformare in farsa alcuni drammi che si stavano vivendo, scene burlesche e studiate ad arte, come quella del "carrettiere" , meglio conosciuto come "Panciullone". Si racconta, infatti, che una sera questo "Panciullone", assieme ad a1tri amici e con la complicità del sarto, Buono Giulio, che rammendava gli abiti militari dei tedeschi (come racconta il figlio Eros), decise di fare uno scherzo al calzolaio vicino di casa, nonché attivo operatore del mercato nero, tra 1'altro molto diffuso a quel tempo. Così una sera di plenilunio, mentre il "calzolaio" era appena rientrato da Roma, nella bottega del sarto "Panciullone" veniva vestito di tutto punto da colonnello delle SS. Quando ritennero giunto il momento che il "calzolaio" potesse stare a fare la conta dell'incasso della giornata, il "colonnello", cominciò a bussare alla sua porta, urlando parole incomprensibili, e prima che gli venisse aperto, irruppe nella cucina. Il "calzolaio" al gran trambusto creato dal "tedesco", rastrellò immediatamente i soldi sparsi sul tavolo mettendoli dentro la "pezzetta" che usava portare a mo' di grembiule. I! "tedesco" avanzava, sbraitando minaccioso, lui bagnato di sudore e bianco come uno straccio, con candida indifferenza, si avviò verso l'angolo del camino e "sgrullò" il contenuto della "pezzetta" su una mezza fascina di rami di ulivo, dove i soldi arrotolati si confusero con le foglie secche. Constatata la paura trasmessa al calzolaio e alla moglie che, bianchi cadaveri ci non riuscivano più a pronunciar parola, "Fanciullone" e soci, che intanto erano rimasti dietro la porta a godersi lo spettacolo, si affrettarono a rivelare lo scherzo, che solo dopo accesa discussione finì in risata, seguita da una bevuta collettiva. La buona riuscita del travestimento, indusse "Fanciullone" a mettere in opera, immediatamente, un secondo scherzo. Senza pensarci due volte, con la complicità della luna beffarda di primavera, si avviò a casa di un certo "Tanara", che abitava in piazzetta delle Foglie. Nel buio del vicolo, il "colonnello", seguito dagli amici nascosti nell' ombra, per gustare la scena, cominciò a menar colpi all'uscio gridando: "Hains strai", che non significava nulla, ma che avevano il loro effetto straniero, ed era ciò che si voleva. Dall' interno si udì una voce femminile, che rivolgendosi preoccupata al marito, diceva: "Anto' ...li tedeschi !". E questi, mentre si accingeva ad aprire, tra sé mormorò: "Che cazzo vojono?". E si trovò davanti un enorme "Colonnello" delle SS che gridava "Hains strai". "Que volete a quest' ora?", gli disse. E il "Colonnello": "SOMARUSS!!!". Al che prontamente gli rispose: "Que ve ne facete del mio?. E' vecchjo, ce vede poco e.. .cjoppica", e cambiando tono, in maniera quasi confidenziale, aggiunse: "Jite da "Fanciullone", lui sì che c'ha un bel cavallo!". A sentire il suo nome, "Fanciullone", immediatamente esclamò: "Porca matò, allora se io ero un tedescu veru tu lu mannavi a casa mia?". E gli piazzò un cazzotto sulla faccia. L'altro non fu da meno e lo scherzo finì in rissa, tra le risate degli amici. Con l'avvicinarsi del giorno della Liberazione, il traffico degli automezzi militari tedeschi andava intensificandosi. E a differenza del passato ora avveniva in una sola direzione: verso il Nord, Perugia. "Alcuni giorni prima della ritirata(5) un tenente e un caporale tedeschi ubriachi fradici, vollero a tutti i costi dormire a casa", (racconta Franco Buono). A nulla servì l'insistenza di suo zio per fargli capire che a due passi stava il loro comando, e gli si era anche offerto ad accompagnarli. "Il mattino dopo, sotto la minaccia delle armi, si presero l' asina con tutto il carretto, il servizio da barba e la bicicletta di mio padre e un po' di uova". Ma, l'asina che "ubbidiva solo a noi", appena ebbero imboccato Via degli Ulivi, "mandò fuori strada il carretto che si rovesciò con tutto il suo carico". Il 14.6.1944 a S.Giovanni di Collepino il gruppo degli uomini di Milan, con una azione fulminea, fecero tre prigionieri tedeschi, di cui uno riuscì a fuggire buttandosi giù da una scarpata tra il fitto bosco sottostante. La rappresaglia fu immediata. Il giorno dopo arrivarono 6 tedeschi a bordo di un camion. Rovistarono le case e i fienili e fecero radunare nella piazzetta, Angela Landrini, (che intanto avvisato in tempo il marito riuscì a farlo fuggire), suo padre Agostino, Amleto Rappaccini, (un ragazzo neanche diciottenne), Ottorino Salari, claudicante (fratello del Senatore), Lorenzo Lucantoni, militare non riconsegnatosi e una donna, moglie di un ferroviere, sfollata di Valtopina, di origine tedesca. Furono messi al muro sotto la minaccia delle armi: "Dove ribelli?"; "Banditen, kaputt!", gridavano". La signora di Valtopina, che parlava bene il tedesco, gli fece capire che non c'erano i partigiani. Allora, fecero salire sull' automezzo, Lorenzo, Amleto e la donna e partirono, lasciando vecchi e bambini. Agostino Landrini, che intanto s'era nascosto, li seguì fino al mulino di Buccilli, così come farà la madre di Lorenzo. Anzi essa, che non era presente al momento della cattura di suo figlio, arriverà fino al comando a Valtopina, perché convinta di trovarlo. Invece, si sentirà dire che "tutti i prigionieri sono già in marcia verso la Germania". "Che cosa ci ha fatto questa guerra!", ripeteva la signora col cuore straziato dal dolore, ritornando a casa. Dei tre deportati di S. Giovanni non si saprà mai più niente. Il loro destino rimane ancora oggi nella parola "dispersi", che è più pesante della stessa morte. Oggi di Lorenzo e Amleto sono rimasti i loro nomi scritti su una lapide, assieme ai caduti di S. Giovanni nella Prima e Seconda Guerra Mondiale, "per la ferma volontà di mia madre che aveva espresso il desiderio di ricordare suo figlio al 50° anniversario della scomparsa." Ma, "non ci arriverà, lasciando a me quell'impegno, che ho onorato" (ricorda, visibilmente commosso, Marino, fratello di Lorenzo). La mattina del 15 giugno, di buonora, un enorme boato, seguito da una serie di scoppi, svegliò il paese, terrorizzando soprattutto gli abitanti della zona di Vallegloria. I tedeschi di Villa Fantozzi, avevano fatto saltare il deposito delle munizioni che avevano nelle grotte, dove attualmente c'è il "Centro d'Infanzia". In quegli ultimi giorni di permanenza dell' esercito tedesco furono fatti saltare diversi depositi di munizioni. A Villa Ruozi dettero fuoco a tutta la biancheria. Le truppe germaniche cominciarono i preparativi per lasciare il paese. Ovunque portavano via tutto quello di cui avevano bisogno, soprattutto viveri e generi di prima necessità. "Ricordo una mattina di quegli ultimi giorni di occupazione, si fermò a casa un soldato di appena 20 anni e mi chiese da mangiare" (racconta Elio Penna). "Ripeteva, "No paura!", "lo fame; mangiare. " "Gli ofrii del pane e un po' di formaggio". Tra un boccone e l'altro, "divorati in un baleno", gli chiese: "Tu cattolico?!". "Sì" rispose Elio. E lui: "Ich auch" (Anch'io). "Quella notte si fermò a casa. Lo ricordo ancora, mentre prima di addormentarsi si mise la pistola vicino alla testa". Il mattino dopo, Elio, non l'ha più visto. Di questi ed altri episodi analoghi, ce ne saranno stati tanti. Sicuramente ogni famiglia ne avrà avuto, piccolo o grande, in quei giorni in cui finiva il terrore di una guerra iniziata con vent' anni di dittatura e che aveva lacerato famiglie, distrutto amicizie, affetti, seminato odi, vendette, fame. Intanto si pregustavano già i primi momenti di festa. I partigiani cominciavano a scendere dai monti. Di tanto in tanto gli aerei "cicogna" alleati continuavano a perlustrare la zona, soprattutto la stazione e Villa Costanzi. Mentre dai Monti Martani gli Alleati tenevano sotto tiro, con i loro potenti cannoni, soprattutto Foligno, ma anche Spello. Il via vai dei mezzi militari tedeschi si faceva sempre più frenetico. "La mattina del 16 giugno ero a casa degli zii, in campagna, nella zona di Prato, quando vidi arrivare due tedeschi, che a vedermi mi portarono poco distante, dove dovevano caricare su un camion una motocarrozzetta (sidecar) che non partiva" (ricorda Edoardo Pergolesi, che allora non aveva ancora17 anni) "Approfittai di un momento di distrazione e fuggii nel vicino campo di grano, per paura che mi portassero con loro". La sera precedente all'arrivo dell'VIII armata inglese, una decina di tedeschi tra soldati e sottufficiali si fermarono alla casa dei genitori di Gioacchino Diotallevi, fratello di Antonio. C'era un grande spiazzo sotto le mura della loro casa, con un grande fico, di fronte alla chiesetta di Sant' Anna, dove attualmente si trova la loro casa. "Quella sera vollero cenare da noi e mia madre dovette preparare per tutti. "Per fortuna mio padre qualche giorno prima aveva portato via dalla cantinola il vino, l'olio e il prosciutto, altrimenti l'avrebbero portato via il mattino, come fecero con l'asino." Il primo ad aver notizia dell' arrivo degli alleati a Foligno, la mattina del 16 giugno 1944, fu Fosco Fusaglia: Fosco era tra i tanti militari rientrati dopo l' 8 settembre 1943 e non più ripartito. Si nascondeva, con la famiglia sfollata, nella zona di Prato, nella casa di Peppoloni. "Quella mattina, io e mio fratello Fosco, andavamo verso il paese, quando incontrammo diversi automezzi militari tedeschi fermi davanti alla casa di Porzi. Ad un certo punto, Fosco, che nell' esercito aveva fatto il marconista, per caso captò il messaggio che in quell'istante i tedeschi stavano ricevendo" (racconta Ivo, il fratello). "Sai?", mi disse, "gli inglesi sono arrivati a Foligno". "E chi te l'ha detto?, gli feci io". "Hanno appena ricevuto il messaggio", fu la sua risposta. Infatti, "subito dopo vedemmo gli automezzi partire verso il cimitero" . "La notizia dell' arrivo a Foligno degli inglesi, ce la portò un mio cugino che faceva la staffetta ai partigiani" (racconta anche Francesco Scarponi). A sentirla, i suoi genitori esultarono di gioia. "E' finita la guerra!!!", gridarono. "Il giorno dopo a casa, alla Chiesa Tonda, s'è fermato un gruppo di inglesi. Hanno trascorso la notte. Ricordo che dopo cena ci hanno regalato alcune stecche di cioccolato. Era la prima volta che la mangiavo" . Il mattino dopo, "Abbiamo visto i corpi di due tedeschi vicino a casa". "Erano stati uccisi dai blindati inglesi la sera prima, mentre fuggivano" . Intanto l' autocolonna dell' VIII armata, che era preceduta da un mezzo blindato con due fila di soldati ai lati, era formata da indiani, con i famosi "turbanti", polacchi, greci, canadesi e perfino australiani. Alloro arrivo a Borgo si fece una grande festa, come anche in piazza del Comune e in molte case, come in quella del De Romano Luigi, su a Monterione, nella cui mansarda erano ancora nascosti Armandino Fagotti, Giuseppe Buono, Olivi ero e Dante Fioriti, che alla notizia dell' arrivo degli inglesi scesero in strada per unirsi ai festeggianti, tra cui c'era don Giovanni Benedetti (futuro vescovo di Foligno e Spello). "Una jeep si fermò proprio davanti a casa" (racconta Elio Penna). "Un soldato, in inglese, mi chiese qualcosa che non capii. Chiamai subito Rosella Pandolfi, vicina di casa, che sapeva parlare bene l'inglese. Così venni a sapere che avevano chiesto se c'erano dei ponti minati nella zona. Mentre l'esercito Alleato entrava vittorioso, si consumava l'ultima tragedia sul territorio spellano. I soldati della Wehrmacht in ritirata, "fucilarono Silvio Pierella, appaltatore nel casello n.5-791 sul tratto ferroviario Foligno Terontola. . Il Pierella lasciava la moglie e 6 figli, la più grande di 22 anni" (come si legge da una lettera del Sindaco, Ing. Filippo Preziosi al Capo Divisione e Direttore dei Lavori delle FF.SS. di Ancona, per fare assumere uno ( e unico) dei figli maggiorenni della vittima, viste le precarie condizioni economiche della numerosa famiglia).
(I) Da una lettera del segretario del PNF inviata il 30.3.1944 al Prefetto di Perugia si chiedeva di: "Spostare tale orario dalle 22 alle 20 e dalle 4 alle 6, in considerazione dell'ora legale in vigore dal 3 aprile p.v., per dare modo agli operai di portarsi e ritirarsi dal lavoro senza necessità del permesso".
(2) Abbreviazione di Johannes
(3) "E' tra gli artefici della costituzione della Luftwaffe, aeronautica militare tedesca, e capo del suo stato maggiore. E' il massimo responsabile delle atrocità commesse nella repressione della guerra partigiana in Italia. Il 6.5.1947, a Venezia, il tribunale inglese emette la sentenza: "Condanna a morte per fucilazione". Ma, due mesi dopo (il 4 luglio) il riesame del caso "commuta la pena in ergastolo". Il 23 10.1952 viene amnistiato" (da "l'Unità" del 31.7.2001).
(4) Uno dei padri più prestigioso della Costituzione Repubblicana, giuri sta fiorentino, dall' alto valore etico, quando nel 1953, quasi mezzo secolo fa, pareva che "i fascisti potessero tornare, sotto mentite spoglie, nell'aula di governo, sotto la spinta della destra democristiana e vaticana", cosÌ affermava: "Nell' aula dove fu giurata la Costituzione sono tornate da remote caligini i fantasmi della vergogna troppo presto dimenticati"(da un articolo di Romolo Menighetti, apparso sul quindicinale "Rocca" della Pro Civitate Christiana-Assisi). A cinquant' anni quel presagio si è concretizzato, divenuto drammaticamente d'attualità.
(5) Anzi, non si trattò di ritirata, ma di un lento, abile ed ordinato ripiegamento che segnava ancora le piazze e le strade, di stragi ed orrori, non solo a Marzabotto, alle Ardeatine, a Sant' Anna di Stazzema (LU), Barletta (BA), Boves (CN), ma a Marsciano, aGubbio dove i t~deschi, "a seguito di una rappresaglia, fucilarono 40 civili scelti tra 150 rastrellati" (da "Antifascismo e Resistenza nella provincia di Perugia).
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