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Intervista a Jamil Majdalawi | ||
by IMC Italy Friday, Sep. 06, 2002 at 11:46 PM | mail: | |
Membro del Politburo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) Gaza, gennaio 2001
Domanda: Qual è la sua opinione sul processo di pace? Risposta: Non e' possibile dire che c'è un processo di pace in Medio Oriente in questo momento. C'è piuttosto un progetto americano-israeliano che ha l'obbiettivo di liquidare la questione palestinese. Israele continua a rifiutare di riconoscere qualsiasi diritto palestinese, tra questi il più importante e' il nostro diritto all'autodeterminazione, ad uno stato palestinese, e il diritto al ritorno dei profughi. Israele continua anche a respingere ogni autonomia o diritto palestinese a Gerusalemme. Al contrario, Israele continua a costruire nuovi insediamenti. Finche' i diritti del popolo palestinese saranno ignorati, non possiamo parlare di pace. D: Qual e' la forza della sinistra palestinese in questi giorni? R: Storicamente la sinistra palestinese e' sempre stata una forza considerevole. Ma ci sono state varie tendenze. Accanto alla sinistra tradizionale del Partito Comunista c'era anche la sinistra di lotta, caratterizzata dal FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) e dal FDLP (Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina). Questi ultimi sono sempre stati una presenza considerevole, a volte piu' forte, a volte piu' debole. Al momento la sinistra di lotta e' la terza forza piu' forte dietro Fatah e gli islamisti. La sinistra palestinese ha risentito seriamente del collasso dell'Unione Sovietica. Noi nel FPLP abbiamo rivolto uno sguardo attento alla nostra storia dopo questo collasso per imparare dai nostri errori. Ma non vogliamo abbandonare i nostri principi di sinistra. Siamo in cammino per rendere la sinistra piu' efficace. Specialmente ora, nel momento in cui la borghesia palestinese ha fallito, e' necessario sviluppare e portare avanti un programma sociale e politico per creare un'alternativa democratica per il popolo palestinese. D: Che errori sono stati fatti nel passato? R: Un errore e' stato il fatto che non abbiamo combattuto a tutti i livelli contro l'imperialismo e il sionismo nella regione. Pensavamo che una sola forma di lotta potesse risolvere il conflitto. Non abbiamo visto chiaramente le differenze storiche tra il progetto sionista nella regione e il progetto di liberazione palestinese. Ora vediamo il conflitto in una maniera più completa. Non solo al livello di lotta, ma anche in un senso economico, sociale, culturale e storico. Non vediamo piu' la lotta armata come l'unica strada per la liberazione. Ci sono anzi anche altre forme di lotta: politica, sociale, culturale ed economica. Un altro errore e' stato la nostra incapacita' di riconoscere le differenze tra le varie comunità, intendo le diverse condizioni nazionali di fronte a cui si trovano i Palestinesi nei paesi in cui vivono. Non abbiamo enfatizzato abbastanza la battaglia sociale e democratica. Per noi oggi liberazione nazionale significa anche liberazione sociale. Rispetto all'internazionalismo, lo vediamo ancora come una linea strategica importante. Gli errori che abbiamo fatto rispetto all'internazionalismo avevano a che fare con la nostra incapacita' di criticare le pratiche dell'Unione Sovietica. Oggi crediamo che le alleanze strategiche con alleati e amici devono essere accompagnate da critica. Perche' la critica e' necessaria per stare sulla giusta strada. Si tratta di una questione molto complessa. Il fallimento dell'OLP negli ultimi anni '80 hanno dato una grande spinta propulsiva agli islamisti. Poi e' venuto il collasso dell'Unione Sovietica, la crisi dell'ideologia di sinistra, e il fallimento della sinistra palestinese (incluso il FPLP nel creare un'alternativa. Anche le organizzazioni islamiste hanno una lunga storia, che si puo' suddividere grosso modo in due fasi: la fase prima della prima intifada, e la fase dopo questa intifada. Prima, vedevano la sinistra come i loro principali oppositori e c'erano frequenti scontri sanguinosi. Gli islamisti avevano questo approccio: prima eliminare la sinistra, poi opporsi alle forze di occupazione israeliane. Quindi a quel tempo erano tollerati da Israele e sono riusciti a creare una vasta infrastruttura nella società palestinese. Allo stesso tempo le forze di sinistra venivano duramente attaccate da Israele. Quando l'intifada e' cominciata, la sinistra era ancora sanguinante e gli islamisti stavano aumentando la loro forza. Ma hanno dovuto fare una scelta: continuare con i loro vecchi metodi, oppure lottare insieme nell'intifada. Hanno scelto la seconda. Qualsiasi altra scelta gli avrebbe alienato la societa' palestinese, cosi' questo ha creato una dinamica, mentre gli islamisti sono diventati un problema per Israele. Questa situazione ha anche trasformato la realta' della sinistra. E' importante sottolineare che la contraddizione principale, nella visione della sinistra, e' sempre stata l'occupazione. Cio' perche' l'occupazione ha l'obbiettivo di liquidare il popolo palestinese. Quindi la sinistra coopera con gli islamisti nella lotta contro l'occupazione. Si tratta letteralmente di una questione di sopravvivenza. Naturalmente cio' coinvolge delle contraddizioni. Ci sono differenze ideologiche, differenze in termini di punti di vista sociali, e differenze rispetto alla questione delle donne, della famiglia, dell'educazione, della democrazia, della liberta' personale, e cosi' via. D: La sinistra palestinese e' uscita indebolita dalla prima intifada? Se si', perche'? R: L'intero movimento di liberazione della Palestina e tutte le organizzazioni palestinesi sono uscite indebolite dalla prima intifada. L'intifada in sè non era in alcun modo debole, ma il suo sbocco politico, gli accordi di Oslo, sono stati uno sforzo sprecato che ha lasciato tutti i gruppi in condizioni peggiori di quelle in cui si trovavano prima della sollevazione. D: Come funzionava la cooperazione tra i comitati popolari di sinistra e le forze religiose? R: All'epoca le forze islamiste non facevano parte del comando nazionale unificato. Il comando unificato consisteva di Fatah, del FPLP, del DFLP e del Partito Popolare. Gli islamisti non erano neppure attivi, ne' politicamente ne' organizzativamente, nei comitati popolari. Solo a livello di partecipazione individuale ai comitati erano coinvolti in alcune zone. D: Che lezioni avete imparato da quell'esperienza? R: Gli islamisti, all'epoca, non volevano stare nel comando nazionale. Sarebbe stato meglio per tutte le forze se vi avessero partecipato. Ciò avrebbe evitato molti degli errori che hanno indebolito la resistenza all'occupazione. Gli islamisti portavano avanti le loro attivita' in modo parallelo, non insieme, alle azioni delle altre forze. Quindi c'erano molte azioni di protesta, ognuna isolata dalle altre. C'erano anche problemi durante le manifestazioni unitarie, perche' i dimostranti islamisti prendevano ordini da leaders diversi rispetto a quelli del resto dei partecipanti. Mentre e' essenziale che durante le manifestazioni e le altre attivita' ci sia un'unita' di azione, altrimenti e' facile per gli israeliani sconfiggerle. Questa e' una lezione molto importante dalla prima intifada. D: Qual e' stata la posizione del FPLP durante la guerra del Golfo? R: La guerra del Golfo ha avuto due fasi. La prima fase e' stata l'arrivo delle truppe USA nel Golfo. In questa brevissima fase il FPLP si è opposto all'invasione irachena del Kuwait. Pensavamo che l'unita' araba non si dovesse raggiungere attraverso la forza e che le truppe dell'Iraq dovessero ritirarsi dal Kuwait. E che poi ci sarebbe stata una soluzione araba al problema. Con questo in mente George Habash (leader del FPLP) ha visitato vari stati arabi e perseguito un'iniziativa araba per risolvere la crisi. Due principi erano centrali in questa iniziativa: il ritiro delle truppe irachene dal Kuwait e il diritto all'autodeterminazione del popolo kuwaitiano. La seconda fase della guerra del Golfo ha visto l'avanzata delle truppe USA e di altri paesi occidentali nella regione del Golfo. Durante questa fase il FPLP ha considerato prioritaria la lotta contro le truppe imperialiste. Pensavamo che non potesse esserci una soluzione che si proponesse di rafforzare la dominazione imperialista sulla regione. D: E' vero che il FPLP si e' alleato con Baghdad per ragioni di opportunismo? R: I rapporti tra il FPLP e ogni stato arabo sono basati sull'idea che Palestinesi e Arabi hanno interessi comuni. Durante la guerra Iran-Iraq la posizione del FPLP era contraria all'Iraq. Cio' ha portato il governo iracheno a chiudere tutti gli uffici del FPLP nel paese e a espellere i membri del FPLP. Dal 1980 al 1989 non c'e' stato alcun contatto tra FPLP e Iraq. La presenza del FPLP in Iraq era clandestina. Negli anni '90 il FPLP non ha ricevuto alcun beneficio dal suo rapporto con l'Iraq. L'Iraq non e' in grado di fornire sostegno ad altre forze. Caso mai e' lo stesso Iraq ad aver bisogno di appoggio contro le potenze imperialiste. D: Che effetti ha avuto la dinamica di Oslo sulla sinistra palestinese? R: La sinistra ha fatto tutto cio' che ha potuto, a tutti i livelli, per resistere. Al livello della lotta armata, la sinistra e' sempre stata attiva in Palestina e nel sud del Libano. A livello popolare la sinistra ha fatto cio' che ha potuto per mettere in evidenza il fallimento degli accordi di Oslo. Abbiamo cercato di convincere la gente a non farsi deviare dalla borghesia palestinese, dagli Israeliani, dagli Americani. A livello pan-arabo il FPLP è stato molto attivo, in particolare tra le masse arabe in altri paesi, per convincere i vari partiti arabi indipendenti, i sindacati e le iniziative popolari dei pericoli insiti negli accordi di Oslo. Volevamo vedere la creazione di un fronte popolare arabo contro la normalizzazione con il sionismo, con Israele, e con l'imperialismo. A livello interno la sinistra ha lottato per la democrazia e contro la corruzione all'interno dell'Autorità Nazionale Palestinese. Il Fronte popolare ha anche organizzato proteste e ha sostenuto le lotte dei prigionieri politici nelle prigioni israeliane e palestinesi. Nelle scuole e nelle università il Fronte popolare ha organizzato la resistenza agli Accordi di Oslo e alle loro conseguenze. Israele e la CIA, per mezzo dell'accordo di Whye River, nel 1999, hanno tentato di influenzare gli alunni palestinesi, volevano che l'ANP riscrivesse tutti i libri di testo, inserendo posizioni neutrali per creare un'atmosfera di amicizia verso gli USA e Israele. E' stato solo grazie a grandi sforzi che questi piani sono stati respinti. La sinistra ha fatto molto lavoro di base tra la popolazione ed è così che si è formato un fronte ampio di resistenza contro i nuovi programmi educativi pro-imperialisti. Ci sono degli esempi sugli obbiettivi quotidiani che la sinistra ha intrapreso dal 1993 per resistere agli Accordi di Oslo. La sinistra ha anche cominciato ad allargarsi in nuove direzioni ed è stata in grado, in anni recenti, di inviare i suoi quadri politici nei paesi vicini e nei Territori palestinesi occupati per sostenere direttamente la lotta della gente contro l'occupazione. I nostri compagni sono sul fronte delle proteste della nuova Intifada. Il più grande successo della sinistra contro le dinamiche di Oslo è il fatto che il suo lavoro politico è stato recepito dai palestinesi al punto che c'è una linea rossa che la leadership ufficiale non può valicare. Questa linea è rappresentata dai diritti fondamentali del popolo palestinese che nessuna rappresentanza può violare, come l'autodeterminazione, uno stato con Gerusalemme capitale, il diritto al ritorno per milioni di rifugiati palestinesi, la fine dell'occupazione e lo smantellamento degli insediamenti israeliani. D. Che rilevanza ha la sinistra nella nuova Intifada? R. La sinistra, per mezzo del suo lavoro di chiarificazione politica sugli ultimi anni, ha rafforzato la base politica dell'Intifada. Attualmente siamo coinvolti in tutte le attività dell'Intifada; siamo presenti nelle strade, nei Comitati di coordinamento ad alto livello, così come nei Comitati popolari ed assolviamo compiti come prendersi cura delle famiglie povere, creare comitati politici, sostenere i prigionieri politici e così via. La sinistra è anche coinvolta nella lotta armata. D. Come vede ora la sinistra palestinese le prospettive per la liberazione? R. La sinistra vede il processo di liberazione come un processo a due vie: La liberazione sociale senza la fine dell'occupazione è impossibile, come d'altra parte è impossibile far cessare l'occupazione senza raggiungere una liberazione sociale. Nell'avanzamento della liberazione sociale è possibile mobilitare la gente contro l'occupazione. Allo stesso tempo, la sconfitta dell'occupazione crea anche le condizioni per la liberazione sociale. Il compito principale della sinistra palestinese è proteggere la vita del popolo palestinese e difenderlo in condizioni che sono cambiate radicalmente. Per rendere possibile questa difesa la sinistra accetta la soluzione dei "due stati" come soluzione temporanea: Questo ovviamente a condizione che siano assicurati i diritti fondamentali e che le vite dei palestinesi siano protette. Da un punto di vista storico, comunque, il problema del sionismo rimane, così la lotta contro il sionismo ha una dimensione strategica. L'alleanza sionista-imperialista è un nemico per tutti i popoli della regione. Così la sola soluzione strategica può essere uno stato democratico per tutti i popoli che vivono su questa terra, libera da sionismo ed imperialismo. Perché questa lotta possa avere successo abbiamo bisogno del sostegno delle sinistre di tutto il mondo. Quindi la solidarietà internazionale è una parte centrale del lavoro della sinistra palestinese. D. Qual è l'opinione della sinistra palestinese su quella israeliana? R. Abbiamo contatti solo con i gruppi della sinistra anti-sionista che purtroppo sono molto piccoli: Speriamo che crescano e che possano raggiungere il livello di rappresentare una sfida per l'ideologia sionista all'interno della società israeliana. Questo non solo nell'interesse dei palestinesi ma anche degli stessi israeliani. I nostri contatti con gruppi israeliani sono basati sulla condizione che siano anti-sionisti e che riconoscano i diritti fondamentali del popolo palestinese, compreso quello all'autodeterminazione e al ritorno per milioni di profughi della diaspora. D. Qual è la differenza principale tra la prima Intifada del 1987 e quella attuale? R. Prima di tutto, l'Autorità Palestinese non esisteva nel 1987. L'Intifada era una rivolta del popolo contro l'occupazione. Allora c'erano solo due autorità: il potere dell'occupazione israeliana veniva affrontato dal movimento popolare palestinese, la sola autorità popolare che i palestinesi avevano. Oggi, oltre all'Intifada c'è anche l'Autorità Palestinese che ha fatto accordi con l'occupazione. Questo gli ha dato bassi margini di manovra contro l'occupazione. Ciò significa che a volte l'Autorità Palestinese è in contrasto con le emozioni popolari e deve affrontare la tattica della leadership nazionale e dell'Intifada. La gente si aspetta che l'ANP vada incontro alle sue aspirazioni rispetto sia alle questioni economiche che di sicurezza. Secondo l'uso della forza e delle armi da parte degli israeliani contro i palestinesi, durante questa Intifada è molto più intenso e pesante, questo si evidenzia con l'alto numero di perdite palestinesi. Terzo, la leadership nazionale dell'Intifada è molto meglio organizzata che nel passato così che può organizzare le attività dell'Intifada e allo stesso tempo mantenendo in piedi la vita civile come la scuola, il commercio, ecc? Quarto, questa nuova Intifada ha un gran livello di solidarietà in vari paesi arabi. Le manifestazioni massive di solidarietà nelle piazze arabe sono state sostenute da diversi regimi. D. Quali sono le tendenze politiche più significative nel movimento di resistenza palestinese secondo il FPLP? R. In generale, possiamo identificare le seguenti tendenze. Primo, quella della borghesia nazionale, principalmente rappresentata da Fatah. Questa linea è guidata politicamente, socialmente ed ideologicamente dalla borghesia. La base del movimento, comunque, è rappresentata dalle masse povere della società palestinese, per esempio i giovani dei campi profughi. Poi c'è la tendenza islamista la cui leadership proviene principalmente dalla classe media. La sua base è piuttosto mista. Questa tendenza si avvale del fatto che la società palestinese è tradizionalmente religiosa. Poi c'è la sinistra, rappresentata dal Fronte Popolare e dal Fronte Democratico e gli attivisti provengono dal proletariato palestinese. Questa tendenza comprende altre organizzazioni come il Partito Popolare, cioè l'ex Partito Comunista, il FIDA, il Fronte di Lotta Popolare e molte persone a livello individuale. Questa tendenza racchiude tutte le forze progressiste, laiche e democratiche, che si basano più o meno sul marxismo. D. Come puoi descrivere l'attuale situazione della sinistra palestinese e qual è la tua posizione riguardo alla rivolta? R. Negli anni passati la sinistra palestinese ha affondato le sue radici nella società, mentre prima era stata molto indebolita da vari fattori: il collasso dell'Unione Sovietica e del blocco socialista e dalla crisi generale della sinistra in tutto il globo. Ma possiamo dire che la crisi della sinistra palestinese è stata inferiore di quella sofferta dalla sinistra in Europa e nel mondo. Il Fronte Popolare gode di una particolare forma di credibilità tra i palestinesi. Per le sue forme di lotta e la correttezza delle sue analisi sociali e politiche, Il FPLP ha credibilità. Le posizioni di sinistra riguardo alle rivolte corrispondono agli obbiettivi dell'Intifada. Questi Obbiettivi sono: fine dell'occupazione israeliana, la creazione di uno stato palestinese con sovranità reale e con Gerusalemme come capitale e la garanzia del diritto al ritorno per i profughi. C'è unità su questi punti e noi siamo convinti che l'Intifada non debba finire fino a che questi obbiettivi non siano raggiunti. Un punto su cui c'è disaccordo è fino a che punto la sinistra debba partecipare all'Autorità Palestinese e su quale forme di lotta debbano essere usate contro l'occupazione perché c'è gente che dice che sarebbe meglio evitare la violenza, per esempio. D. Quali sono gli obbiettivi immediati e strategici per il Fronte Popolare per quanto riguarda la questione palestinese? R. L'obbiettivo immediato per il Fronte è la realizzazione del progetto di liberazione nazionale. Gli obbiettivi di questo progetto sono: autodeterminazione, uno stato con Gerusalemme capitale e il ritorno dei profughi. Gli obbiettivi strategici a lungo termine riguardano il raggiungimento di una giusta pace per l'intera regione. Questa soluzione può essere realizzata solo con la creazione di uno stato democratico e laico che possa essere la casa di tutti i popoli della regione, al di là del colore della loro pelle, della loro religione o etnia. Questa soluzione eviterà alla regione la sofferenza che le è stata inflitta dall'ideologia razzista del sionismo. Questa soluzione sarà l'alternativa alla costruzione di due stati religiosi, uno ebraico e uno palestinese.
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