Sciopero del «Collettivo precari», per l'assunzione piena e il reintegro
di 4 licenziati
Cose d'altri tempi, in salsa legalitaria d'oggi. Sono i rapporti di lavoro - contrattualizzati - nel mondo precario. E Atesia, di questo mondo, è per ora l'esempio più chiaro. Il call center più noto d'Italia deve la sua fama ai conflitti che l'attraversano prima ancora che ai suoi servizi; e oggi la sua vita verrà segnata da un nuovo sciopero. Anzi, da una «pausa collettiva» sui tre turni. L'ipocrisia contrattuale, infatti, è così elevata che questi lavoratori vengono considerati «autonomi», non dipendenti. Come se andare in Atesia a una certa ora, per un certo orario, a rispondere al telefono sull'argomento della «campagna» (pubblicitaria o operativa) di qualche cliente implicasse un'autonomia paragonabile all'idraulico o all'architetto.
Fino al 2000 i lavoratori dovevano addirittura pagare l'«affitto» della postazione telefonica su cui lavoravano. Poi qualche articolo e qualche ispezione dell'ufficio del lavoro misero fine almeno a questo insulto. Ma le forme della precarietà sono infinite. Lo erano durante gli anni del centrosinistra (e allora i 4.600 dipendenti erano tutti «co.co.co.»), si sono moltiplicate con la «legge 30» del centrodestra. Il sindacato, in questo inferno, compare da «esterno»; prima per firmare l'accordo del 2000 (che eliminava l'«affitto»), poi quello del 24 maggio 2004, che recepiva in pieno i dispositivi della legge 30, predisponendo la sostituzione dei contratti co.co.co. con altre forme egualmente precarie. Contratti di «apprendistato professionalizzante» (che tra l'altro dovrebbero essere di numero non superiore agli assunti a tempo indeterminato; davvero pochi, in Atesia), di «somministrazione» e di «inserimento». Piccola differenze, di salario e di orario, tra l'uno e l'altro; una sola caratteristica comune: nessun accenno a un vago obbligo per l'azienda di arrivare infine all'assunzione a tempo indeterminato.
Il 30 settembre scade infatti l'ultima proroga dei contratti co.co.co., mentre i nuovi assunti in questo periodo hanno dei contratti «a progetto». Per evitare di incappare in cause di lavoro con lavoratori cui non dovesse venire rinnovato un contratto, l'azienda - prima di «ri-assumere» un vecchio «collaboratore» con un nuovo contratto temporaneo - pretende addirittura la firma di una «liberatoria». Un testo veramente illuminante, come si diceva in apertura, stipulato tra due «conciliatori» - un rappresentante dell'azienda e uno, sembra, della Cisl, «cui il lavoratore conferisce delega ai fini della rappresentanza». Dove si dichiara che «il rapporto di lavoro si è svolto in piena autonomia, potendo egli stesso autonomamente determinare le modalità attraverso cui rendere la propria prestazione», «escluso qualsiasi vincolo di subordinazione» (dipendenza gerarchica, orario di lavoro, ecc). Ma anche la «rinuncia a rivendicare la natura subordinata nel rapporto di lavoro nei confronti di Telecontact center e Atesia spa», fino alla glaciale «rinuncia a ogni diritto e/o pretesa contrattuale».
Rapporti di lavoro ottocenteschi, ma con la «pezza d'appoggio» legale contro ogni possibile rivalsa. Sembra incredibile che i tre sindacati confederali del settore (Cisl, Uil e Cgil, presente anche come Nidil) possano aver accettato simili meccanismi. Eppure è ciò che è accaduto. E al «Collettivo precari Atesia» - un gruppo folto di «lavoratori autorganizzati» che hanno dimostrato con due scioperi, a maggio e giugno, di avere un forte seguito in azienda, anche se quella lotta è costata loro 4 licenziamenti - non è andato giù. La loro critica ai «confederali» è radicale, ma assolutamente di merito: l'obiettivo è (come chiedono) l'assunzione con contratto a tempo indeterminato o la «meno peggio» tra le formule contrattuali previste dalla legge 30? Su questo, altre categorie sindacali (i metalmeccanici, per esempio) sono stati chiarissimi: nessun accordo può recepire quella legge. Per altri non è così. Ed è inevitabile che i lavoratori, nel loro piccolo, «si incazzino». Su questo - l'assunzione e il rientro dei 4 licenziati - verte lo sciopero di oggi. Sarà anche una buona occasione per verificare, /de visu/, come si va delineando il «problema della rappresentanza» in un mondo sempre più vasto: quello dei precari a vita.
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