Bologna, eversore chi protesta per il caro-mensa
Sotto le Due Torri è ancora “teorema”. Nove studenti denunciati, con l’
aggravante di eversione dell’ordine democratico, per un’autoriduzione
pacifica
di Checchino Antonini
Prendi una lotta, trattala male, falla sentire eversiva. A Bologna è di nuovo teorema. Il reato è quello consueto, gravissimo: eversione dell’ordine democratico, si può restare dentro fino a 15 anni. Anche il pm è quello solito, così come la città e gli indagati. Paolo Giovagnoli, pubblico ministero sotto le due Torri punta di nuovo l’indice contro il movimento studentesco tirando fuori dai cassetti le micidiali aggravanti firmate da Cossiga alla fine degli anni ’70. Dopo gli universitari del collettivo “System error”, che occuparono un negozio vuoto per 23 ore per farci una copisteria gratuita, stavolta su altri nove universitari pende l’incredibile aggravante per aver dato vita all’autoriduzione della mensa più cara d’Italia. Era il 19 aprile di un anno fa quando la Rete universitaria promosse un’iniziativa per rivendicare il diritto allo studio e denunciare le carenze dell’Arstud, l’azienda regionale che ha affidato a una società privata, la stessa che fornisce i pasti al Cpt di Via Mattei, la gestione di una struttura da tempo insufficiente rispetto ai possibili utenti. Nei locali di Piazza Puntoni, su Via Zamboni, quella delle facoltà, riescono a trovare posto solo in 200 a fronte degli oltre centomila iscritti. Quel giorno in centinaia (200 secondo la digos, un po’ meno secondo i promotori) entrarono al prezzo politico di un euro anziché 5, 80 della tariffa canonica. Un anno dopo, la procura ha notificato a 9 promotori della protesta, o presunti tali, l’accusa di violenza privata e ad altri 11 quella di manifestazione non autorizzata. Tutto condito, per i primi 9, con l’aggravante, quasi una formula magica con cui la procura cerca da anni di esorcizzare il disagio sociale e i conflitti. «Fu un’azione tranquillissima - ricorda a Liberazione, Alvin Palmi, 23 anni studente di Scienze motorie, uno dei 9 “eversori” - lo stesso buttafuori, deponendo in questura, ha ammesso che il responsabile della mensa diede l’ordine di lasciar passare gli autoriduttori e di limitarsi ad avvisare il 113|. Non ci furono né tensioni, né incidenti di alcun tipo. Piuttosto, molti studenti furono ben contenti di risparmiare qualcosa. Vicino alle casse c’erano studenti con uno striscione e da un megafono venne spiegato il senso dell’iniziativa di riappropriazione simbolica. «Il diritto allo studio passa anche per una mensa a prezzi popolari», dice ancora Alvin. Per capire come l’università fosse in fermento sarebbero serviti solo pochi altri mesi quando, per la prima volta dal ’77, un’ondata di occupazioni contro il riordino Moratti-Zecchino avrebbe interessato parecchie facoltà bolognesi. La denuncia viene percepita come una doccia fredda dai collettivi universitari. Ed è l’ennesima volta che l’aggravante viene adoperata contro precari, studenti, senzacasa. Gli studenti oggi terranno una conferenza stampa per chiedere una presa di posizione al rettore Calzolari e agli organi accademici e di Arstud: «Stavolta devono dire chiaramente se pensano che sia normale che 20 studenti possano essere considerati eversori per un’autoriduzione ». Ma tutti sono stati invitati a schierarsi. In un appello già firmato da numerosi parlamentari ed esponenti politici di Prc e verdi come il presidente del quartiere S. Vitale, Carmelo Adagio. «Pensiamo che sia giunto il momento di dare una risposta forte a chi continua a fare un uso strumentale e politico del codice penale - scrivono gli studenti - e in particolare di leggi speciali antiterrorismo varate più di 25 anni fa in ben altro clima politico. Chiediamo una posizione chiara contro un’aggravante pesantissima che rischia di condizionare la vita di molte persone con l’obiettivo di chiudere gli spazi della politica e di lotte sociali che mirano alla generalizzazione dei diritti». «Inaccettabile che iniziative svolte pacificamente e alla luce del sole vengano colpite con le leggi speciali », aggiunge Claudio Grassi, neosenatore di Rifondazione che invita partiti e mondo sindacale a esprimere solidarietà ai denunciati: «E’ in gioco il diritto di tutti a a praticare, senza ritorsioni, il conflitto sociale ». Ma a Bologna sembra ripetersi sempre lo stesso copione: accuse terribili per chi agisce il conflitto, centri sociali (è il caso del Livello 57 e di Crash) sotto sfratto, rave-parade antiproibizionista, in programma per i primi di giugno ma fortemente a rischio e la piazza negata perfino ai goliardi dell’università dal sindaco Cofferati. Da parte loro, i promotori del discutibile carnevale non si lasciano sfuggire l’occasione per polemizzare con lo street-rave “antipro” che farebbe alla città più danni della parata goliardica. Tra i denunciati per manifestazione non autorizzata c’è anche Tiziano Loreti, segretario cittadino del Prc si cui già pendono denunce per l’occupazione pacifica della stazione nel giorno dello scoppio della guerra, per lo smontaggio - anche quello pacifico - del Cpt di Via Mattei e per il recente presidio antifascista a S. Lazzaro, pacifico anche quello ma non autorizzato. Lo stop ai goliardi sembra un preludio al niet per la street parade di giugno, tradizionale appuntamento antiproibizionista promosso, tra gli altri, proprio da uno dei centri sociali sotto sfratto. Due questioni legate. «Difficile che si trovi un cavillo per proibire quella manifestazione - dice Loreti - i promotori si sono anche resi disponibili a rivedere il percorso. Ma è chiaro che c’è chi lavora per non fargliela fare».
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