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A Roma per Aldro
by verità e giustizia Thursday, May. 18, 2006 at 6:58 PM mail:

domani alle 20,30 in piazza Venezia

*F*iaccole per Aldro anche nella notte di Roma. Domani sera - appuntamento alle 20.30 in Piazza Madonna di Loreto, a ridosso di Piazza Venezia - si terrà un sit-in nella capitale per ricordare Federico Aldrovandi, anni 18, «solo, disarmato, incensurato». E morto, anzi ucciso secondo l’ipotesi di reato formulata dalla procura di Ferrara, durante un misterioso controllo di polizia. Era l’alba del 25 settembre del 2005. Cento giorni dopo, il silenzio assordante sul caso, spinse sua madre Patrizia ad aprire un blog per denunciare la vicenda. La storia di Aldro, come lo chiamavano gli amici, finisce così sulla prima di *Liberazione*, poi su altri giornali e in tv, a “Chi l’ha visto? ”. Altri mesi e finalmente arriva l’autopsia ma emergono anche gravi contraddizioni nelle versioni ufficiali ripetutamente ritoccate. Saranno i testimoni, rintracciati soprattutto dalle faticose indagini dei legali nominati dalla famiglia Aldrovandi, a raccontare una storia ben diversa da quella sostenuta dalla questura. Diranno di quattro agenti che, a vario titolo, avrebbero preso parte a un violentissimo fermo, come spiegano le lesioni sul corpo di Federico che forse fu scambiato per uno straniero. Due manganelli tornarono spezzati alla centrale. Medici e ambulanzieri troveranno un ragazzino ammanettato faccia a terra, privo di vita, in una spaventosa pozza di sangue. Ci sarà chi proverà ad accreditare un ritratto fasullo del ragazzo: dirà che era drogato, che gli agenti avrebbero cercato di soccorrerlo, che li avrebbe aggrediti. Autorevolissimi tossicologi smentiranno quella tesi e non solo la perizia dei tecnici nominati dalla parte lesa ma perfino quella dei consulenti del pm non potrà sottacere il ruolo delle modalità del controllo di polizia nella morte del diciottenne. Un po’ per volta, la città di Ferrara si renderà conto della gravità della vicenda e i sit-in del comitato “Verità e giustizia per Aldro” saranno sempre più partecipati. La procura, però, richiederà i nomi dei cronisti che si sono azzardati a occuparsi del caso. Per la Fnsi, il sindacato dei giornalisti, è un’intimidazione bella e buona. ll fronte si allarga con le interrogazioni parlamentari e iniziative di solidarietà con la famiglia e gli amici di Federico si moltiplicheranno sulla rete (centinaia di messaggi arrivano ogni giorno al blog) e nelle città: Bologna, Roma, Massa. Prossimamente Senigallia, Lodi e ancora Bologna. E, naturalmente a Ferrara, ogni mercoledì sera. L’idea che sta crescendo è di tenere iniziative in contemporanea in ogni città nell’anniversari della morte del ragazzo.
Il mese scorso, la svolta: cambia il pm e arrivano 4 avvisi di garanzia per omicidio preterintenzionale. Subito dopo si dispone un incidente probatorio che prevede la ripetizione dell’autopsia e l’audizione di due super-testimoni. All’inizio di questa settimana, è arrivata la nomina del giudice per le indagini preliminari: si chiama Silvia Giorgi. Toccherà a lei istruire la nuova perizia e convocare le persone da sentire.
Ma non tutto fila liscio. Da Ferrara a Roma, la polizia di stato sembra chiusa a riccio in nome di un «malinteso senso di cameratismo», come ebbe a dire a questo giornale un anonimo agente già nel mese di gennaio. Alcuni sindacati di polizia, Sap nazionale e Siulp locale, hanno attaccato frontalmente la città di Ferrara e quanti abbiano provato a criticare l’operato delle due volanti che intervennero in Via Ippodromo quella notte.
E una disavventura è toccata anche a Mauro Corradini, uno dei promotori del comitato per Aldro nella capitale. Corradini, 44 anni, impiegato è un cattolico praticante. E’ rimasto sconvolto dalla lettura del blog di Patrizia Aldrovandi ed è voluto salire a Ferrara per conoscerla. Il 2 maggio Corradini è andato in via Genova, sede della questura di Roma, per comunicare l’intenzione di svolgere un sit-in. Ne uscirà in lacrime dopo un’ora di «pressing psicologico», così racconta a *Liberazione* da parte di tre funzionari con cui aveva dovuto parlare. In particolare, i tre avrebbero insistito per sapere da lui chi avesse ucciso Aldrovandi, sarebbe volata una minaccia: «Se voglio ti rivolto come un pedalino». «Non mi volevano consegnare una copia timbrata della mia richiesta, ho dovuto chiamare un parlamentare e solo allora ho ottenuto quella carta. Mi sono sentito un nero nel Sudafrica dell’Apartheid, o dell’Alabama degli anni ’50», dice ancora Corradini.

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