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[Messico] L’Altra Campagna zapatista e la “guerra dei media” sui fatti di Atenco
by da narconews Wednesday, Jun. 07, 2006 at 9:53 AM mail:

Come la rete di comunicazione orizzontale zapatista ha smascherato la repressione e la mistificazione dello Stato del Messico e dei mass media

di Al Giordano
Prima Parte

4 giugno 2006

La sospensione da parte dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) della sua partecipazione in quello che era iniziato come un viaggio attraverso il Messico chiamato “L’Altra Campagna”, non ha fermato né ritardato il viaggio sulle montagne russe in cui molti, compresa questa squadra di reporter, sono coinvolti da gennaio. Le atrocità del 3 e 4 maggio a San Salvador Atenco e Texcoco (come quelle che sono avvenute sui furgoni durante il trasferimento nelle prigioni dello stato del Messico, ed una volta dentro), hanno provocato la nascita accelerata di un movimento ed anche l’aggravarsi dei meccanismi usati dalle forze che vogliono fermarlo.

Ma niente ferma né frena la mobilitazione: né l’omicidio, né lo stupro, né la brutalità, né la mistificazione dei mass media, né la censura, né il terrore. A partire dal 3 maggio, lo Stato del Messico di Vicente Fox ed i suoi sponsor stranieri hanno attaccato un concentramento di aderenti all’Altra Campagna con tutte le armi ed il potere a loro disposizione. Tre settimane più tardi, hanno ormai fallito: l’opposizione è ancora in piedi e attira l’appoggio di settori che la guardavano con freddezza (soprattutto quelli che avevano riposto fede nelle “elezioni” del 2 luglio, nonostante l’oscura storia di frode elettorale del paese che si prefigura ancora una volta nel 2006), e le forze “in basso e a sinistra” hanno vinto la battaglia descrivendo la storia in quella che è stata un’apocalittica “guerra dei media” (“netwar”, o “cyberwar”, dicono gli analisti del Pentagono attraverso la Rand Corporation, che studia gli avvenimenti “dall’alto e a destra”).

La guerra dei media di tre settimane fa si è svolta intorno a come avrebbero dovuto essere descritti i disordini di Atenco. Nei primi giorni, i media di massa hanno avuto la precedenza e la maggiore potenza di fuoco: hanno fatto gli straordinari per tentare di descrivere l’origine degli scontri in Atenco-Texcoco come l’attacco di gentaglia armata di machete – descritta come sporca, puzzolente, anti-sociale, mercenaria e fuori dal sentimento comune del cittadino medio di desiderio di pace e benessere – mentre i loro annunciatori incoraggiavano gli sforzi presuntamene nobili dal governo di ripristinare legge ed ordine.

I mass media – l’arma più potente della classe alta nella “lotta di classe” scatenata giornalmente dall’alto – hanno schierato tutte le armi a loro disposizione. Dai loro elicotteri hanno filmato uno scontro violento tra polizia e cittadini su un campo di battaglia noto come la strada Lecheria-Texcoco. Dalle loro sale di controllo – usufruendo di ineguagliabile tecnologia all’avanguardia e supporto satellitare – (selettivamente) hanno trasmesso il conflitto dal vivo. Da loro accesso privilegiato e d’élite all’etere pubblico, hanno bombardato il popolino con immagini violente da far torcere le budella. La nazione era incollata agli schermi TV.

L’immagine principale proposta e riproposta di continuo dai media dell’alto è stata quella di un agente di polizia catturato, preso a calci nelle palle, trascinato e preso ancora a calci da una dozzina, forse 20, individui che stavano combattendo contro la polizia per il controllo della strada. Dalle scrivanie dei capi dei media hanno scritto un copione ripetuto giorno e notte, incitando lo Stato ad andare là e, con ogni mezzo necessario, prenderli a calci nel sedere e vendicare l’aggressione a quel poliziotto e fermare quella che loro descrivevano come l’orda di straccioni armata di machete.

Ma le forze dell’alto hanno commesso lo stesso errore già compiuto molte altre volte: hanno mentito. Dissero che era stato il petardo di un manifestante ad uccidere il ragazzo di 14 anni. L’autopsia ha rivelato poi che il ragazzo è stato colpito da una pallottola della polizia. Dissero che la polizia non aveva armi da fuoco. Più tardi, sono cominciate a circolare fotografie che mostravano i poliziotti che puntavano le loro pistole. I mass media sono stati in grado di nascondere il resto della storia solo per un limitato lasso di tempo. In pochi giorni il loro autorevole copione è andato in pezzi. Come nel 1999, quando la rete televisiva nazionale, TV Azteca, distorse la morte per arma da fuoco di uno dei suoi “reporter” ma i fatti gli esplosero in faccia quando si seppe che il suo uomo era un narcotrafficante ucciso per i debiti contratti a causa del suo vizio con la cocaina.

La storia è lo stupro

Atenco – una sola parola – ora simboleggia, nell’opinione pubblica, il ritorno dello stato autoritario in Messico, la rottura della promessa della sua cosiddetta transizione alla “democrazia”, la selvaggia ricerca casa-per-casa e l’illegale e brutale arresto dei dissidenti per crimini non commessi. Ma soprattutto, dopo circa tre settimane di guerra dei media, Atenco simboleggia, nei cuori e nelle menti dell’opinione pubblica, lo stupro.

Atenco ora significa letteralmente stupro – da parte della polizia contro le donne ed almeno un uomo – e significa anche lo stupro metaforico del popolo di un paese, della sua dignità, della sua innocenza.

Ed oltre alla consapevole condanna da parte della – qui ritorna quel termine dimenticato – Società Civile verso lo stupro di donne da parte dello Stato, perfino i meno consapevoli sono inorriditi: questi si chiedono come lo Stato ed il suo esercito di media non abbiano potuto controllare la storia, non abbiano potuto occultare i veri fatti. Dopo tutto, per quelli che stanno in alto, non è questo il loro lavoro?

Una delle risposte della Società Civile al mega-stupro noto come Atenco è stato un concerto di beneficenza organizzato a Città del Messico da note star lunedì sera. Con ispirate rappresentazioni musicali di Julieta Venegas, Jesusa Rodríguez con Liliana Felipe, Astrid Haddad, Patti Peñaloza e Las Licuadoras, Las Ultrasonicas, ed altre, le attrici e ballerine – dirette dalle attrici televisive Ofelia Medina ed Ana Colchero, e dalla regista Begonia Lecumberri – hanno condiviso le parole delle prigioniere politiche arrestate ed abusate lo scorso 3 e 4 maggio.

Nelle prime ore dell’evento, le rappresentazioni necessariamente sono state terribili quanto la dura realtà subita dalle detenute (come riportato qui ed in altri portali nei giorni scorsi). Poi, verso la fine del concerto di quattro ore, al quale hanno assistito 2.000 persone compreso il Subcomandante Marcos, e che ha fruttato oltre 100.000 pesos da destinare ad un fondo per le difese degli arrestati, hanno letto dei brani pieni di speranza estratti dalle lettere che le prigioniere politiche hanno scritto alle loro madri, alle loro sorelle, ai loro fidanzati, alle loro famiglie ed amici. “Non arrendetevi”, esortano le donne da dietro le mura del carcere. “Nonostante quello che ci hanno fatto, stiamo bene. Continuate la lotta”.

E così la storia di stupro che è Atenco, diventa, anche, una storia di sopravvivenza, rabbia e sfida, della volontà indomabile di persone che lottano anche quando sono colpite con tutta la potenza di fuoco, con la repressione ed il sadismo che lo Stato offre. Lo Stato ha colpito molte donne e uomini. Ma non ha spezzato la volontà di nessuno di loro, specialmente non quella del movimento.

Bisogna rilevare che la manifestazione delle artiste è stata estremamente bene organizzata, da volontari, diretta da donne con la partecipazione degli uomini. Avevano a disposizione tutti i dati che riguardavano i fatti, le testimonianze, i filmati e le prove audio, che i mass media e lo Stato hanno cercato di occultare, che documentano gli stupri e l’orrore che hanno inserito nello spettacolo. Avevano a disposizione tante informazioni da diffondere – solo 19 giorni dopo i fatti violenti – quante a disposizione oggi di qualsiasi agenzia di intelligenza. Hanno realizzato quello che gli analisti del Pentagono chiamano “Top Sight” [visione dall’alto]. E non sono state sole nel realizzare la “Top Sight” dal basso.

Gli organizzatori del concerto avevano le stesse informazioni ora a disposizione degli avvocati della difesa dei prigionieri politici. Avevano le stesse informazioni che tutti i “media del basso” hanno raccolto e diffuso. Avevano le stesse informazioni a disposizione della Commissione Nazionale del Messico dei Diritti Umani (CNDH) e delle ONG dei diritti umani che si occupano del caso. Avevano le stesse informazioni che il comandante militare dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale ha ricevuto. Il flusso orizzontale delle informazioni soppresse – nonostante lo Stato violento il 4 maggio avesse sottratto molte macchine fotografiche e registratori ed arrestato ed espulso chi aveva tentato di documentare le atrocità – non è stato fermato nonostante i migliori sforzi di quelli in alto che credono di poterlo controllare.

Il crollo di un mito

I veri fatti riguardo ad Atenco sono spuntati da mille angoli e sono volati verso l’epicentro della resistenza che ha trattato e riportato queste informazioni e le ha diffuse in tutto il Messico e, in molte lingue, nel mondo. Proteste e manifestazioni per richiamare l’attenzione su questi fatti si sono svolte in ogni stato messicano e città e in dozzine di paesi, portando alla luce questi fatti nascosti, costringendo anche molti media commerciali a cominciare a riferire quello che prima era stato taciuto.

Ed in questo breve lasso di tempo, difficilmente qualcuno, fra le persone vere là fuori, non sta ancora parlando delle immagini selezionate con cui i mass media ci hanno bombardato. Quello di cui parlano le persone è di stupro e di un governo repressivo, autoritario che ha rotto la sua promessa di “transizione alla democrazia”. E la maggior parte dei mass media (…) sono stati obbligati ad incominciare a rispondere alle domande della vox populi: Non solo se la polizia ha stuprato le donne – tutti sanno che l’hanno fatto – ma, inoltre, quante, e se la giustizia ricadrà sugli autori materiali ed intellettuali dei crimini.

Nelle prime settimane di maggio 2006, il sistema ha perso un’altra guerra dei media. Le conseguenze di questa sconfitta animano e rafforzano L’Altra Campagna ed i movimenti aderenti. Il contraccolpo degli avvenimenti sta anche facendo tremare, in modo interessante, le basi della campagna elettorale alla presidenza del Messico, circa i veri motivi – per invocare il “voto della paura” – che lo Stato repressivo aveva per scatenare la Guerra Sporca del 21° Secolo in Atenco.

Gli analisti di Rand scrissero nel 1995 rispondendo all’insurrezione indigena zapatista in Messico:

“Immaginiamo che la guerra vada così: scarso numero di truppe leggere e molto mobili che sconfiggono ed impongono la resa a grandi masse di forze nemiche fortemente armate e trincerate, con scarsa perdita di vite umane da ambo le parti. Forze mobili possono fare questo perché ben preparate, cercano spazio di manovra, concentrano la loro capacità di fuoco in modo rapido ed in luoghi inaspettati. Hanno un comando superiore, sistemi di controllo ed informazione decentrati che permettono iniziative tattiche, e sono provvisti di comandi centrali di incomparabile intelligenza e “top sight” per obiettivi strategici”.

Nel suo manuale del 1961, “Guerra di guerriglia”, Ernesto Che Guevara scriveva: “Qualcuno dovrebbe farsi carico della comunicazione… a tempo. Molte vite dipendono da un’opportuna comunicazione”. (Capitolo III, sezione dal titolo “Industria di Guerra”). Ma, mentre il Che scommetteva sulla totale centralizzazione del sistema di comunicazione, L’Altra Campagna Zapatista ha preso misure fin dall’inizio per assicurare il flusso orizzontale dell’informazione chiave.

Benché il ruolo di portavoce e comando militare che il subcomandante Marcos – o Delegato Zero- ha nell’EZLN praticamente assicuri che l’informazione fluisca verso di lui alla massima velocità da molte direzioni (agisce, tra le altre cose, come una “calamita” informativa), ha dimostrato negli ultimi dodici anni, dall’insurrezione in Chiapas del 1994, un’enorme abilità di elaborazione, analisi e quindi diffusione delle informazioni che riceve attraverso comunicati, discorsi estemporanei e, quando è il caso, attraverso i media commerciali.

La nascita dell’Altra Campagna

Quando L’Altra Campagna iniziò a prendere forma l’estate scorsa (con la pubblicazione della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona) e gli zapatisti diedero priorità alla costruzione di una rete più larga di forze civili in resistenza in tutto il Messico per costruire una ribellione nazionale, era ovvio che i media commerciali – anche se spesso hanno ritenuto il loro portavoce Marcos un soggetto per alzare gli ascolti – sarebbero stati un settore ostile. Nonostante che in passato gli zapatisti fossero riusciti ad utilizzare i mass media a loro beneficio, bisognava costruire un altro percorso per i meccanismi di comunicazioni dell’Altra Campagna.

I mass media sarebbero stati ostili – e lo sono stati – anche perché l’Altra Campagna è una bomba ad orologeria per loro. Una rivolta nazionale per restituire i mezzi di produzione ai lavoratori e ridare il governo alle persone – pilastri della Sesta Dichiarazione – per definizione richiede di riprendersi i mezzi di comunicazione. E’ quindi una minaccia per i padroni dei media che non presentava un movimento regionale per i diritti degli indigeni tra una popolazione che non ha né televisori né soldi da spendere. La rapida crescita da un movimento zapatista regionale (in Chiapas, con la solidarietà da ogni parte) ad un movimento nazionale e l’espansione del movimento per i diritti degli indigeni ad un movimento nel quale anche settori non-indigeni lottano per obiettivi condivisi, pone i mass media – antidemocratici e capitalisti per natura – dall’altra parte della barricata.

I mass media vanno orgogliosi della loro abilità di giostrare con “la politica dell’identità” – sono esperti nel contenere tali espressioni all’interno dei loro settori di minoranza e nel cooptarli in nicchie commerciali di mercato alternativo. Ma improvvisamente, quando raggiunge i media commerciali, entra in gioco una dinamica molto diversa: l’Altra Campagna, alla fine, arriva a rimettere nelle mani pubbliche i suoi strumenti – la tecnologia di punta, l’accesso privilegiato allo spazio pubblico ed ai sistemi di distribuzione, perfino i suoi elicotteri -.

Fra i primi compiti dell’Altra Campagna c’era quello di aprire nuovi canali di comunicazione tra l’EZLN e gli altri e creare nuovi flussi di informazione e comunicazione tra tutti i settori diversi degli aderenti. Non sarebbe stato un compito facile: la sinistra messicana, come ovunque, ha sofferto di divisioni storiche, piccole rivalità, protagonismi, conflitti personali e disaccordi di principio su questioni filosofiche, sulla strategia e tattica. Quindi, come farla stare insieme?

In quello che è stato, in retrospettiva, un colpo da maestro, gli zapatisti hanno cominciato dai settori più storicamente difficili e divisi: le “organizzazioni politiche della sinistra” ed i “partiti politici non registrati”, invitando tutte le correnti rivali ed emarginate (Trotzkisti, maoisti, marxista-leninisti, Socialisti Democratici ed anche Stalinisti) allo stesso tavolo. Raramente negli anni qualcuno aveva invitato alcuni di questi gruppi e gruppuscoli ad un qualsiasi tavolo. Poi, una volta stabilito cosa mettere da parte delle loro differenze e marciare insieme (e quali erano, veramente, al di fuori della campagna elettorale di quest’anno in Messico), li ha portati nel più grande minestrone di organizzazioni indigene, anarchici, ONG, media alternativi e collettivi artistici, unioni democratiche e organizzazioni di lavoratori, femministe, gay, lesbiche ed “altri amori”, ex-braceros, gioventù, e singoli individui solidali ma non definiti in nessuna di queste o altre “tendenze”.

Un fattore notevole che ha definito L’Altra Campagna è stato il suo rifiuto assoluto dei partiti politici istituzionali (quelli che, per legge, possono presentare candidati) e la sua resistenza ad alcuni tentativi, in particolare del PRD di centro-sinistra di cooptare o approfittare dell’Altra a scopo elettorale. Una forte ostilità all’Altra Campagna è venuta anche dai sostenitori della candidatura di Andrés Manuel López Obrador, del PRD, molti dei quali in passato erano stati solidali con gli zapatisti ma che ritengono che questa nuova iniziativa stia giocando a favore della destra, dividendo la sinistra, e promuovendo l’astensione elettorale. Questo settore comprende molti della direzione del quotidiano messicano La Jornada, un giornale filo-PRD che pubblica i comunicati ufficiali di Marcos fin dall’inizio della ribellione del 1994.

Infatti, gli zapatisti hanno avuto un ruolo nello sconfiggere il disegno del Presidente Vicente Fox di eliminare López Obrador dalla disputa presidenziale, opponendo il losco esautoramento nella primavera del 2005. E con il loro rispettoso invito alle solitarie organizzazioni di sinistra (molte di loro detestate dal PRD) Marcos e gli zapatisti sono giunti ad altre due conclusioni che, man mano che si avvicinano le elezioni del 2 luglio in Messico, potrebbero segnare la differenza nel caso López Obrador risultasse ufficialmente vincente: in primo luogo, hanno mostrato zero entusiasmo per la proposta di appoggiare una “candidatura alternativa” alla presidenza. Perfino se fosse Marcos il candidato, come ha detto egli stesso. Un esperto di politica di sinistra, Edgar Sánchez, arrivato nella Selva Lacandona per proporre una candidatura alternativa, ha ritirato la sua proposta dopo varie settimane di discussioni. Ed anche gli zapatisti hanno respinto molte proposte per promuovere l’astensione, una posizione che Marcos ha mantenuto durante L’Altra Campagna, spiegando chiaramente che L’Altra Campagna non dice alla gente come votare o se votare. “Questa è una decisione personale”, dice. Gli zapatisti non guardano al sistema elettorale. Al contrario, si rivolgono in basso, alla gente che, dice Marcos, abbatterà qualunque governo che protegga un sistema economico illegittimo.

Il fatto di mettere da parte i partiti politici, ha lasciato a Marcos ed agli zapatisti il campo aperto per dialogare con i settori più delusi e scettici della sinistra messicana; con le persone che non si lasciano controllare, alle quali non gli piace procedere in formazione, sottomettere i loro desideri al sistema o firmare per obbligo; con la gente che non si fida del gioco elettorale che è diretto e dominato sia dal denaro che dai media. Non ci sono settori più difficili da organizzare e da far funzionare insieme quanto questi. Nel caso delle organizzazioni di sinistra – con i loro obiettivi ed ideologie e, in alcuni casi, dogmi puritani – alcune di loro (per i trozkisti è una parte della loro ragion d’essere, ed anche i marxisti-leninisti, i maoisti ed anche gli stalinisti lo fanno) hanno speso molto tempo, e molte risorse, per inserire i loro organizzatori dentro i sindacati ed altri movimenti sociali.

Storicamente, molte delle difficoltà per far partire la sinistra messicana, si sono presentate quando diverse tendenze si scontrano dentro altre organizzazioni o coalizioni. Si sa che un conflitto interno tra due persone (supponiamo, tra un trozkista ed un marxista-leninista, o altri, per farci un’idea) manda all’aria interi progetti politici. Ma quello che Marcos ha ottenuto è stato portarli su una strada in comune. Ed ancora più impressionante, li ha portati a farlo su una piattaforma che è essenzialmente anarco-indigenista, che è sempre stata la tendenza dominante dell’EZLN. Li ha convinti ad abbracciare un’utile eresia che, ironicamente, ha a che vedere con il loro stesso interesse, se è sul serio quello di cercare di sconfiggere il capitalismo. Per questo le organizzazioni politiche di sinistra si sono unite all’Altra Campagna, mantenendo il loro carattere, ed hanno mandato delegazioni nella carovana che accompagna Marcos nel tour iniziato a gennaio. Alcuni simpatizzanti si sono lamentati per le bandiere con la falce e martello, e specialmente per il poster di Giuseppe Stalin che segue L’Altra Campagna zapatista, vicino agli striscioni anarchici che, naturalmente, sono nemici giurati dello stalinismo. Il portavoce zapatista li tratta tutti con rispetto, apertamente, davanti al mondo, ed ha resistito alle richieste di alcuni settori di censurare espressioni di altri.

Un momento commovente dell’Altra Campagna si è verificato ad aprile durante la visita ad una scuola in Guerrero, dove un gruppo marxista-leninista incaricato di organizzare l’evento, ha tentato di proibire l’entrata di altre bandiere e striscioni. Una giovane fotografa anarco-punk del periodico Machetearte – di nome Hash – si è ritrovata a protestare a fianco degli stalinisti, in difesa della loro libertà di espressione. Lei ha conosciuto gli eredi del capo sovietico che una volta ha ucciso e esiliato i suoi predecessori anarchici (Viva Néstor Makhno!) come esseri umani e non come orchi che vorrebbero farle del male. Cosicché lei era là, a protestare per la loro libertà di espressione. Anche Marcos, per quanto si è visto, si è messo dalla parte della libertà di espressione. L’incontro – in cui era l’ospite principale – è stato ritardato fino a che non si è permesso l’ingresso delle bandiere.

Ad ogni modo, gentile lettore, questo è il punto: fare che tante diverse tendenze si uniscano in armonia è una prodezza che non è stato realizzata in nessun altro posto al mondo nella storia recente. Ma è successo qui, in Messico, e questa nuova forma di unione attraverso la diversità ha svolto un ruolo importante nelle passate tre settimane per quanto riguarda la storia di Atenco.

Tornando agli inizi, in agosto: per rendere possibile L’Altra Campagna, gli zapatisti doveva motivare tutti i settori (molti dei quali si erano rifiutati prima di parlare di sé, nascosti nelle loro nicchie locali o demografiche) ed incanalarli a fare qualcosa di più difficile che parlare: ascoltarsi gli alcuni con gli altri. Come parte della Sesta Dichiarazione, gli zapatisti hanno invitato i messicani che hanno offerto il loro appoggio – durante i passati mesi di agosto e settembre nella Selva Lacandona – ad una serie di sei riunioni per incominciare a decidere quello che sarebbe stata L’Altra Campagna. Le sessioni di fine settimana più che “riunioni di progetto” sono state maratone di ascolto. Marcos, con una squadra di zapatisti incappucciati, presentati come membri della Commissione Sesta, hanno ascoltato per più di 100 ore chi voleva e quanto voleva esprimere la sua adesione alla Sesta Dichiarazione. All’inizio gli incontri sono stati divisi per settore: primo le già citate organizzazioni politiche; poi le organizzazioni indigene, seguite dalle organizzazioni sociali; poi le ONG, organizzazioni artistiche e culturali; più avanti i singoli individui e famiglie non affiliate ad alcuna organizzazione e, alla fine, si è svolto un incontro di persone di qualsiasi settore, che non avevano potuto partecipare alle sessioni precedenti. Il 15 e 16 settembre, i giorni dell’indipendenza nazionale, sono stati convocati tutti i settori per una “sessione plenaria”.

Far ascoltare quelli che parlano

Dato che tutto il mondo voleva dare la sua parola a Marcos ed agli zapatisti, il primo successo dell’Altra Campagna è stato quello di creare situazioni nelle quali tutta la gente ascoltasse il resto mentre aspettava il suo turno per parlare. E per assicurarsi che i compagni rimanesse ad ascoltare dopo, Marcos faceva un discorso alla fine di ogni incontro, dipingendo quello che L’Altra Campagna – prima che così si chiamasse – avrebbe dovuto essere. Là, nelle comunità indigene tzeltales – senza televisione, alcool o stanze d’hotel – i partecipanti ad uno o più di questi incontri, hanno conosciuto, ascoltato, mangiato e vissuto insieme ad ogni tipo di persone con lotte apparentemente diverse, trovato anime affini, scambiato numeri di telefono e indirizzi di posta elettronica. Nello stesso tempo hanno sviluppato piani e modi di collaborare nel proprio settore e con altri.

Uno dei piccoli dettagli che poi fanno la grande differenza è che, all’ingresso di ogni comunità dove si sono svolti gli incontri di agosto e settembre, ai partecipanti è stato chiesto l’indirizzo di posta elettronica che è stato riportato sul foglio di partecipazione. E per chi non potevano partecipare agli incontri, la richiesta di adesione alla Sesta Dichiarazione poteva essere inviata per email alla rivista Rebeldía, collettivo filo-zapatista — con sede a Città del Messico — i cui membri hanno organizzato l’arrivo agli incontri nella selva. A partire da questo, sé è costruita una lista di indirizzi enorme, aggiornata e nazionale che ha dimostrato la sua forza reale in occasione delle atrocità di Atenco.

Nei suoi appunti della sessione plenaria del 16 settembre, quando annunciò che il primo gennaio sarebbe partito il viaggio di sei mesi in tutto il Messico, Marcos fece una dichiarazione che ha ripetuto da allora molte volte, ma che si può vedere sotto una nuova luce dopo gli avvenimenti di Atenco:

“Dobbiamo prepararci per la mobilitazione. Ma dobbiamo prepararci anche, compagni e compagne, per la repressione… Dobbiamo imparare a nominare i nostri prigionieri e nominare le repressioni. In una delle riunioni, si è parlato del caso della repressione a Guadalajara contro i giovani altromondisti (antiglobalizzazione); chi parlava non sapeva chiamare per nome gli arrestati. È da brivido. Noi, come “altra campagna”, non possiamo fare questo; dobbiamo essere leali tra compagni e non lasciare solo nessuno né dimenticarci di nessuno”.

E questo è quello che è successo esattamente questo mese, quando aderenti, donne e uomini, dell’Altra Campagna sono stati fermati, picchiati, stuprati ed arrestati durante gli scontri ad Atenco e Texcoco.

I frequenti riferimenti a “uno per tutti, tutti per uno” tante volte ripetuto da Marcos durante il viaggio per il sudest, sud e centro del Messico questo anno, sono stati parte di uno sforzo per rimuovere gli storici vizi della burocrazia e dell’esclusione dei progetti di solidarietà nazionale con gli zapatisti. Lo scorso anno, prima del viaggio, l’EZLN ha sciolto il Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale (FZLN) che in alcune delle sue sedi locali aveva avuto successo relativamente alla sua costruzione come movimento, mentre in altre era caduto in una specie di pratica privatistica, in antichi vizi nel tentativo di controllare o escludere l’accesso ai progetti di solidarietà con gli zapatisti. Forse il vizio più letale per l’attivismo è lo stile di pensiero capitalista, secondo il quale, il ruolo di ognuno in un movimento è simile a quello di un’impresa McDonald’s. Chi cade in questa debolezza normalmente avverte il panico di fronte a simili attività che considerano come un Burger King aperto nella stessa strada. Generalmente questo finisce con uno che addita l’altro ed accusandosi a vicenda di vendere cibo scadente.

Vizi simili erano stati praticati notoriamente da alcune organizzazioni non-governative di diritti umani e di media alternativi nell’orbita dei primi dodici anni di zapatismo. Nel tentativo di proteggere il territorio che alcuni attivisti od organizzazioni ritenevano essere di loro proprietà, era frequente che le basi di appoggio dovessero sopportare trattamenti indegni ed ostacoli da parte di aspiranti a guardiani del movimento. E nella sinistra, dove le dispute personali e spesso le guerre di cortile sono scadute nella diffamazione di altri individui, o dove le organizzazioni si sono prestate a campagne in mani della più perversa tattica di contrainsurgencia (perché parlare male o dire menzogne in pubblico sui compagni è, per definizione, un atto di contrainsurgencia), gli zapatisti avevano come sfida chiave di spazzare via la burocrazia ed aprire per tutte le persone spazi – grandi o piccoli – dove trovassero e mantenessero un posto dentro L’Altra Campagna.

Eliminare la burocrazia

Questa sfida-fusione di zapatismo ed una forte dose di inclusione – richiedeva il rispetto mutuo per l’autonomia e le diverse tendenze di tutti i gruppi ed individui coinvolti, così come la creazione di sistemi di comunicazione orizzontali e nazionali. Gli aderenti di base hanno assunto l’impegno di non dovere guardare più verso l’alto, a qualche autonominato guardiano dello zapatismo (che, nel passato, avrebbe affermato, frequentemente, di agire secondo le istruzioni dal quartier generale, che spesso non era vero), ma, al contrario, guardarsi gli uni con gli altri, fianco a fianco.

In tre aree di organizzazione chiave, Marcos ha chiarito la questione, quando il 16 settembre ha detto:

Proponiamo che non ci siano commissioni speciali. L’unica cosa che succede è che si duplicano funzioni e si creano burocrazie.

Riguardo ai diritti umani, per quanto sappiamo, abbiamo nell’Altra Campagna, aderenti alla Sesta, le migliori organizzazioni non governative esperte in diritti umani in Messico. Non vedo perché dovremmo creare un’altra commissione speciale.

Per la propaganda, abbiamo gruppi e collettivi dei quali ho visto varie pubblicazioni e cose che fanno e sono realmente molto buone, di elevata qualità e tutto il resto. Allora, io propongo che anche tutto questo sia a carico di ognuno a modo suo, nella sua realtà.

Per quanto si riferisce al genere, che se ne occupino le compagne che lavorano in questo ambito da molto tempo. Lo stesso per le differenze, se ne occupino chi già ne è coinvolto. Cioè, che si organizzino i popoli indios, gli omosessuali, lesbiche, eccetera.

Fin dal principio dell’Altra Campagna è stato assunto un rinnovato valore da ogni aderente – organizzazione o individuo – per portare a termine iniziative autonome e non aspettare il permesso di un gruppo centralizzato prima di decidere di agire. A maggio 2006, dopo la disgrazia di Atenco, si possono vedere i risultati in ognuno dei settori menzionati da Marcos lo scorso settembre: varie organizzazioni di diritti umani si sono messe al lavoro immediatamente – per documentare le atrocità di Atenco e localizzare oltre 200 prigionieri politici – senza evidenti conflitti tra loro; le reti di media alternativi – che hanno convissuto nella carovana dell’Altra Campagna per paesi e città – si sono mostrate più tranquille dopo una storia segnata dal fatto che un settore predicava sempre ad un altro come doveva fare il suo lavoro. Le notizie sono state raccolte e diffuse in modi e stili diversi. Nel frattempo, come si è visto con la rapida organizzazione del concerto benefico di lunedì sera – che ha richiamato l’attenzione e la solidarietà per le prigioniere politiche ed i crimini commessi contro di loro – un gruppo di donne artiste è stato in grado di mettere in moto un evento politicamente e finanziariamente importante.

La comunicazione tra settori è istantanea: l’evento delle donne ha utilizzato le informazioni raccolte dagli Altri Media e gruppi di diritti umani per il suo copione e lettura informativa; i gruppi di diritti umani hanno ricevuto registrazioni audio e materiale video dalle reti degli Altri Media. I costi per la difesa dei diritti umani si copriranno con i fondi raccolti dalle donne; gli Altri Media raccolgono le dichiarazioni, nuove informazioni e la poesia che, nel suo più ampio significato (“parole che provocano azione”, come le ha definite Raoul Vaneigem) entrambi i settori producono. In molti casi, ci sono membri di un settore che partecipano anche in un altro. Dopo molti mesi di Altra Campagna, persone di diversi settori si conosce tra loro, sono familiari, si scambiano al cellulare informazioni e messaggi. Le parole fraterne (compagno, compagna) hanno ripreso significato. L’importante informazione filtra, come la luce, in molte direzioni contemporaneamente. In molti casi, sono nati legami di solidarietà ed amicizia, che normalmente significa: sufficiente fiducia per collaborare. Tutto questo – non solo condividere indirizzi postali – favorisce una specie di “top sight” per gli informatori di diverse tendenze ed organizzazioni.

E poi c’è Marcos. Quando iniziò il viaggio dell’Altra Campagna rese noto un indirizzo di posta elettronica: delegadozero@ezln.org.mx. A volte risponde perfino o esprime dubbi. Ha un weblog con. audio e foto degli eventi dell’Altra Campagna e link ai portali degli Altri Media, a filmati — che aderenti ed altre persone hanno caricato in YouTube—, a foto che, chiunque, può pubblicare in Flickr, al motore Technorati paer la ricerca di weblog in spagnolo dove si parla dell’Altra Campagna (e di altri weblog realizzati da gruppi locali dell’Altra Campagna in Messico ed in altri luoghi del mondo) C’è una sezione aperta ai commenti alla quale tutti possono partecipare ed in cui si possono discutere le nuove informazioni che arrivano. Così, il sistema di comunicazione dell’’Altra Campagna è diventato un mostro bicefalo agli occhi di quanti vogliono zittirlo o censurarlo: un incubo per quelli che vogliono controllare il flusso dell’informazione.

Dunque, quando gli aderenti dell’Altra Campagna sono stati attaccati ed imprigionati a Texcoco ed Atenco, le reti sono entrate in azione. In poco più di due settimane hanno modificato il punto di vista che i mass media e lo Stato avevano dato dei fatti ed hanno mostrato all’opinione pubblica l’autentica essenza della storia: le atrocità commesse da un regime repressivo, così come il volto umano delle persone vittime dello Stato e stuprate dallo Stato stesso.

Nelle reti orizzontali esistono ogni tipo di organizzazioni ed individui. Alcune, come l’EZLN stesso, sono gerarchiche. Altre si limitano ad organizzarsi per settori (lavoratori, contadini, donne, giovani, ecc.). Altre somigliano più ad unità mobili che preoccupano la Rand Corporationperché hanno un vantaggio sul potere dello Stato: molto intrecciate e solidali tra loro – macchine da guerra fuori dallo Stato, come le hanno definite Deleuze e Guattari – si muovono con innumerevoli piedi, occhi, orecchie e lingue come un’unità, con velocità e precisione. Molte di loro hanno conseguito una “Top Sight”.

La mattina del 4 maggio, in Atenco, lo Stato messicano si proponeva di smembrare le reti dell’Altra Campagna. Ha attaccato la più alta concentrazione di membri di queste reti – persone di ogni settore erano andate fino ad Atenco in solidarietà con gli abitanti della città – con la massima violenza e censura che ha potuto. Ed ha fallito.

C’è ancora chi dice – soprattutto se appoggiano la campagna presidenziale di López Obrador – che i fatti di Atenco, e L’Altra Campagna zapatista in generale, sono caduti nelle mani dalla logica elettorale. Che le violenze di Atenco hanno ridestato il voto della paura e che questo va a beneficio di Felipe Calderón, candidato del Partito di Azione Nazionale (PAN). Citano la presunta leadership di Calderón nei sondaggi dopo tre anni in cui López Obrador è stato in testa con oltre 18 punti di vantaggio. Il fatto obiettivo è che, se qualcuno crede ai sondaggi (meglio non prenderli alla lettera) la caduta di López Obrador è iniziata prima delle violenze in Atenco.

Nella seconda parte di questo servizio esamineremo il punto di vista di quelli che stanno alto sulle elezioni presidenziali in Messico del 2 luglio, i sondaggi elettorali ed un altro tipo di sondaggio che si fanno in basso e che rivelano perché L’Altra Campagna ha già vinto.

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