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La Comprensione, l'Utopia e la Morte nelle opere di Donato Piccolo - di F. Steyrn
by Francesco Steyrn Thursday, Aug. 17, 2006 at 2:27 PM mail: francesco.steyrn@tiscali.it

Considerazioni filosofiche estetiche sulle opere del giovane artista Donato Piccolo

La Comprensione, l'U...
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"La Comprensione, l'Utopia e la Morte"
considerazioni sull'opera di Donato Piccolo
a cura di Francesco Steyrn

Per comprendere un’ opera bisognerebbe collocarla in un contesto cerebrale particolare dove l’arte, in quanto attualizzazione dell’imprevedibile, dovrebbe confrontarsi sia con la dimensione della leggerezza culturale e materiale della “realtà” sia con quella, per così dire eterna, della morte, del dolore, del destino. Se l’arte dovesse insegnare a “superare la vita nella forma”, la morte dovrebbe perdere quel carattere angoscioso che risiede nella consapevolezza della permanenza nella vita, a condizione che l’io riesca a dare movimento ad un processo di energie ascensionali, possibile soltanto attraverso l’uscita dal principio dell’individuazione. Questo principio potrebbe essere considerato utopico se non si riuscisse ad amalgamare il mondo fenomenico con quello cerebrale. Lo stato di completa integrazione con il proprio corpo e con il proprio essere può essere realizzato soltanto quando la mente non si sforza di seguire un determinato schema di vita o leggi di interpretazione. Per Donato Piccolo (classe ‘76) l’arte si sfaccetta in tanti microcosmi di osservazione capaci di testimoniare la presenza, non solo di un entità energetica, ma di un corpo materiale, vivo. L’artista ci invita ad osservazioni sulla natura esistenziale nel suo processo divenire. Essa (la natura) è descritta nelle opere come ciò che la mente elabora sulla propria esistenza attraverso tematiche che analizzano i rapporti organici e inorganici dell’uomo.
Per DP la vita (la creazione)non è separata dalla morte (evoluzione) perché nella vita c'è la morte;non c'è separazione tra la morte e la vita. Possiamo conoscere la morte, ogni qualvolta la mente muore per dar vita ad un istante e in quella cessazione, non nella continuità, che si cela la trinità concettuale-organica Comprensione, Utopia e Morte. Tuttavia, per molti di noi la morte è una cosa che la mente non ha mai davvero sperimentato.
DP è alla ricerca continua di quel confine sottile tra la sensibilità della materia e l’annullamento del corpo. Il pensiero e la morte sono concetti accomunati da quel senso di presenza e distacco con la vita, visioni di mutamento in un azione non completamente consapevole.

Tutta l’intera opera dell’artista è composta di elementi che tentano di ricostruire quel qualcosa che, nel senso più ampio dell’ interpretazione, potremmo chiamare “un sistema di filosofia della natura proiettato nell’arte”. Questo “sistema” ha come oggetto l'idea di una natura generale , ossia una realtà fenomenologica che ottimizza il concetto di natura organica attraverso l’arte, verificando il principio della sua finalità interna e l'organismo relazionato soggetto e oggetto insieme.
Il principio trascendentale della vita organica (la duplicità originaria), attraverso il gioco alternato di indifferenza e differenza determinata, soggettività produttiva e oggettività prodotta, fa dell'organismo il 'luogo' ove si manifestano i principi di una teoria generale dell’arte e natura. In esso avviene la potenza della creatività originaria, la vita.

“L’uomo è un oviparo e credo che dovrebbe fare uova per far capire realmente di cosa è capace “: è un’osservazione di DP in una sua opera dove viene riflessa da un lato, la priorità data all'unità organica della natura e, dall'altro, l'identità quasi superumanistica dell’individuo nei confronti della vita.
Qui il meccanismo naturale dell’arte è ricondotto alle leggi dello spirito produttivo le quali sono conciliabili con le leggi oggettive della realtà fenomenica.. In questo senso, la duplicità dell'organismo è espressione della duplicità originaria della natura in generale nel suo essere insieme produttiva e prodotta.

La volontà e la potenza, tanto predicate dal filosofo F. Nietzsche, diventano nelle opere di DP motori di un agire libero ma consapevole nella sua autodistruzione. La Comprensione è la parte dimostrativa del pensiero. L’essere per arrivare ad una comprensione delle cose dovrebbe “organicizzare” il proprio essere con quello della natura. Ma fin qui si parla di pura “organica” Utopia dove rimane irrisolto il mistero del conflitto permanente tra essere e pensiero, vita e non vita.
Probabilmente le soluzioni di questi quesiti risiedono nella comprensione delle cose, in quella dimensione in cui ci si appella alla patafisica per rendere comprensibile ciò che non potrebbe esserlo. E tuttavia, se la comprensione dell'essere non avesse luogo, l'uomo non sarebbe mai in grado di essere ciò che è, anche qualora fosse dotato delle più straordinarie facoltà.

Nelle opere di DP viene sottolineata in maniera maniacale la figura dell’uomo come qualcosa che si trova sempre in mezzo a qualcos’altro, e vi si trova in modo tale, per cui ciò che egli non è e ciò che egli stesso è sono sempre già manifesti. La sua esistenza in effetti è nel mezzo tra il fondamento della comprensione delle cose e la natura delle cose identificate come parte organica della percezione dove per essere presenti a se stessi bisognerebbe attuare, come scrive il poeta Gottfried Benn, una Blutverteilung , ovvero una vera e propria scissione del sangue, un “ripensamento “ alla morte, un voler esser presenti ancora per un po’ trattenendo quell’impulso di Morte nel tentativo di trasmutarla in poesia.

Francesco Steyrn

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