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Boltzmann, la sconfitta di un vincente
by Alchi/Mista Friday, Oct. 06, 2006 at 8:37 AM mail:

Lo trovarono impiccato alla possente trave della finestra dell´albergo di Duino, alle porte di Trieste, dove aveva preso alloggio con la famiglia. Era la sera del 5 settembre 1906, cento anni fa, quando Ludwig Eduard Boltzmann decise di togliersi la vita.

Boltzmann, la sconfi...
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Era il più grande fisico austriaco del XIX secolo, l´uomo che aveva riscritto i fondamenti della termodinamica, riaffermata in chiave moderna la concezione atomistica di Leucippo e di Democrito e portato la visione probabilistica del mondo naturale fin nel regno del determinismo più cristallino, la meccanica, fondando di fatto la moderna fisica statistica.

È sempre difficile spiegare perché un uomo sceglie il suicidio per uscire di scena. Boltzmann aveva mille e nessuna ragione. Fatto è che, con «indicibile orrore», lo trovò penzolante la figlia Elsa, 15 anni appena, che per il resto della vita si rifiuterà di parlare della terribile scoperta.

Ludwig Eduard Boltzmann era nato a Vienna, 62 anni prima: il 20 febbraio 1842. Aveva frequentato il ginnasio a Linz e si era poi iscritto alla prestigiosa università della capitale dell´impero asburgico. Tre anni per addottorarsi, due anni da assistente ed ecco che nel 1867, a soli 25 anni, il giovane ottiene la cattedra di fisica matematica all´università di Graz. E la possibilità di entrare da protagonista assoluto in una delle controversie più pregnanti della storia del pensiero occidentale: quella sulla «freccia del tempo» e sul divenire del mondo.

Una questione metafisica, certo, che da un paio di millenni vede su fronti contrapposti i seguaci di Epicuro e quelli di Parmenide. Ma che nell´Ottocento è diventata una questione fisica, da risolvere con le «certe dimostrazioni» e le «sensate esperienze» del metodo scientifico.

A porre il problema sul tappeto è la termodinamica, la nuova scienza fisica che dall´inizio del XIX secolo sta accompagnando la rivoluzione delle macchine, presupposto della rivoluzione industriale.

Proprio nell´anno in cui Boltzmann era nato, il 1842, un medico tedesco, Iulius Robert von Mayer, ipotizzò che in ogni processo fisico l´energia si trasforma, ma non viene né perduta né guadagnata.

L´ipotesi di von Mayer verrà poi formalizzata e diventerà il primo principio della termodinamica: nell´universo e in ogni sistema isolato l´energia è una costante. A saperlo leggere, in quel principio c´è scritto che è possibile trasformare il calore in lavoro. Ed è grazie a questo principio che in quegli anni si sviluppano le macchine a vapore e lo schiavismo, ormai inutile, inizia a diventare un tabù.

Tuttavia il principio ha dei limiti, come nota Nicholas Léonard Sadi Carnot studiando l´efficienza delle macchine termiche: il moto perpetuo non è realizzabile. C´è sempre qualcosa che va perduto. Il limite nella trasformazione delle varie forme di energia viene formalizzato più tardi da Rudolf Clausius e diventa il secondo principio della termodinamica: nell´universo e in ogni sistema isolato l´entropia tende ad aumentare. Dove la nuova parola, entropia, sta a indicare il progressivo degrado dell´energia (in calore) e il conseguente aumento del disordine.
Il principio introduce una direzione necessaria – una freccia del tempo – nella storia cosmica: l´universo tende verso uno stato di massimo disordine.

Un bel guaio. Non solo e non tanto perché ci toglie ogni residua illusione: non ci sono «pasti gratis» nell´universo. Non potremo mai costruire macchine perfette. Ma anche e soprattutto perché crea un´aporia nella fisica. Da un lato c´è la meccanica, la dimensione più formalizzata e di maggiore successo della fisica, che nega la freccia del tempo e teorizza la perfetta reversibilità dei fenomeni. Dall´altro c´è la termodinamica, che evidenzia la freccia del tempo e impone, in ogni sistema isolato che non scambia né materia né energie con l´esterno, l´assoluta irreversibilità di molti fenomeni.

È a questo punto che entra in gioco Boltzmann, con una serie di lavori piuttosto solidi che riprendono un percorso intrapreso da James Maxwell e si concludono nel 1872 con l´elaborazione del cosiddetto «teorema H» e negli anni successivi con la proposta del «teorema ergodico». Il cui succo, in definitiva, è questo. L´aporia tra termodinamica e meccanica è solo apparente. Un sistema termodinamico non è altro che un sistema meccanico con moltissime componenti microscopiche, tanti atomi che si muovono seguendo le medesime leggi meccaniche che fanno muovere i grandi pianeti nel cosmo. Tutti i fenomeni termodinamici sono, quindi, perfettamente reversibili rispetto al tempo. Se avessimo la possibilità di seguire la traiettoria di ciascun atomo di un gas come seguiamo quella del pianeta Marte potremmo trattare i problemi termodinamici come problemi meccanici. Non avendo questa possibilità pratica, non potendo seguire il percorso deterministico di ogni atomo, dobbiamo affrontare i problemi termodinamici in termini statistici e misurare la probabilità che ha un sistema di ritrovarsi in uno degli infiniti stati possibili.

L´equilibrio termodinamico coincide con lo stato di massima probabilità. Ma nella realtà fisica non è affatto escluso che il sistema possa momentaneamente evolvere in uno stato a minore probabilità. Ciò spiega perché l´aumento dell´entropia è una tendenza, non una necessità inderogabile.

Boltzmann – che tra il 1872 e il 1876 accetta una cattedra a Vienna, prima di ritornare a Graz – ha compiuto un autentico capolavoro: ha ricondotto i fenomeni termodinamici all´interno della più solida meccanica. Ma ha dovuto pagare dei prezzi che per alcuni risultano inaccettabili.

E, presto, molti, soprattutto molti fisici influenti nell´Europa di lingua tedesca, presenteranno un conto. Che da un punto di vista scientifico si rivelerà sempre infondato. Ma da un punto di vista umano sarà sempre piuttosto salato. Boltzmann è attaccato dagli «energetisti» Georg Helm e Wilhelm Ostwald, fautori dell´idea che è l´energia la sostanza fondamentale nel mondo fisico. Per i due positivisti gli atomi non sono né reali né utili. La polemica con gli «energetisti» lo vede vincitore, ma nel suo animo Boltzmann ne sente il peso.

Anche perché la sua visione atomistica del mondo lo porta a scontrarsi con l´intellettuale più influente dell´impero austro-ungarico: Ernst Mach. «Gli atomi non esistono!» tuona il fisico e filosofo negli androni dell´università di Vienna, ancora nel 1897. Mach è un positivista che teorizza l´eliminazione dalla scienza di tutti i fenomeni che non possono essere osservati direttamente. E gli atomi di Boltzmann, sostiene, non sono osservabili. Le critiche di Mach hanno più un carattere metafisico, che fisico. A esse Boltzmann risponde in maniera sempre puntuale. Ma, ancora una volta, la polemica lo ferisce.

Da un punto di vista scientifico, le osservazioni più stringenti alla meccanica statistica di Boltzmann vengono proposte nel 1876 da Jan Josef Loschmidt e, poi, nel 1896 da Ernest Zermelo.

Sulla base di un teorema detto della ricorrenza o dell´«eterno ritorno» elaborato dal matematico francese Henri Poincaré, sostiene Zermelo, è certo che ogni sistema dinamico dopo un certo tempo deve necessariamente tornare al suo stato di partenza e quindi, dopo aver raggiunto il massimo di entropia, deve torna a una condizione di entropia inferiore.

È come dire: se verso una boccetta e disperdo nell´aria il profumo che contiene, dovrò aspettarmi che prima o poi le particelle di fragranza si riuniscano spontaneamente e tornino da sole nel flacone. Un´assurdità. Pertanto, conclude Zermelo, l´idea di base della teoria cinetica è sbagliata.

Il profumo che torna nel suo flacone non è un evento assurdo. È solo un evento altamente improbabile, risponde Boltzmann. Se hai la pazienza di aspettare qualcosa come un numero di anni pari a 10 seguito da 60 zeri, un tempo infinitamente maggiore della nostra vita e della stessa età dell´universo, forse osserverai davvero l´evento.

L´inizio del XX segna il trionfo di Boltzmann. Prima Max Planck, nel 1900 con la scoperta del quanto elementare d´azione, poi Albert Einstein, che nel 1905 fornisce tre prove indipendenti della validità della teoria atomica della materia, dimostrano che la teoria cinetica di Boltzmann è ben fondata.

Perché, dunque, Boltzmann il 5 settembre 1906 si uccide? Lo abbiamo già detto: è difficile spiegare il suicidio di un uomo. Sarà stato perché è ormai quasi cieco e il suo fisico è provato. Perché ha avuto gravi lutti in famiglia. O perché il mondo della fisica, come va sostenendo Ernst Mach, sta diventando così competitivo da mettere alla prova l´equilibrio psichico di molti. Ma è un fatto che quando si suicida nei pressi di Trieste, lo fa, per estremo paradosso, proprio quando la sua visione della fisica e del mondo ricevono una clamorosa consacrazione.
Forse Boltzmann non ha risolto il problema dei fondamenti della termodinamica in maniera definitiva. Forse il problema della «freccia del tempo» e dei fenomeni irreversibili nel mondo macroscopico non è stato definitivamente risolto. Ma è certo che il «suo» concetto di probabilità è ormai parte integrante della descrizione fisica della natura. E dell´esistenza degli atomi nessuno, neppure Ernst Mach, oserebbe ancora dubitare.

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