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Call center, Napoli cerca un lavoro migliore
by dal manifesto Wednesday, Nov. 08, 2006 at 11:23 AM mail:

Sfruttamento e pressioni dai capi: cocoprò e dipendenti non se la passano bene. I sindacati e le nuove leggi regionali.

«Quando si usavano i cococò la situazione era grave, ma ora con i contratti a progetto la precarietà è diventata una condanna con effetti devastanti per migliaia di lavoratori». Quella di Gianluca Daniele - segretario Slc-Cgil Campania, tra i promotori del seminario «Il lavoro nei call center», ieri a Napoli - è la fotografia impietosa del mercato del lavoro, in particolare al sud. «Con la flessibilità dei contratti offerta dalle norme vigenti - continua - i grandi operatori telefonici tengono per sé la gestione della clientela più redditizia, come quella business, e lasciano che aziende subappaltatrici si occupino del segmento di mercato peggiore».
Così, imprese come il Gruppo Cos e la Telecontact si trovano a gestire servizi come il 190 della Vodafone o il 181 della Telecom: «Se nei grossi gruppi - aggiunge Daniele - i lavoratori arrivano al posto fisso, nelle aziende di outsourcing l'inquadramento è molto basso, quasi sempre il terzo livello, e i salari molto più leggeri. Parliamo di differenze tra i 300 e i 700 euro al mese». Ma gli aspetti peggiori del lavoro esternalizzato sono la mancanza di formazione e l'impossibilità di fare carriera: «Lavoro da 6 anni e sto ancora in cuffia - racconta Marco - Ho una laurea in Economia, quando mi assunsero speravo di passare rapidamente all'amministrazione, ormai ci ho rinunciato».
Donatella, laureata in giurisprudenza, è stata assunta dalla Cos come apprendista: «Dovevano applicare il contratto di apprendistato professionalizzante ma non l'hanno fatto e così mi ritrovo con molte meno tutele. All'inizio guadagnavo 120 euro al mese in part time, dopo due anni sono arrivata a 480, ma non ho ferie pagate né permessi per malattia. La formazione, poi, me la fanno fare nei giorni liberi».
Nessuna crescita professionale ma molto stress psicofisico: «Lavoriamo con monitor obsoleti - prosegue Salvatore - abbiamo problemi di vista, di udito e andiamo soggetti a polipi alle corde vocali. Tutto è un problema, persino fare pausa se ti cala la voce o devi andare in bagno. Il senior lo impedisce se ci sono telefonate dei clienti in coda». Il senior è il primo livello di controllo, seguito dal team manager. Entrambi utilizzano ogni sistema di pressione per aumentare la produttività: «Quando vengono richiamati dai piani alti ci minacciano con le lettere di contestazione - racconta ancora - Alla terza rischiamo il posto. Quando però raggiungiamo l'obiettivo richiesto la Cos riceve un premio produttività dal cliente, ma a noi non arriva nulla in busta paga».
I turni cominciano alle 7 di mattina e vanno avanti fino alle 2 di notte, gli interinali coprono anche le ore notturne, dalla mezzanotte alle 8 di mattina, per ritrovare in busta paga appena il 15% in più l'ora. Certo è così in tutta Italia, ma al Nord in molti casi il call center è una fase in attesa di un'occasione migliore, al Sud invece è spesso la sola occasione che capita.
La regione Campania ha recentemente approvato il disegno di legge per la promozione della qualità del lavoro, obiettivo contrastare il sommerso e la precarietà attraverso il «premio di trasformazione», che mira alla compressione della flessibilità ai primi due anni incentivando poi le aziende a cambiare il contratto portandolo a tempo indeterminato, e l'Area Aql (Alta qualità lavoro) che premia le aziende virtuose (quelle cioè a norma e con dipendenti assunti a tempo indeterminato) con linee di finanziamento agevolato in tempi rapidi. «Gli obiettivi del provvedimento - dichiara l'assessore regionale al lavoro Corrado Gabriele - sono bloccare la precarietà, rendendo estremamente convenienti le assunzioni a tempo indeterminato, contrastare la criminalità, accompagnando verso l'emersione le imprese che utilizzano il lavoro nero, e fermare la vera e propria guerra del lavoro, che ci consegna ormai con tragica stabilità 4 morti al giorno».

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