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Studente massa e fabbrica dei precari
by Tc Saturday, Nov. 18, 2006 at 1:59 PM mail:

da "Studiare con lentezza. L'università, la precarietà e il ritorno delle rivolte studentesche", Alegre

La radice della condizione di discepolo era nella promessa di poter divenire, a sua volta, maestro. Nessuno crede che anche solo una porzione minimamente significativa delle trecentocinquanta mila matricole che ogni anno si iscrivono all’università in Italia abbia qualche remota possibilità di seguire tale via.
Le promesse su cui l’istruzione superiore fonda la sua legittimità pubblica e la sua ideologia costituente sono ancora esigenti – e nient’affatto compatibili con questo sistema economico. Si trattasse anche soltanto di garantire a tutti un futuro realmente migliore. Ma, di certo, questa società non saprebbe che farsene, ogni anno, di trecentocinquanta mila discepoli divenuti maestri.
L’università non esiste per questo, ormai da molto tempo, al di là delle retoriche dei rettori – e gli studenti universitari sono i primi a saperlo, fin troppo bene.
Uno studente, così, sa sempre in primo luogo ciò che non è.
Non è ancora – non è più. La negazione, che in altre condizioni è un’esperienza dolorosa e complessa, per uno studente è immediata condizione di vita. Qui si colloca la costitutiva marginalità che, tra i primi, Marcuse ravvisò nelle primordiali espressioni della nuova soggettività studentesca, agli albori della massificazione dei discepoli.
Ma la negazione semplice, non ancora/non più, ovvero la condizione di meri transitori, si è ora mutata in una negazione ben più radicale. Se viene ancora concesso il non più, ma solo in quanto misurabile in curricula e crediti, non c’è invece più alcun futuro, che possa restare a disposizione dei presenti.
Il precario in formazione non è più il discepolo di nulla. Ma non è neppure il futuro lavoratore determinato di qualcosa.
Lo studente ideale, nella fabbrica dei precari, è il semplice depositario potenziale di forza lavoro astratta. La catena di montaggio universitaria non insegna un lavoro – produce precari, adatti al paradigma dell’accumulazione flessibile, pronti ad accettare il tasso di sfruttamento che sarà utile o necessario imporre loro. Si deve uscire dall’università, dopo la laurea, pronti a divenire la cosa che si è stati destinati ad essere – una cosa, una merce.

[...]

Lo studente del 2005, che popola le catene di montaggio delle facoltà/fabbriche di precari, è integralmente massificato – l’alienazione, dunque, è il dato dominante della sua materialità quotidiana. Alla pluralità potenziale di dimensioni di vita di ciascuno studente, corrisponde la pluralità data delle forme di tale alienazione.
L’espropriazione del tempo di vita costituisce l’elemento centrale – al contempo, manifesto ideologico, struttura esteriore e contenuto della nuova condizione studentesca.
Questa forma di alienazione determina il darsi concreto, quotidiano, della vita degli studenti del cosiddetto “nuovo ordinamento” – e, al tempo stesso, è elemento centrale del telos di tutto il processo di ristrutturazione dell’università: costruire un grande canale di formazione professionale, orientato a futuri lavori precari, e dunque, frammentario e dequalificato. E farlo durare il minor tempo possibile – per immettere, al più presto, potenziale manodopera nell’esercito di riserva del precariato.
Per raggiungere tale risultato, l’alienazione del tempo non deve lasciare nulla al di fuori di sé. Deve essere alienazione di tutti i tempi possibili.

[...]

Il processo di costituzione dello studente massa si sostanzia dunque in una pluralità di processi di alienazione.
A tale pluralità corrisponde negativamente la potenziale pluridimensionalità dello studente. L'elemento comune dei diversi processi di alienazione è proprio nella reductio ad unum della potenziale pluralità.
La massificazione è dunque, in primo luogo, mercificazione dello studente – riduzione a forma, ad astratta merce lavoro.
Tale riduzione non può sussumere del tutto la costitutiva pluridimensionalità dello studente, che, infatti, riemerge nel tempo critico delle mobilitazioni. Lo dimensione del giovane e dell'intellettuale critico hanno radici profonde nella condizione studentesca, nella sua materialità, e nella sua ideologia.
Ma, nel consueto tempo lineare della catena di montaggio, lo studente massa è realmente ridotto ad una sola dimensione, quella del lavoratore precario in formazione.


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