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Assemble ONU dei Popoli: Non violenza: dibattito a conclusione della prima giorn
by imc italy Thursday, Oct. 25, 2001 at 7:01 AM mail: italy@indymedia.org

Workshop Assemblea ONU dei popoli

Non violenza: dibattito a conclusione della prima giornata dell'onu dei popoli

L'assemblea pubblica sul tema della nonviolenza, tenutasi nel Palazzo dei Priori di Perugia ha riscontrato una elevata partecipazione sia dei componenti dell'ONU dei Popoli che della società civile. Coordinata da Giulio Marcon, rappresentante dell'ICS, ha presentato l'intervento di Mario Martin, professore di filosofia morale all'università di Perugia e studioso di Aldo Capitini, e di Giampiero Gasinelli, rappresentante del Forum del Terzo Settore.
Partendo dal significato di nonviolenza, Mario Martin ha ricordato il pensiero di Capitini che sottolineava come "la nonviolenza e la religione - intesa nel senso pubblico - vanno assieme, è fiducia che ciò che disapprovo nell'altro sia minore dell'unità che c'è in lui". "La nonviolenza - continua il docente - deve diventare una cosa pubblica - non è passiva ma attiva - il nonviolento ha sempre qualcosa da fare. La sua funzione principale è di svegliare i popoli per controllare i propri governi". Di simile avviso è Giampiero Gasinelli che continua dicendo che "la nonviolenza è rifiuto della politica, ma stimolo e sfida della politica - la nonviolenza è nello stesso tempo festa e allegria". Al pubblico viene quindi svelato un aneddoto sul comunicato stampa di Caruso, rappresentante del movimento noglobal napoletani, sulla possibilità di rispondere con "schiaffi" alla presenza alla Marcia della Pace di rappresentati di certe forze politiche. "All'arrivo della notizia lo abbiamo commentato come stupido, perché non parla di cambiamento possibile, non va alla ricerca di una verità, non è umile e per questo non forte" ha commentato Rasimelli aggiungendo che "lo scopo del nostro lavoro è contagiare e dare competenze - la nonviolenza è un'aggiunta morale alla politica, una dimensione individuale, una coscienza interiore".

Anche Capitini affrontando il tema della disobbedienza civile ha sottolineato come "la priorità è la partecipazione più ampia - un'esperienza allargata - la mobilitazione delle coscienze, il dialogo anche con i media che ripensando ai casi di Genova, senza loro non avremmo potuto difenderci da groviglio di sporcizie successe; ma nello stesso tempo i media sono stati distruttivi sulle istanze del movimento antiglobalizzazione.
La Marcia ci interrroga su "cibo - acqua - lavoro per tutti" - della global governance ("federalismo nonviolento dal basso" come diceva Capitini), sulla nonviolenza come democratizzazione del conflitto.

Mons. Daniel Adwok - Sudan - Vescovo ausiliare di Khartoun e amministratore apostolico del Sudan

"Sono 35 anni che il Sudan è in guerra e negli ultimi 20 ci sono state più di 2 milioni di persone. Nel nord la maggior parte sono arabi, mussulmani e nel sud animisti e africani. Noi vescov abbiamo recentemente scritto al nostro governo per una pace che riconosca la diversità religiosa e culturale nel nostro paese. Continueremo a denunciare gli errori delle forze politiche e delle forze internazionali"

Rappresentante della Marcia delle donne mondiale

"Io sono del Quebec e sono molto toccata dalle testimonianze. Le donne devono sempre avere più la parola. Le donne possono aiutare alla costruzione di un mondo di nonviolenza. Alla vigilia dei bombardamenti le donne della Marcia hanno dichiarato che la politica estera di Bush porta soltanto odio e vendetta".

Zainap Gachaeva (Cecenia), donne per la pace

"Grazie per avermi invitata. Gia nel 1999 avevo dichiarato quanto la guerra in Cecenia aveva dilaniato circa 80.000 persone che non sono più tra noi. Nonostante la Russia dichiari che la guerra sia finita, ogni giorno ci sono 20-30 morti. Io rappresento un'associazione di donne russe e cecene che lottano con la noviolenza. E' difficile sostenere con la nonviolenza anche perché il nemico, il sistema russo, controlla tutti i sistemi di stampa e militari contro di noi. Dal 1° di agosto è partito oltre uno sciopero della fame che è stato represso, una marcia verso la Cecenia che ha poi raggiunto Mosca e consecutivamente portandola avanti a tappe fino a Bruxelles con un appello all'Unione europea".

Ninteretze Jerome - Burundi - Animatore del Centro giovanile Kamenge

"La crisi dei quartieri della nostra città, caratterizzati etnicamente, ha trovato nel nostro centro giovanile segni di speranza. La violenza che impera in città, impedisce a molti giovani di attraversarla. Durante la permanenza al nostro Centro, i ragazzi hanno trovato modi diversi per risolvere i conflitti della strada, come lo sport e l'incontro. Le reazioni violente sono la manifestazione della paura e della debolezza. Noi siamo forti perché dialoghiamo. La gente ha paura di fare il primo passo ma poi se si scioglie il nodo tutto è più facile".

Operazione Colomba - Alberto Capannini

"Con l'Operazione Colomba dell'Ass. Papa Giovanni XXIII cerchiamo di condividere il rischio e la povertà di chi si trova in paesi oppressi dalla guerra. E' un tentativo di costruire un'alternativa di nonviolenza partendo dalle vittime del conflitto. Ora siamo presenti in Turchia, Congo, Chiapas, e in Ingusciezia al confine con la Cecenia. La nostra azione vuole partire da una verità, che la loro vita non vale meno della nostra. Si deve ammettere che la nonviolenza funziona. Bisogna far incontrare le parti in lotta anche nei momenti più acuti. Cosa vuol dire costruire la speranza? Mettere la propria vita a fianco di queste persone. Lanciamo quindi un appello per arruolarsi nei corpi civili di pace, entrare nella guerra partendo dalle vittime con un progetto di nonviolenza.

Rosalia Tuyuc - Guatemala - Direttrice di Conavigua, ONG che lotta per la difesa dei diritti delle donne e delle vedove in particolare

Dall'88 circa 3000 donne sono scese in piazza contro l'esercito e le reclutazioni. Molte nostre compagne sono state arrestate e la loro unica colpa era la richiesta di fermare la violenza. Chiediamo uno stop alla violenza contro i poveri".

Luca Casarini del GSF

"Mi sento emozionato e rispettoso, parlando dopo persone che vivono la violenza. Sono privilegiato per poter ragionare in maniera tranquilla. Io sono uno di quelli che lo Stato considera violento. Sono stato accusato di istigazione alla violenza. Sono stato impressionato dalle parole di Aldo Capitini, continua Casarini dicendo che "la disobbedienza civile e sociale non è una forma di violenza. Questa guerra globale permanente, guerra umanitaria o guerre come pace - come gli strateghi della comunicazione la definiscono - porta a non ragionare sulle forme del conflitto fuori dalla guerra, sulle alternative alla guerra".

Mohamed Sidati del Popolo Sarahawi

"La nonviolenza non si può raggiungere con lezioni morali; la violenza è una malattia e bisogna combatterla sapendo le cause, cioè le ingiustizie e l'indifferenza. Servono risposte concrete. Serve un buon arbitro che garantisca il giusto successo per tutti. Serve una nuova ONU. Il popolo Sarahwi da 25 anni sta aspettando che le risoluzioni delle Nazioni Unite siano applicate per risolvere la situazione di conflitto, ma il referendum per l'indipendenza promesso da non è mai diventato una realtà "

ICS -Giulio Marcon

"Le guerre degli anni '90 sono state 85 e la stragrande maggioranza delle vittime sono civili (90%). La nonviolenza non è far niente, è radicalità, è capacità di intervenire nei conflitti, è una politica. Capitini definiva la figura del militante non come tale (la radice è evidentemente militarista) ma come persuaso, persone che è convinto e la pratica ogni giorno. La sfida di una democrazia internazionale è radicalità, direzione civile, mettersi in gioco."


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